Si sente spesso parlare di “carico mentale”. Concetto proveniente da quel ramo della sociologia che ha codificato la Teoria del carico cognitivo e introdotto nel linguaggio comune dalla sociologa francese Monique Haicault, che nell’articolo La Gestion ordinaire de la vie en deux (“La gestione ordinaria della vita a due”) ha descritto la responsabilità che le donne di oggi sentono su di loro verso le faccende domestiche malgrado abbiano un lavoro anche al di fuori delle mura di casa.

A Torrelavega, in Spagna del nord, il gruppo culturale “Asociacion Cultural Octubre” nel giugno del 2018 ha allestito per strada un’opera che mostra quanto le donne siano schiacciate dal peso dei compiti che assumono quotidianamente. Si tratta certamente di una sfida rivolta alla società che ancora fatica ad aiutare e supportare le donne di oggi.

Diamo un nome a questo fenomeno

Ti è mai capitato di essere nel bel mezzo di una riunione e ritrovarti a pensare se hai fatto partire la lavatrice prima di uscire di casa? Oppure di essere in ufficio a scrivere una relazione, ma nella tua testa continui a ripeterti la lista della spesa che devi fare prima di tornare a casa?

Bene, sappi che quello che provi è un esempio classico di carico mentale.

La Haircault sostiene che le donne si facciano peso di un doppio carico: quello lavorativo e quello domestico e che questo si ripercuota nel suo ambiente lavorativo. Mantengono infatti il cervello sempre connesso anche verso l’organizzazione familiare, sovraccaricandolo e affaticandolo.

“Occupare il pensiero”

Susan Walzer, sociologa americana, nel 1996 ha pubblicato l’articolo Thinking about the Baby (“Pensare al bambino”) dove afferma l’esistenza di un lavoro domestico “invisibile” che occupa costantemente la mente di una donna. L’opera eretta in Spagna è la rappresentazione visiva e impattante di questo “pensiero”, che poi solo pensiero non è. Troviamo infatti una donna con un bambino in braccio, i panni sporchi da raccogliere e lavare, il ferro da stiro, l’aspirapolvere, il carrello della spesa e molti altri oggetti a simbolizzare il lavoro domestico. Questa donna è ricurva, il peso che grava su di lei è oltremodo considerevole e seppure al giorno d’oggi la suddivisione delle faccende domestiche in una coppia sembra essere più equa, l’equilibrio non è ancora stato raggiunto.

“BASTAVA CHIEDERE”

Molti sono gli artisti che hanno espresso il concetto di carico mentale per sensibilizzare la società. La statua a Torrelavega ne è sicuramente un esempio. Troviamo però anche nel mondo del fumetto qualcun* che ha voluto portare all’attenzione il gravare degli aspetti domestici sulle donne. L’illustratrice francese EMMA ha infatti creato una striscia sul suo blog che poi è diventata un libro edito da Laterza intitolato “Bastava chiedere!“. Una copertina rosa shocking e un titolo accattivante che racchiudono la serietà di un argomento importante. “Bastava chiedere!” è un manuale di buoni consigli/propositi da leggere come fosse un libretto d’istruzioni per molte occasioni della vita quotidiana.

Complicarsi la vita per semplificare quella di chi si ama

Alla base troviamo vignette brevi e concise con disegni di grande impatto e concetti carichi di valore esplicitati con un linguaggio semplice e diretto. “Bastava chiedere” pone lettori e lettrici nella condizione di interrogarsi su aspetti che solo superficialmente appaiono irrilevanti, ma che nella loro totalità ledono un po’ la libertà di essere donna. Il tutto sempre e solo per amore perchè è l’amore verso le persone che le circonda che spinge le donne a reggere questo carico. Motivo per cui libri come quello di EMMA e statue come quella in Spagna sono tanto importanti quanto provocatori. Si rivolgono alla società, al patriarcato: parlano implicitamente agli uomini pur parlando alla donne. Gli uomini diventano i veri protagonisti, con tutte le loro contraddittorietà, inefficienze e dimenticanze.

Il messaggio

Per molte donne vedersi in queste opere sarà una rivelazione, per altre un dolore, ma per tutte un’opportunità preziosa!

(cit. Michela Murgia)

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