Tutti, nel corso della vita, desiderano prima o poi di instaurare una relazione affettiva. Per desiderio di condividere un pezzo di strada insieme a un altro essere umano, per desiderio di genitorialità o per bisogno di sentirsi amati e protetti. Per alcuni individui però la relazione può rappresentare un vero e proprio incubo, in quanto essi sviluppano, all’interno del rapporto, quella che viene definita “dipendenza affettiva”. Non meno distruttiva di altre forme di dipendenza, come quelle da alcool e da sostanze stupefacenti, la dipendenza affettiva è caratterizzata dall’annullamento di sé stessi per compiacere il partner. Il dipendente affettivo si dimentica della propria identità e dei propri bisogni, vive una vera e propria ossessione d’amore in cui ogni pensiero, parola e azione è rivolta al compagno/a. Si vive nel costante timore di essere lasciati, la paura dell’abbandono causa instabilità emotiva e pensieri ossessivi di pena e lutto, ci si dà da fare per dimostrare di meritarsi l’amore della controparte con gesti di affetto e azioni materiali perché il dipendente affettivo ha bisogno di una costante conferma che il partner sia ancora innamorato di lui. Così si finisce per amare ”troppo” che è diverso dall’amare tanto. Forse non può considerarsi nemmeno una vera e propria forma d’amore perché manca l’elemento basilare che rende quel sentimento vero e sincero: l’amore per sé stessi.

Il dipendente affettivo cerca affetto da parte dell’altro perché non riesce a darselo da solo, vive un costante senso di inadeguatezza e vergogna per ciò che è, quindi cerca di far innamorare il partner per ciò che “fa”, vive un’ansia costante che lo sprona ad agire per dimostrare all’amato e forse anche a sé stesso, di essere diverso, di meritare amore. Si rinnega così la propria identità, si perde il proprio Io, le proprie vulnerabilità vengono represse o abbandonate, probabilmente giungono anche degli stati di depressione e malessere cronico in quanto la perdita d’identità porta anche a “una perdita totale di senso” in cui la vita appare priva di significato, schiacciata tra ingranaggi di routine e automatismi.

Vuoto, anestesia di sentimenti ed emozioni causato dalla mancanza di contatto con il proprio nucleo più profondo e sensibile.

Quello delle dipendenze affettive è ritenuto un fenomeno che interessa principalmente la sfera femminile, come testimoniato dal celebre libro di Norbin Norwood [1], tuttavia negli ultimi anni la tendenza a sviluppare questo tipo di dipendenze ha riguardato sempre di più anche l’universo maschile. Diventano sempre più numerosi gli “uomini che amano troppo”, prodotto di una generazione disfunzionale che ha generato figli incapaci di amare sé stessi e gli altri.
Gli uomini che amano troppo possono essere suddivisi in tre grandi categorie:

1) Il SALVATORE, colui che è alla costante ricerca di compagne sofferenti, depresse, malate, afflitte da un male di vivere che le porta ad avere un costante bisogno di protezione e accudimento. Hanno bisogno di essere salvate che qualcuno si prenda cura di loro e “l’uomo SALVATORE” che ama troppo, mette la sua vita al servizio della compagna perché crede che curando le ferite della sua donna curerà anche le proprie.

2) La VITTIMA, colui che vive il rapporto in modo passivo, è disposto a subire le peggiori umiliazioni, maltrattamenti e tradimenti da parte della partner ma non rinuncerebbe mai al rapporto di coppia perché è la sua unica certezza e ancora di salvezza. Probabilmente ritiene di non meritare di stare con la sua compagna, la relazione è nata per pura fortuna o per un caso e quindi non riesce a rinunciare a quel rapporto, seppur distorto, perché la sua fine significherebbe solitudine assicurata. La “Vittima” è convinta che sarebbe incapace di instaurare una nuova relazione, così si aggrappa disperatamente ad un rapporto che in realtà non esiste più. Non si rende conto di essere già sola, anche se apparentemente la relazione è ancora in piedi. Questo riflesso di un rapporto di coppia cela a stento un silenzio dell’animo agghiacciante, annichilente.

3) Infine abbiamo il CARNEFICE, ovvero quel tipo di maschio che mette in atto ogni mezzo di violenza fisica e psicologica per annientare la volontà della compagna all’interno del rapporto, così da avere l’illusione di avere in mano le redini della relazione. Il suo atteggiamento aggressivo cela in realtà una profonda vulnerabilità. La forza che il “carnefice” tende a mostrare, nasconde un nucleo di paure e ossessioni e sente che l’unico modo per annullarle, è la possessione totale della sua compagna, in termini sia fisici che emotivi. Una ossessione d’amore che diventa dipendenza affettiva e trasforma il carnefice presto in vittima. Il suo atteggiamento non potrà celare a lungo le sue debolezze e ben presto sarà chiamato a pagare il prezzo per le sue azioni.

Cosa può fare l’uomo che ama troppo per guarire da questa ossessione d’amore? Forse “lasciare andare” è una delle risposte più efficaci. Liberarsi delle cause che hanno generato questi comportamenti, accoglierle per poi lasciare che escano dalla propria vita dopo aver preso atto di ciò che hanno fatto, del significato che hanno avuto nel corso della propria esistenza.

[1] Si veda Donne che amano troppo, Norbin Norwood, 2013 Feltrinelli editore