Il cinema di Hong Sang-soo, amato e osannato dall’universo dei festival internazionali, resta, tristemente, abbastanza sconosciuto al grande pubblico. Al Festival del Cinema Coreano di Firenze (FKFF) sono stati presentati due film dell’autore, L’edificio senza ascensore e Il film della scrittrice, entrambi del 2022. Hong Sang-soo si differenzia, infatti, anche per una produzione davvero prolifica, resa possibile dalla velocità con cui scrive le sceneggiature e lavora con gli interpreti.

L’edificio senza ascensore

L’edificio senza ascensore ci racconta il mondo post-Covid, dal punto di vista di un regista, Hyo-Jin. Film per tanti aspetti personale, sia per le dinamiche lavorative rese difficili se non impossibili dalla pandemia, sia per il rapporto difficile con la figlia, punto di partenza del lungometraggio.

Le lunghe sequenze a inquadratura fissa, dove vediamo i personaggi dialogare, quasi sempre seduti a tavola, che sia per un caffè, per bere vino o per un pranzo, diventano riflessione sulla vita, su loro stessi e sugli altri.

La figlia personifica la crisi della nostra generazione; abbandona gli studi d’arte per tentare il mondo dell’interior design. “L’arte non ha nulla a che fare con i soldi”, ci dice all’inizio; l’arte, in tutti i suoi sensi, si pone come problematica centrale. Il padre cerca di aiutarla in questo cambiamento di rotta ma appare chiaro che neanche lui stia attraversando un momento facile: l’industria cinematografica ha sofferto duramente il Covid.

Conosciamo Hyo-Jin prima attraverso gli occhi della figlia, che lo descrive all’amica del padre come un ipocondriaco, pauroso del mondo esterno. I dialoghi, però, ci aiutano a comprendere quanti volti e quante personalità un individuo possa avere. La complessità del singolo diventa emblema del mondo. Il film indaga l’attimo, l’attesa, i dubbi e le paure del mondo post-pandemia; la difficoltà di ricominciare da capo, in un mondo diverso. Una scena del film, centrale e indimenticabile, mostra Hyo-Jin assorto nelle sue riflessioni, mentre un dialogo che non sappiamo se sia reale o solo dettato dai suoi pensieri ci rivela le sue titubanze, sull’amore e sulla vita.

C’è un che di rilassante nel cinema di Hong Sang-soo: il bianco e nero luminoso accompagnato da un ritmo che potremmo associare a quello dell’ora del tè proiettano lo spettatore in una dimensione di calma. Sorseggiando gli istanti di vita, in solitudine o in compagnia, si svelano le bellezze del quotidiano e i misteri dell’essere.

Il film della scrittrice

Il film della scrittrice, lungometraggio che segue L’edificio senza ascensore, si collega al precedente film sia per il cast sia per le tematiche, tanto da sembrare una controparte di quest’ultimo.

La protagonista questa volta è una scrittrice, Joon-Hee, e l’universo femminile è centrale alla narrazione.

Ritroviamo il regista del film precedente, Hyo-Jin, accompagnato dalla moglie, entrambi appassionati del lavoro di Joon-Hee. Quando i tre incontrano una giovane attrice famosa, Kil-Soo, il regista fa un’osservazione: “Sei sprecata così, dovresti lavorare di più. Lo dico perché hai un grande talento.” Joon-Hee, grande fan di Kil-Soo, non accetta questo commento. Rimproverando una certa presunzione al regista, si impunta sul termine usato, “sprecata” – parola che sottintende che l’attrice stia sbagliando qualcosa nel suo percorso. “Cosa dovrebbe fare? Vendersi e fare film commerciali? L’arte significa forse fare soldi e non fermarsi mai a riflettere?” Si crea, così, un divario, più profondo di quanto non possa sembrare dall’umorismo della scena.

Joon-Hee ha in mente di fare un cortometraggio e vorrebbe proprio lei come attrice protagonista. Ecco che la scrittrice donna prende il posto del regista uomo, suggerendo un passaggio di testimone dettato dai tempi ma anche dall’arte.