In viaggio nei luoghi della scrittrice inglese per eccellenza: Jane Austen. Un breve ma intenso reportage ricco di suggestioni attraverso itinerari anche inconsueti.
A Chawton sulle orme di Jane Austen. Arriviamo ad Alton, dopo aver lasciato la rissa asfissiante di una Londra accelerata e frenetica per dirigerci verso il cuore della campagna inglese, premessa da distese di pascoli e prati. Piccoli sobborghi tranquilli e ordinati spezzano la monotonia del verde smeraldo della natura. Una modesta stazione ferroviaria ci accoglie senza clamore. E senza troppe difficoltà siamo convogliati in direzione di Chawton lungo High Street che attraversa i sali-scendi di Alton. Oltrepassato il centro abitato che si estende ai lati della strada principale giungiamo a uno slargo occupato da un rasatissimo parco.
Da qui, superata la doppia rotonda e il French Horn, pub dove nemmeno Jane si fermava, sbuchiamo dal ponte e imbocchiamo Winchester Road. Il quartiere è silenzioso, i cottage sono curatissimi. E razionalmente rifiniti, gli unici sprazzi di estro e fantasia sono traditi dalla disposizione dei fiori e delle piante nei giardini ricavati in ogni anfratto. Un vero trionfo di composizioni floreali multicolori e armoniche.
Gli alberi secolari che si stagliano contro il cielo azzurro dell’Inghilterra sono forse le stesse fronde odorose che hanno ombreggiato anche la passeggiata di Jane e delle sue abituali compagna. La sorella Cassandra o l’amica Martha Lloyd. Ma il vero tuffo nel passato ha iniziato con il sottopassaggio pedonale che conduce nel borgo di Chawton. Un ristretto caseggiato che si riversa sulla strada.
Ci sono le indicazioni del Jane Austen Trail.
Superata la tenuta dei Prowtings (amici di famiglia, nominati più volte nelle lettere, di cui un dipinto è affisso nella stanza d’entrata della Jane Austen’s House Museum) e, sulla sinistra un pub e una tea room (“Cassandra Cup” divenuta famosa di riflesso in tempi recenti), si raggiunge l’incrocio della via delimitata proprio all’angolo di destra dal cottage di Chawton.
Indicibile emozione.
Sul davanti della casa, affissa sul muro di inconfondibili mattoni rossi, la targa commemorativa dichiara con marmorea chiarezza. Questa è la casa dove Jane Austen visse le sue due vite di donna e di scrittrice. Perché qui trovò il suo ambiente ideale e la sistemazione congeniale al fluire del suo genio creativo che le fece perfezionare i romanzi già scritti. E produrne di nuovi e magnifici, a ritmi sorprendenti.
L’ingresso prevede il passaggio nello shop. Dove una frenesia di accaparramento può portare ad aggiudicarsi souvenir di tutti i tipi: segnalibri, mousepad, tazze, magliette, cartoline, poster, fermacarte, blocchi appunti, penne, matite, stampe, persino un ombrello…
L’ingresso laterale immette direttamente nella Drawing Room. La stanza più grande della casa dove si ricevevano le visite e Jane suonava il piano esercitandosi ogni mattina prima di colazione.
Le quattro donne di casa Austen, la madre, Jane, Cassandra e Martha Lloyd, si ritiravano qui ogni sera, dopocena, per cucire o dipingere mentre una di loro leggeva uno dei romanzi presi in prestito dalla biblioteca circolante.
La credenza-scrittoio di Jane.
Nella sala da pranzo, accanto al tavolo apparecchiato per il tè, Jane trascorreva la mattina, scrivendo vicino alla finestra rivolta verso la strada di passaggio, raccolta su un minuscolo tavolino rotondo con un pennino fine e sottile, come la sua ironia, sempre intinto nell’inchiostro.
Ora esposto in tavola si compone il servizio di porcellana Wedgwood: Jane accompagnò il fratello Edward e la nipote Fanny a Londra per acquistarlo.
Le due stanze della zona giorno sono comunicanti per mezzo del vestibolo che prende luce da una grande finestra che si apre direttamente sulla facciata antistrada. Qui sono custoditi i tesori terreni posseduti da Jane. Accanto alla tanto famosa e citata croce di topazio, che vive il suo momento di celebrità in Mansfield Park, regalata da Charles alle sue due sorelle, brilla un anellino turchese, della cui provenienza è mistero. E un braccialetto di perline, bianco e celeste, che forse lasciò alla nipote Fanny. Quando Cassandra le scrive, subito dopo la perdita della cara zia Jane, le domanda quale oggetto vuole ricevere in memoria di lei:
“Sii così buona da dirmi se preferisci una spilla o un anello”.
Salendo al primo piano, le scale immettono direttamente nella camera di Jane e Cassandra che dormivano insieme in un unico letto a due piazze. Quello che si trova oggi nella stanza è una replica dell’originale (che comunque è conservato in un’altra stanza della casa, protetto da una teca di vetro e avvolto dalla trapunta patchwork tanto volte associata all’arte del rammendo di Jane Austen).
