Una storia di bullismo, anni di reclusione in una cameretta senza mai uscire di casa, la depressione e poi gli attacchi di panico. Oggi Andrea è un ragazzo con tanti sogni e un folle amore per la vita e per il mondo. Dopo un percorso coraggioso, viaggiare lo ha aiutato ulteriormente a scoprire una nuova sicurezza in sé stesso e negli altri. Con la sua storia vuole ricordare a chi sta vivendo quell’orrore che la vita può sempre tornare a essere meravigliosa.

Andrea vive a Fara Gera d’Adda, un piccolo paese in provincia di Bergamo, ma è originario della meravigliosa Liguria, parte del suo cuore infatti è a Imperia dove vivono i suoi migliori amici. «La mia vita non è sempre stata semplice» racconta Andrea «sono cresciuto per gran parte del tempo con mia nonna perché i miei genitori lavoravano sempre. Può sembrare brutto da dire, ma mi sono sentito molto solo fin da quando ero piccolo.

Quando alle elementari mi chiedevano, per esempio nei temi, di raccontare il tempo passato in famiglia, io non sapevo mai cosa scrivere. Crescendo, le cose non sono mai migliorate; percepivo i miei genitori sempre più distanti. In 28 anni non ho mai festeggiato un compleanno o un Natale con loro. Alle scuole medie arrivarono le prime prese in giro sul mio aspetto fisico e io iniziai a chiudermi lentamente in me stesso. Ero un ragazzo timido e insicuro che si teneva sempre tutto dentro e provavo vergogna a confidare ai miei genitori quello che stava succedendo. Finite le medie, arrivò il grande salto, quello verso le superiori.»

Il bullismo non ha genere. Ha solo cattiveria.

«Iniziarono le prime cotte e le nuove amicizie, almeno così credevo: anche alle superiori ero “lo sfigato”, ero quello basso, ciccione con i brufoli.  Quegli anni furono un incubo: le prese giro continuarono e diventarono più frequenti e aggressive. Più e più volte fui chiuso in bagno e picchiato da ragazzi più grandi, e le ragazze non erano da meno, mi schifavano. Stanco di tutto questo, mi ritirai in me stesso. Volevo solo scappare del quel mondo

Le tue azioni possono rovinare la vita di qualcuno. Pensa prima di agire.

«Abbandonai la scuola e mi chiusi in casa. Passarono i mesi e quel senso di disagio e paura in un certo sparì, ero “sereno” e “felice”, ma ritirato in quattro mura, e in quel finto paradiso che mi ero creato iniziò a farsi largo la depressione. Passarono gli anni e io non uscivo dalla mia cameretta. Trascorrevo il mio tempo leggendo libri, guardando film e documentari senza vedere più persone. Uscivo di rado a vedere la luce del sole.

Il rapporto tra i miei genitori peggiorò e iniziarono i litigi con conseguenti urla e minacce di separazione. Ogni cosa intorno a me andava in frantumi. Iniziarono i pensieri oscuri, i sensi di colpa e le autoaccuse che fossi io la causa di tutto. Iniziai a pensare di farla finita, di lasciare quel mondo che fino ad allora mi aveva donato solo salite, dolore e tristezza. Un giorno iniziai a sentirmi soffocare, sudavo freddo e svenni. Mi portarono in ospedale e mi dissero che si era trattato di un attacco di panico. Mi rimandarono a casa dicendomi “di stare tranquillo”. Passarono le settimane e si ripresentarono altri attacchi, e capii che ora anche le mura della mia cameretta mi facevano paura.»

Il coraggio di affrontare i problemi.

«Dentro di me accadde qualcosa. Andai da uno psicologo e iniziai la terapia con lui. Ore e ore di sedute a parlare, in poche settimane parlai più di quanto io non avessi fatto in tutti quegli ultimi cinque anni messi insieme. Poi arrivò il lockdown. Avevo paura che i passi avanti che avevo fatto sarebbero svaniti nel nulla, che richiudermi in casa mi avrebbe risucchiato nel baratro, e invece non fu così; venni a sapere che il Comune del mio paese, in accordo con il nuovo prete di allora, aveva istituito un progetto con la Caritas. Mi candidai e conobbi e strinsi una grande amicizia il Don. Grazie a lui e al lockdown, mi avvicinai alla carità e, poco per volta, iniziai a fidarmi del mondo e delle persone.»

Il volontariato.

«Passarono gli anni e il nostro legame diventò sempre più forte e insieme a esso anche la mia attività di volontariato. Nel frattempo il percorso con lo psicologo andava avanti con costanza. Tramite il volontariato, arrivarono i primi contatti con l’Africa, una terra per cui avevo da sempre sentito un richiamo fortissimo. Fu quindi una fiamma nel buio, finché un giorno arrivò una chiamata che non avrei voluto ricevere: il Don mi disse che il nostro mandato era stato annullato e, quindi, non saremmo partiti. Quella felicità e quella gioia si sbriciolarono ancora una volta nel giro di un secondo. In quella delusione, abbandonai la Caritas e mi richiusi in casa.»

