
Il Blue Hole è uno dei siti di immersione più spettacolare al mondo ma, al tempo stesso, uno dei più mortali. Ma per quale motivo è così pericoloso?
Il Blue Hole è uno dei siti di immersione più belli al mondo sia per scuba divers sia per freedivers. Lo spettacolare buco blu si trova a pochi chilometri da Dahab, città egiziana situata nel sud-est della penisola del Sinai che attrae non solo artisti e nomadi digitali per il suo stile di vita hippy, ma anche gli amanti degli sport estremi come climbing, kitesurf, windsurf e, per appunto, immersioni.
Un giardino sott’acqua.
Il Blue Hole è una voragine circolare che buca letteralmente una delle barriere coralline più belle del pianeta. La conca ha un diametro di circa 50 metri e una profondità di oltre 100 metri. Fuori, il mare aperto e un’immensa muraglia di coralli popolata da migliaia di pesci dalle tonalità dell’arcobaleno che si perdono nell’infinito blu brillante. Un’esperienza che, anche solo facendo snorkeling, vi farà sentire veramente come in Alla ricerca di Nemo e che ricorderete per sempre. Ogni giorno, infatti, decine di pullman carichi di turisti arrivano da Sharm El-Sheik. Eppure, questo giardino di coralli incantato è anche uno dei luoghi più pericolosi al mondo, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “Diver’s Cemetery”, il cimitero dei subacquei.
Il cimitero dei subacquei.
Molti sono coloro che ogni anno perdono la vita qui. Le decine di commoventi targhe commemorative all’ingresso del sito sono un chiaro monito della pericolosità di queste acque. Almeno duecento sono infatti coloro che hanno incontrato la morte sfidando i propri limiti, scuba divers e freedivers esperti con molte immersioni in attivo alle spalle.
Ma perché il Blue Hole è così pericoloso?
I motivi sono molteplici ma sono tutti riconducibili a due principali ragioni: le distanze sfalsate a causa della limpidità dell’acqua e l’Arco. All’interno del Blue Hole c’è infatti un tunnel sottomarino detto l’Arco, la principale attrazione del sito, che collega il buco blu col mare aperto. Esso rappresenta il luogo più pericoloso poiché si trova a circa 56 metri di profondità ed è molto difficile da individuare, ragione per cui il subacqueo rischia di perdersi e scendere così ancora più in profondità, andando incontro alla narcosi d’azoto se non ha le giuste attrezzature e la giusta esperienza. Allo stesso tempo, quando il tunnel viene individuato, inganna lasciando intendere che bastino solo pochi colpi di pinna per raggiungerlo e attraversarlo. Il tunnel della morte infatti sembra corto per un effetto ottico sfalsato ma è lungo più di una trentina di metri e, pur senza dare l’impressione di scendere a causa della forte corrente, sfocia in mare aperto a una profondità di oltre 100 metri.
Oltre i propri limiti.
Gli sport estremi, in quanto tali, hanno conseguenze estreme. Si dice che siano una necessità di superare i propri limiti e che questo contribuisca al raggiungimento di un’autostima e la capacità di superare i vari problemi e sfide anche nella vita di tutti i giorni. Immergersi, soprattutto in apnea, è anche questo, ma non solo: è un’evasione, un’immersione nella parte più inconscia del nostro essere per ritornare alla nostra essenza primordiale. Nasciamo nell’acqua ed essa continua a fare parte di noi con il suo richiamo. Più scendiamo nel buio silenzioso, dove nemmeno il rumore del respiro può essere udito, e più possiamo sentire il nostro vero io. Ma dobbiamo ricordarci che a volte è proprio sapersi fermare davanti a quel limite la vera vittoria. Serve rispetto per il mare e serve rispetto per il nostre stesso corpo. Questo è il vero insegnamento: “Ascoltare chi ci circonda e l’ambiente intorno a noi, ma soprattutto noi stessi e il nostro corpo, perché il corpo, per chi è capace di ascoltarlo, sa sempre indicarci i propri limiti, non ci mette in pericolo senza motivo. Mai tirare troppo: rispettare sempre i nostri limiti è fondamentale per godersi solo il bello di questo sport, e il bello dell’apnea, vi assicuro, è infinito.” (Alessia Zecchini, pluricampionessa mondiale di apnea). Vale per qualsiasi sport.
Mai in acqua da soli!
La prima regola per chi pratica immersioni in apnea è: mai immergersi da soli! Per questo, un gruppo di amici egiziani esperti in freediving ha fondato neveralone per chi, pur avendo già le certificazioni, non ha amici e compagni di immersione.
Letture consigliate: Apnea. Viaggio nelle profondità del corpo e dell’oceano di Alessia Zecchini
Immagine di copertina Blue Hole di Federica Ooyen
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