In un dente ricavato in fondo alla stanza, lateralmente, è incastonato un modestissimo catino con il lavabo e la brocca, per le abluzioni mattutine, permesse dal pozzo in cortile.
Vicino alla finestra, accanto al letto, che si affaccia sull’amato giardino, un tavolino e una sedia. Non mancano mai, anzi costellano tutto questo magico cammino nella casa di Jane, mazzetti di lavanda. Poggiati delicatamente sul sofà o sulla sua sedia, quasi a volerne testimoniare la sua impronta soave.
La stanza denominata “dell’ammiraglio” (e destinata a ospitare i familiari in visita al cottage) e la camera di Mrs. Austen raccolgono ed espongono oggetti che hanno circondato la vita quotidiana di Jane. E da cui emana un fascino malinconico.
Infine nell’ala che volge verso il giardino interno, accanto alla camera –chiusa ai visitatori – di Martha Lloyd, è situato il letto originale a baldacchino dove Jane si è coricata con i suoi sogni e le sue delusioni, con le gioie e la sofferenza, e il manichino che indossa il suo cappotto blu navy, allacciato doppiopetto con bottoni dorati, dal colletto a punta e coprispalla della stessa stoffa pesante, fa materializzare per un attimo la sua figura, magra e alta.
Non riesco a vedere la cucina ma la rimessa con il suo carrozzino che trainato dall’asino la conduceva nelle sue ultime passeggiate nei dintorni quando ormai la forza nelle gambe di camminatrice instancabile, l’aveva abbandonata.
Il giardino, orlato di un muro di cinta, avvolge la casa di profumi e colori, disegna angoletti furtivi e ombreggiati dai frondosi alberi. Essi silenziosamente hanno assistito alle sue passeggiate, hanno ascoltato qualche pensiero sussurrato, hanno carpito le confidenze tra sorelle e custodiscono tutto nella loro maestosa immobilità.
Così si conclude la visita a Chawton Cottage.
Accanto alla casa, il grande stagno non esiste più ma si snoda il crocevia stradale che smista le tre direzioni di questo punto dell’Hampshire. La prima freccia indica, proseguendo dritti, la Chiesa di San Nicholas e la Chawton House. Presto le villette a schiera smettono di incorniciare la strada e ci ritroviamo in aperta campagna. Dove si espande, immettendosi con un viale selciato, da sinistra, la tenuta padronale. Per la visita dell’interno della magione di Edward Austen-Knight occorre una previa prenotazione mentre ai giardini all’esterno si accede liberamente.
Subito dietro l’entrata principale, il primo livello del giardino circonda la casa e soprattutto si affaccia nel cortile interno delimitato da un muretto di cinta. Su cui si apriva la sala lettura, quella presumibilmente più frequentata da Jane quando vi andava in visita. Saliti alcuni scalini si passa a un secondo livello, pavimentato e circoscritto da aiuole e cordoli affollati di coabitazioni estemporanee delle più variegate piante da fiore. Dietro alla casa, ancora più in alto, senza lasciarsi sviare da sentieri nascosti tra prolifiche siepi, si protende un viale erboso culminante. A destra, in una piccola balaustra neoclassica che dovrebbe fissarne il punto centrale e che apre lo sguardo sulla tenuta laterale.
Tutt’intorno, il viale è avvolto in una vegetazione fitta e rigogliosa che rivela un’attenta opera di coltura. E un sapiente gusto per l’arte del giardinaggio in ordinato assemblaggio, improbabili ma azzeccati accostamenti cromatici e aromatici.
Più avanti, a sinistra, avvertito da una cancellata, si apre un roseto e più oltre un probabile orto che ricade nella zona di competenza del giardiniere. Provvisto di una modesta rimessa per i suoi attrezzi. Il sentiero prosegue inoltrandosi nel boschetto che si arrampica sul dolce pendio naturale del terreno e ci guida all’aperto ricongiungendoci al piazzale antistante la casa.
La visita della Chiesa di S. Nicholas ammonisce sulla sacralità del luogo e delle vite sepolte nel cimitero circostante. Cassandra di 87 anni e Mrs. Austen di 73 giacciono in pace tra l’erba del giardino che lambisce la navata laterale. All’interno, l’atmosfera è raccolta. Corre tra i banchi il fruscio di una religiosità discreta, coltivata con preghiera non ostentata ma suggerita direttamente dai volumi della Bibbia messi a disposizione dei fedeli.
Ci lasciamo tutto questo alle spalle con la tristezza per la caducità della vita, la sfortuna di alcune esistenze, la longevità di altre.
Il ritorno ad Alton paese, sotto il sole cocente delle quattro del pomeriggio, è duro e faticoso. Lungo il cammino volgo lo sguardo indietro più volte per cercare di imprimere nella mia mente a futura memoria ogni particolare. Anche il più insignificante. E comunque suggello l’esperienza vissuta cogliendo un fiore da un cespuglio profumato nei pressi della stazione. Per portar via, sempre con me, il dolce aroma di quei luoghi.
*Le foto sono state scattate da Romina Angelici che è anche autrice dell’articolo.
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