Accade sempre qualcosa di meraviglioso.

«Qualche settimana dopo, suonò il campanello e ricevetti un pacco con dentro un libro e una lettera da parte del Don: era un libro di Gianluca Gotto dal titolo Succede sempre qualcosa di meraviglioso. In quella lettera, il Don mi esortava a continuare a inseguire la luce e a proseguire il cammino. Disse che quel libro sarebbe stata la chiave. Iniziai così a leggerlo e in pochi giorni lo divorai. Ogni pagina fu un insegnamento, non avevo mai pianto così leggendo un libro. Quelle che bagnarono il mio viso erano lacrime di sofferenza passata, lacrime trattenute per anni e anni, lacrime di rabbia contro il mondo, rabbia contro la vita e le persone. Capii che non potevo richiudermi ancora.»

Tornare a vivere.

«Finito il libro, misi le cuffie nelle orecchie con la musica alta, uscii di casa e andai a correre senza una meta. Correvo, correvo, senza accorgermi di quello che accadeva intorno a me. Corsi finché la stanchezza arrivò, e mi sedetti su un prato. L’istinto mi spinse a guardare il telefono ma era scarico, così tolsi le cuffie e, solo con me stesso, alzai gli occhi: davanti a me si apriva un tramonto bellissimo, rimasi incantato a guardare quella meraviglia di colori. Quello fu il mio primo tramonto. Come avevo fatto a stare chiuso in casa così tanti anni e perdermi tutto quello splendore? In pochi secondi decisi che da quel momento, qualsiasi cosa sarebbe successa, non mi sarei mai più chiuso in casa.»  

“Voglio vivere momenti così, e scoprire com’è realmente il mondo.”

In partenza verso nuovi tramonti.

«Tornato a casa, iniziai a guardare voli e proposte di viaggi, finché non ne trovai una che mi colpì: 13 giorni in barca a vela nella meraviglia delle Isole Incoronate con altri sconosciuti, tra mare e tramonti incredibili. Senza pensarci due volte, lo prenotai, e in quel momento mi sentii bene ma allo stesso tempo iniziò a farsi strada dentro di me l’ansia.»

L’ansia di partire.

«Mi domandai cosa avevo fatto, perché mai avessi prenotato un viaggio: io, che fino al giorno prima avevo vissuto la mia vita chiuso in casa e non avevo mai preso un pullman, non avevo mai preso un treno, e adesso? Sarei dovuto andare in un aeroporto da solo, salire su un aereo da solo, arrivare in Croazia e vivere poi 15 giorni con degli sconosciuti, su una barca, senza via di fuga. Iniziai a farmi divorare da mille pensieri, mi ripetevo: “No, non ci vado, chiedo il rimborso”. Rilessi il libro che mi aveva regalato il Don e quando arrivò il giorno della partenza salii su quell’aereo.»

Dalla comfort zone al mondo.

«Fu così che dal vivere rinchiuso nella mia cameretta, mi ritrovai su una barca di 15 metri con altri sei sconosciuti con cui condividere le colazioni, i pranzi, le cene, a condividere paure, pensieri, sogni, a condividere tutto ciò che per me fino quel momento erano state cose inimmaginabili. Ascoltando le loro storie, rividi qualcosa di me in ognuno di loro, e c’era anche qualcosa di ognuno di loro in me, pur provenendo da luoghi diversi.

Ho stretto delle amicizie che conservo ancora oggi e che rendono meravigliosa la mia vita. Quel viaggio mi ha fatto capire quanto sia bello il mondo e che non ci sono solamente persone meschine come quelle che avevo incontrato durante gli anni scolastici. Quel mio rancore e quella mia rabbia per la vita non avevano senso: la vita non ce l’aveva con me, forse mi aveva solo messo alla prova dandomi quello di cui avevo bisogno, per farmi realmente capire quanto io sia sempre stato fortunato a essere qui e a vivere ogni giorno.»

“Ero partito per quel viaggio con mille paure e mille dubbi e sono tornato come una persona nuova, una persona ricchissima dentro, una persona con nuove consapevolezze che ha iniziato a capire realmente quello che ha nel cuore, quali sono i suoi sogni e qual è la sua missione nel mondo.”

Meraviglie in viaggio.

