Presentato alla Biennale di Venezia nel 2021, sezione Orizzonti Extra, Ma Nuit è l’opera prima della regista Antoinette Boulat. Da oggi nelle sale cinematografiche, questo gioiellino ci ricorda che cos’è davvero il cinema: un racconto per immagini; un intrigo avvincente. Distribuito da No.Mad Entertainment, Lou Lampros, Tom Mercier, Carmen Kassovitz e Maya Sansa sono gli interpreti di quest’avventura parigina contemporanea. Da oggi in sala.
Superare la notte
Nel presente difficile col quale siamo costretti a scontrarci quotidianamente, ognuno reagisce e ci interagisce in modo diverso. C’è chi è insonne e passa la notte incollato allo schermo del computer o persino dello smartphone; c’è chi legge un libro; c’è chi è determinato ad addormentarsi e si rigira per ore vittima dei pensieri che compaiono non appena vengono spente le luci; forse c’è anche chi ha lavorato tanto e bene e riesce a prendere sonno senza problemi; e poi, c’è chi vaga per la città, chi può superare la notte solo vivendola nella sua interezza, attraversandone l’oscurità… Ma Nuit ci accompagna in questo viaggio, vissuto da una giovane ragazza in una Parigi che non abbiamo mai visto.
Ma ville, la città che parla
Seguiamo, in un notturno parigino, un’affascinante “sonnambula”, Marion. Il film Ma Nuit si apre con una citazione tratta da L’anno del pensiero magico (The Year of Magical Thinking) di Joan Didion: un romanzo che affronta l’elaborazione del lutto in prima persona. All’apparire della citazione, ecco le sirene dell’ambulanza impadronirsi dei nostri sensi. Marion è di spalle, sfocata, in mezzo a una città che vibra, inarrestabilmente. Un dettaglio: il suo sguardo, ora a fuoco, ci racconta paura e rabbia. Marion si copre gli occhi, silenzio in sala. Il grande vuoto che prova ci viene narrato in pochi secondi, appena tre inquadrature. Ma Marion non è la sola protagonista di questa storia: Parigi si racconta e lo fa in modo autentico. Specchio della giovane ragazza è proprio la città, che sta ancora elaborando il lutto degli attentati. Ville lumière che, però, è oggi una Parigi poco accogliente, molto poco accogliente… Qualcosa che l’autrice trova spaventoso e al contempo cinematografico.
La paura da combattere
La violenza, il trauma e la paura fanno da sfondo senza mai essere inquadrati effettivamente. L’incontro con un giovane ragazzo che si offre di riaccompagnare a casa la protagonista ci mostra con pochi mezzi una realtà che si trova al limite tra il voler vivere la notte e il volerla evadere: metafora della gioventù contemporanea che non richiama solo il microcosmo parigino ma funge da eco alla situazione d’emergenza appena vissuta a livello mondiale. Le sirene dell’ambulanza ci ricordano del pericolo proprio quando Alex, il giovane ragazzo in motorino, si avvicina a Marion.
Marion lotta per arrivare a un nuovo giorno, per lasciarsi alle spalle una penombra che l’ha marcata irrimediabilmente, con la quale deve imparare a convivere. Saranno infatti le prime luci dell’alba d’agosto a ridarle finalmente un senso di libertà, una voglia di vita e dinamicità riconquistate solo dopo aver attraversato l’oscurità della notte.
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