Se Ken ruba i colori a Barbie, il rosa fa subito tendenza tra ilarità ed emulazione. Tutti gli uomini, dopo Ryan Gosling, vorranno vestirsi di rosa per provocare? Eppure la storia ci insegna che questo colore non è sempre stato una prerogativa femminile, anzi. Non è altro che un ritorno alle origini, perché i maschi hanno sempre indossato abiti di questa tinta.
Un Oscar in rosa. La vittoria morale del film Barbie di Greta Gerwig con Margot Robbie sul palco dell’Academy Award 2024 è stata di Ryan Gosling nei panni di Ken. È comparso sul palco cantando I’m Just Ken in un completo fucsia con paillettes di Gucci. Un’immagine dirompente che ha saputo rilanciare un colore che non ha sesso.
Un colore, una storia.
Il rosa deriva dal rosso ed è ammorbidito dalla purezza assoluta del bianco e forse è proprio per questo che viene spesso associato a un trend positivo. Il rosa è comparso per la prima volta verso la fine del Settecento e non come sinonimo di femminilità. Ci sono esempi ancora più antichi risalenti all’VIII secolo nelle corti giapponesi in cui veniva indossato dagli uomini. Il “Pink Suit” di Jay Gatsby nel capolavoro di F. Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby, del 1925, viene indossato da Robert Redford nella prima versione cinematografica. E successivamente da Leonardo Di Caprio nel remake.
Il rosa era considerato un simbolo di passione e mascolinità, una visione del rosso più adatta alla vita sociale che si allontanava dall’accezione a cui era legato. Negli anni Quaranta è arrivata la distinzione tra indumenti femminili in rosa e maschili in blu senza alcun motivo specifico. La mostra Think Pink che si è tenuta da ottobre 2013 a maggio 2014 al Museum of Fine Arts di Boston sulla storia e l’impatto sociale del colore rosa è un’altra dimostrazione di come non fosse associato ad alcun genere. La curatrice Michelle Finamore lo ha confermato attraverso diversi quadri in esposizione come il dipinto del XVII secolo che ritrae due bambini che indossano vestiti femminili, uno rosa e uno giallo. Virginia Woolf ha affermato nel suo romanzo Orlando: “In ognuno di noi presiedono due poteri, uno maschile, uno femminile. La mente androgina è riposante e porosa, naturalmente creativa, incandescente e completa”.
La Restaurazione del rosa.
L’estate 2020 è stata dominata da una vera e propria restaurazione rosa nelle collezioni maschili. Lo abbiamo visto indossare da Timothée Chalamet, icona dei millenial, a David Beckham in diverse varianti dalla camicia alla pashmina. Pierpaolo Piccioli nella collezione Pink PP dell’autunno-inverno 2022 ha inserito la nuance del fucsia, un rosa intenso e shocking che ci ha conquistato da subito, un colore travolgente che non ci fa passare inosservati indossandolo. Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, è stato testimonial della campagna della collezione maschile indossandolo anche in passerella osando uno stile radicale in maniera impeccabile all’insegna di uguaglianza, diversità e sopratutto amore come ha scritto nel suo profilo Instagram. Il rosa è diventato ufficialmente un colore genderless grazie anche alla scioltezza nell’indossarlo delle celebrities: felpe, giacche, scarpe, abiti, smoking. Non dimentichiamo il ritorno del rosa lo dobbiamo ad Alessandro Michele che nel 2020 lo ha presentato per Gucci alla Milano Fashion Week. Il rosa è stato presentato anche nelle collezioni 24-25 di PFW da Iseey Miyake, Yohji Yamamoto e Dries Van Noten.
Il monologo di Gloria.
Sotto il glitter rosa c’è di più. Barbie di Greta Gerwig ci ha permesso anche di vedere l’iconica bambola con occhi diversi. Significativo il monologo di Gloria, alias America Ferrera (candidata come miglior attrice non protagonista), amica di Barbie: “Sono così stanca di guardare me stessa e ogni altra donna distruggersi per piacere agli altri”.
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foto di copertina di Alexander Grey
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