I giardini pensili, delle sette meraviglie del mondo antico, sono gli unici di cui si parla, ma di cui non si ha alcuna prova accertata sia scritta sia archeologica.

I giardini pensili devono la loro denominazione proprio alla loro posizione “sospesa”, che aveva suscitato meraviglia e stupore. I greci infatti utilizzavano il termine kremastòs -sospeso, che in latino divenne pensilis. Questa caratteristica scatenò l’immaginazione e alimentò la leggenda di questi giardini.

La loro “sospensione” era dovuta a un sistema di terrazzamenti. Questo metodo costruttivo era già molto conosciuto dagli architetti dell’epoca. Quindi nulla di così straordinario a detta dell’archeologo tedesco Koldewey. I giardini erano disposti su una serie di terrazze a gradoni, si presume cinque, ognuna ricca di piante e fiori dei più cangianti e rari. Le terrazze erano sorrette da un complesso di colonne, che a loro volta creavano lunghe gallerie transitabili.

Le basi delle gallerie erano sontuosamente decorate con una serie di bassorilievi sfarzosi e articolati. I muri erano spessi circa 7 metri, e ogni passaggio aveva un’ampiezza di circa 3 metri.

Tutto questo complesso era atto a sostenere i terrazzamenti e l’impianto idrico. Quest’ultimo, fondamentale per rendere rigogliosa e ricca l’intera struttura, era articolato in una serie di strati di canne e bitume, intersecati a loro volta con un doppio strato di mattoni e gesso. L’ultimo strato dell’impianto era costituito da tettoie in piombo.

L’acqua era fatta confluire al livello più alto della struttura con macchine apposite direttamente dal fiume Eufrate. Da qui a cascata andava a irrigare a mano a mano le terrazze sottostanti. Guardando il tutto dal basso si doveva avere l’impressione di essere di fronte a un giardino lussureggiante interrotto solo da una serie di cascatelle e uccelli che ivi avevano trovato la loro dimora.

Un vero e proprio giardino dell’Eden, panacea di ogni male terreno per tutti coloro che avevano il piacere di poter passeggiare in esso.

Ancora oggi, però, non vi è alcuna attestazione sicura della loro fondazione, così come della loro reale collocazione.

Le fonti babilonesi, quelle a cui si dovrebbe fare un riferimento diretto, non parlano mai di questi giardini. Gli studiosi si affidano solo a fonti più tarde (I secolo a.C. e I secolo d.C.). Quasi tutte attribuiscono la realizzazione dei giardini al re Nabucodonosor, intorno al 590 a.C.

Alcune fonti, Giuseppe Flavio, nel suo Antichità giudaiche, narra che Nabucodonosor volle fare una sorpresa alla moglie, la regina Amytis. Pare che Amytis avesse molta nostalgia della sua patria, la Media, e dei bellissimi giardini ricchi di fiori e di alberi che vi crescevano rigogliosi. Per questo il monarca babilonese commissionò e supervisionò personalmente la realizzazione dei giardini pensili.

Le fonti scritte, supportate dai ritrovamenti archeologici, ci ridanno un’immagine del re babilonese come di un uomo conscio della propria grandezza e desideroso di mostrarla al mondo. Le tavolette cuneiformi sono piene di racconti legate al re e a ciò che fece edificare sotto il suo regno. Le scoperte archeologiche non fanno che corroborare tutto questo. Non sono poche le incisioni ritrovate sui diversi ritrovamenti architettonici che imputano la loro costruzione al grande re Nabucodonosor. Ricordiamone una su tutte: la maestosa porta di Ishtar.

Dunque, si chiedono gli studiosi, come mai le fonti coeve al re non fanno menzione dei mitici giardini? A maggior ragione la loro creazione avrebbe dovuto rimarcare ulteriormente la grandezza e magnificenza del monarca e del suo regno.

Una spiegazione potrebbe essere che non fu il re babilonese a commissionare i giardini pensili. In effetti questi terrazzamenti vengono anche chiamati i giardini di Semiramide.

Regina assira, il suo vero nome sarebbe Samuramat, moglie del re Shamashi. Semiramide è il nome datole dai greci, è una figura mitica, ancora avvolta dal mistero.

Diodoro Siculo in Bibliotheca historica parla di Semiramide come la moglie del mitico re Nino, fondatore del regno assiro e costruttore della città eponima Ninive. Tanto, pare, fu la grandezza di questa donna che non poteva non essere associata a colui il quale aveva fondato e fatto grande il regno degli assiri.

I greci la descrissero come una grande monarca e guerriera.

Proprio per tutte queste caratteristiche la regina Semiramide non venne mai dimenticata. Con l’avvento del cristianesimo, nel Medioevo venne portata a esempio come donna lasciva e crudele.

Al di là della leggenda, Semiramide fu una donna coraggiosa, spregiudicata, amante del potere, sarebbe dunque plausibile pensare a lei come mandante per l’edificazione dei giardini.

Pare che già ai tempi di Erodoto, i giardini venissero identificati con il nome di Semiramide e non, eventualmente, con il nome del re.

Inoltre, a differenza delle fonti babilonesi, le fonti assire parlano spesso di lavori idrici a Ninive, così come di giardini rigogliosi nelle vicinanze del fiume Khors.

La professoressa Stephanie Dalley è una delle maggiori sostenitrici della teoria per cui i giardini sono assiri e non babilonesi.

La studiosa fa notare come spesso nelle fonti vi sia una sovrapposizione tra il regno assiro e quello babilonese. La stessa Semiramide viene definita una regina assiro-babilonese. Inoltre, come dimostrano le fonti scritte e quelle archeologiche, nulla ci fa supporre che i giardini fossero presenti nella città di Babilonia. Di contro, nelle fonti assire si parla di impianti idrici e di giardini in prossimità del fiume principale.

Forse la verità non si scoprirà mai, e i giardini rimarranno un luogo mitico da sognare e cullare ognuno nella propria mente.