«Il ricordo più bello che porto nel cuore risale allo scorso settembre durante il mio viaggio in Tanzania, quando finalmente andai in quell’Africa che tanto avevo sognato: spiaggia quasi deserta, un tramonto meraviglioso, il cielo sembrava prendere fuoco, all’orizzonte le barche dei pescatori ritornavano verso riva. Un bambino si avvicinò a me, mi prese per mano e mi chiese di giocare a pallone con lui. Quel momento non è solo il mio ricordo più bello in viaggio, è uno dei momenti più belli di tutta la mia vita. Lì ho realmente provato la vera essenza della vita, della meraviglia della semplicità.»

Difficoltà in viaggio.

«Ma non è sempre stato tutto in discesa. Anzi. Una delle mie disavventure in viaggio fu a Budapest: prenotai una stanza in ostello su Booking, ma quando mi presentai in ostello mi dissero che la mia prenotazione non esisteva e che tutte le camere erano occupate. Iniziai quindi a cercare una sistemazione, ma tutti gli ostelli e alberghi erano ormai pieni. Era ormai notte, e mi ritrovai così a dormire su una panchina vicino alla stazione, sotto una tettoia, al riparo dalla pioggia. Quando mi svegliai, mi accorsi che mi avevano rubato le poche cose che avevo con me.»

Definizione della parola viaggiare.

«Viaggiare per me significa vivere. Ho capito che il viaggio è la nota che mancava al mio spartito per rendere la mia musica una meravigliosa melodia.» 

Cosa puoi imparare viaggiando?

«Viaggiando ho imparato ad affrontare le difficoltà, a cogliere ogni gesto come un dono, ho imparato il vero senso del dare senza ricevere, ho imparato che casa è dove lasci il cuore. Forse la cosa più importante che ho imparato è che è inutile fare piani, perché nulla va mai come avevi immaginato, e se solo riesci a tuffarti in questo fiume inarrestabile che è la vita, possono succedere le cose più incredibili, se impari a lasciarti guidare dal cuore abbandonandoti totalmente a esso, allora può succedere davvero qualcosa di meraviglioso.»

Viaggiare: fuga o soluzione ai problemi?

«Credo che per tante persone, viaggiare, all’inizio, equivalga a scappare da qualcosa. Qualcuno viaggia per ritrovare sé stesso. Io ho avuto bisogno di partire per fuggire dal quel mondo e da quella realtà che mi aveva distrutto dentro e mi aveva portato quasi a farla finita. Ho avuto bisogno di partire per guarire le mie ferite fino in fondo e per ritrovare la vera essenza della mia anima e le chiavi del mio cuore.»

Dalla solitudine alla condivisione.

«Ho conosciuto il dolore, la cattiveria, la depressione, e oggi posso dire di aver conosciuto anche la serenità e la bontà. Vivo la mia vita felice e con tanta voglia di raccontare e condividere le mie emozioni senza più nascondermi dietro alle paure. Con la mia pagina Instagram andre.roncato24 mi impegno a raccontare quello che ho nel cuore, quello che forse avrei dovuto sempre fare ma che all’epoca non sapevo ancora esprimere, per ricordare a chi sta passando le stesse difficoltà che esiste sempre una via d’uscita. Adesso anche le cose con i miei genitori vanno finalmente benissimo e ogni nota ha trovato il suo posto in una perfetta armonia

Per viaggiare servono tanti soldi?

«Viaggiare può essere costoso, ma è possibile viaggiare anche spendendo poco o niente sapendosi adattare, e capendo realmente le proprie priorità. Io ho scelto di rinunciare a tante comodità per vivere più esperienze nel mondo, ho scelto l’essenziale al superfluo. Abbiamo la fortuna di vivere in una realtà che offre milioni di modi per viaggiare, come i workaway, gli scambi culturali e altri metodi simili.» (leggi anche l’articolo Servono tanti soldi per viaggiare? Falso!)

Viaggiare in solitaria è più pericoloso per una donna?

«Io ho diverse amiche che viaggiano e hanno viaggiato per parecchio tempo da sole, credo che sia di certo più difficile rispetto a noi uomini, ma se una ragazza sente e vuole farlo deve seguire ciò che il cuore le dice e lanciarsi in quel viaggio e quell’esperienza, magari con qualche accorgimento in più.» 

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe partire ma ha paura?

«Non assecondare le paure, tieni stretto il cuore, ascolta i suoi battiti e cosa ti sta dicendo e lanciati insieme a lui oltre ogni ostacolo. Vivi e non avere paura di vivere. Insegui i tuoi sogni e vivi di momenti e non di rimpianti. Non pensare a “e se dovesse andare male?”, pensa “e se invece dovesse andare bene ma io non ci sto nemmeno provando?”.»

Letture consigliate: Succede sempre qualcosa di meraviglioso di Gianluca Gotto

Segui la rubrica Maya: Viaggi e Rinascita

Sostienici, clicca qui: PINK