Sacro femminino, dee greche e la saggezza ricavata dai sette principali archetipi femminili. Di che cosa stiamo parlando? Di spiritualità femminile. Seguiteci e rigenerate la vostra mente e il vostro spirito assieme a noi in Stregate dalla Luna, la nostra nuova rubrica, che comincia in bellezza con Shinoda Bolen.

Fino a qualche tempo fa insegnavo Storia delle donne qui a Roma e cominciavo spesso i miei corsi annuali non dalle società matriarcali, ma da Atene e Roma. Assieme alle mie studentesse svolgevo una breve indagine sulle dee nel mondo antico, per comprendere a fondo il ruolo delle donne nelle società che ci hanno preceduto. Le figure delle dee della mitologia si erano formate in un contesto ostile e patriarcale. Donne come Cornelia, Aurelia, Livia e Giulia, diverse per carattere e potere politico, ma ognuna formidabile di per sé, avevano in comune alle dee che veneravano la loro forza rivoluzionaria. Basti pensare alla Estia-Vesta che prevedeva riti femminili potentissimi (e di cui vi parlerò molto presto, per ora cliccate qui: Rea Silvia e le Vestali). La ricercatrice di Cambridge, Mary Beard, in una lezione riportata dalla London Review of Books e poi inWomen in Power afferma:


“Più spesso di quanto possiamo accorgerci, e in modi a volte piuttosto scioccanti, stiamo ancora usando idiomi greci per rappresentare l’idea delle donne al potere e fuori dal potere”.

In questa rubrica individueremo ed esamineremo il ruolo che i diversi archetipi di dea svolgono come metafora per comprendere l’interiorità di ognuna di noi. Ovvero, per usare la definizione di Erich Neumann, i nostri “strumenti di intuizione”.

Cosa sono gli archetipi?

Tutto quello che sappiamo riguardo agli archetipi sia nella psicologia pop che in quella tradizionale è riconducibile a Carl Jung, che vedeva gli archetipi come modelli di comportamento istintivo contenuti in un inconscio collettivo. Shinoda Bolen in Goddess in Everywoman scrive:

“I miti e le fiabe sono espressioni di archetipi, così come lo sono molte immagini e temi nei sogni. La presenza di modelli archetipici comuni in tutte le persone spiega le somiglianze nelle mitologie di molte culture diverse. Come modelli preesistenti, influenzano il nostro comportamento e il modo in cui reagiamo agli altri”.

I miti sono storie affascinanti che diventano ancora più intriganti quando ci rendiamo conto che possono rivelare verità profonde su noi stessi e sugli altri. Shinoda Bolen utilizza il pantheon greco per definire i nostri archetipi interiori e applica l’esempio del mito alle nostre vite. Una volta compresa la progressione naturale dal mito all’archetipo alla psicologia personale si può capire come i caratteri e le doti positive, ma anche le tendenze negative, siano caratteristiche associate a una particolare dea interiore, e come da questa analisi si possano quindi ottenere importanti intuizioni.

Jean Shinoda Bolen
Bolen vs Freud e Jung.

Shinoda Bolen è in pieno contrasto quindi con le teorie del padre della psicanalisi, Sigmund Freud, che vede le donne sicure di sé e intelligenti come “affette” da un complesso di mascolinità. Per Freud, una donna che desiderava eccellere soffriva di questo complesso ed era quindi in negazione della realtà. Jung credeva invece che la personalità cosciente femminile avesse una componente maschile chiamata animus e “se una donna pensava bene o era competente nel mondo, aveva solo un animus maschile ben sviluppato”. Shinoda Bolen capisce che Jung ha percepito le donne solo come “al servizio o in relazione con gli uomini, piuttosto che come aventi esigenze indipendenti proprie”. Tuttavia, non scarta del tutto il modello di Jung ma lo utilizza a suo vantaggio, soprattutto nella descrizione degli archetipi delle “dee vulnerabili” – uno dei tre gruppi descritti nel suo libro.

Le sette dee.

Bolen utilizza sette dee archetipiche della spiritualità femminile per descrivere i modelli di comportamento e i tratti della personalità delle donne. A seconda di quale dea è più attiva dentro di sé, una donna potrebbe essere più impegnata a raggiungere il successo professionale, mentre un’altra sentirsi più realizzata come moglie e madre. Dall’autonoma Artemide e la fredda Atena alla protettiva Demetra e alla creativa Afrodite, Shinoda insegna alle donne come decidere cosa coltivare e cosa superare, e come attingere al potere di questi archetipi duraturi per diventare un’eroina migliore nella propria storia di vita.

Le Dee Vergini (Artemide, Atena, Estia)

Rappresentano la qualità indipendente e autosufficiente delle donne. Gli attaccamenti emotivi non le distolgono da ciò che considerano importante. Non sono vittime e non soffrono. Come archetipi, esprimono il bisogno di autonomia e la capacità femminile di focalizzare la coscienza su ciò che è personalmente significativo.

Le Dee Vulnerabili (Era, Demetra, Persefone).

Corrispondono ai ruoli tradizionali di moglie, madre e figlia. Sono gli archetipi delle dee le cui identità e il cui benessere dipendono dall’avere una relazione significativa. Esprimono i bisogni delle donne di affiliazione e legame. Ognuna di loro si è anche evoluta e può fornire alle donne una visione della natura e del modello delle proprie reazioni alla perdita e del potenziale di crescita attraverso la sofferenza.

La Dea Alchemica: Afrodite.

Dea dell’amore e bellezza, attrazione erotica, sensualità, sessualità e nuova vita. Intraprende relazioni di sua scelta e non ne è mai vittima. Così mantiene la sua autonomia, come una dea vergine ed è, nelle relazioni, come una dea vulnerabile.

Dopo aver letto le descrizioni che elencano in dettaglio le qualità negative e positive di ogni singola dea, è probabile che ci si identifichi con uno o più archetipi. Shinoda Bolen sottolinea anche che la fedeltà a una particolare dea può variare a seconda della fase della vita in cui si trova una donna.

Ma la nostra indagine sulla spiritualità femminile non si ferma qui.

Segui la rubrica Stregate dalla Luna per saperne di più.

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Immagine di copertina di Alexandro David