Manca poco alle prossime presidenziali. Manca poco all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Manca poco, ma i nomi dei possibili candidati alla carica più alta dello Stato sono tanti. Maschili, e femminili. Sappiamo bene che dal 1948 ad oggi i presidenti della Repubblica sono stati 12. Tutti uomini. A partire dal primo, Enrico De Nicola, eletto il 1° gennaio 1948, all’attuale presidente uscente, Sergio Mattarella.
Eppure, oggi, sempre di più, si sta palesando un nuovo affascinante scenario: una donna presidente. D’altronde, è proprio la nostra Costituzione che parla di parità di genere. Possiamo leggerlo, ad esempio, nell’articolo 51: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Certo, tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. E che mare. Chissà che le quote rosa non riescano a solcarlo e arrivare sane e salve a riva. Finora alcune coraggiose ci hanno provato. Donne candidate alla presidenza ce ne sono state, ma i risultati, purtroppo, non le hanno premiate.
Le donne candidate alla Presidenza: le apripista Camilla Cederna, Eleonora Moro e Ines Boffardi le apripista
In occasione delle elezioni del 1978 che portarono poi all’elezione di Sandro Pertini, toccò a Camilla Cederna, Eleonora Moro e Ines Boffardi fare da apripista. La prima, giornalista dell’Espresso, ottenne cinque voti. La seconda, moglie dello statista Aldo Moro ucciso il mese prima, tre. Due, invece, per quella che fu la prima donna nominata sottosegretario alla Presidenza della Repubblica. Un risultato che, secondo le cronache parlamentari, suscitò una certa ilarità nella platea maschile. Fu solo l’intervento di Pertini, allora Presidente della Camera, a sedare gli animi. “Non c’è nulla da ridere, anche una donna può essere eletta”, dichiarò in quell’occasione senza mezze misure.
Ancora la Cederna, insieme a Tina Anselimi e Nilde Iotti
Sette anni dopo, la Cederna ci riprovò, ancora una volta senza successo. Insieme a lei Tina Anselmi, prima donna a diventare ministro della Repubblica. Per lei solo tre voti. E se nel 1992, anno del terremoto di “Mani pulite”, la stessa Anselmi ottenne 19 voti, ancora di più furono quelli a favore di Nilde Iotti. Ben 256 preferenze per la candidata del partito democratico di sinistra. Purtroppo, però, non abbastanza per abbattere un pregiudizio.
Il turno di Rosa Russo Iervolino e Emma Bonino
Tra le donne candidate alla Presidenza, ricordiamo anche Rosa Russo Iervolino ed Emma Bonino nel 1999, che ottennero rispettivamente 16 e 15 voti. Il nome della Bonino tenne banco anche nel 2006. Insieme a lei, ricordiamo i nomi di Anna Finocchiaro, Franca Rame e Lidia Menapace. Alla fine fu eletto Giorgio Napolitano.
Ancora la Bonino, ma anche Rosy Bindi e Annamaria Cancellieri
E sarà di nuovo Napolitano ad assumere il ruolo di Presidente nel 2013, nonostante le candidature della Bonino, di Rosy Bindi, Paola Severino, Alessandra Mussolini, Daniela Santanchè e Annamaria Cancellieri, che ricopriva tra l’altro la carica di Ministro dell’Interno e che ottenne 78 voti al quarto scrutinio.
Nel 2015, invece, nel corso delle Presidenziali che videro l’elezione di Sergio Mattarella, si candidarono Emma Bonino e Luciana Castellina. La prima si aggiudicò 25 preferenze, la seconda 37.
Le Presidenziali del 2022
Il resto è storia dei giorni nostri. O meglio, una storia che deve ancora scriversi. I nomi alla ribalta in questi ultimi mesi sono tanti. Da Maria Elisabetta Alberti Casellati a Liliana Segre, la quale ha già declinato eventuali candidature, ma anche Rosy Bindi, Anna Finocchiaro e Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale e attuale ministra della Giustizia. Accanto ad esponenti politiche, troviamo anche delle papabili “tecniche”, come il capo dei servizi segreti Elisabetta Belloni, o l’ex presidente Rai ed ex dirigente della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola.
Insomma, le candidate di valore non mancano. C’è da augurarsi che non manchi neanche il coraggio di una scelta in netta rottura con la tradizione che ha caratterizzato la storia del nostro paese.
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