“Gioia Mia” in sala dall’11 dicembre è un film che racconta il legame inatteso che si crea tra un bambino ipertecnologico e la sua anziana e tradizionale zia, costretti a trascorrere l’estate insieme in Sicilia. 

«Come vuoi che stia? Mi hai mandato nel Medioevo!”, così Nico risponde al telefono alla madre. In vacanza, da un’anziana zia in Sicilia, il ragazzino si ritrova in una casa dove non c’è internet e nemmeno un televisore, in compenso abbondano le immagini religiose, c’è quella di Gesù con il cuore in evidenza che lo spaventa così come la temuta presenza di fantasmi nel palazzo.

Il segno della croce prima di mangiare, il riposino con il pigiama, le partite a carte, le lenzuola stese sul terrazzo, un ventaglio al posto dell’aria condizionata, è un mondo distante anni luce da quello supertecnologico di Nico che arriva da una non precisata città del nord.

Nico.

A poco a poco, però, il giovane protagonista di undici anni entra in quell’atmosfera di altri tempi dove i bambini passano il tempo a giocare a pallone, sorvegliati dalle nonne. A loro il cellulare è negato e la zia spesso lo nasconde anche a Nico, al quale cerca di insegnare le buone maniere, toglie lo smalto che porta alle unghie e lo invita ad avere sempre un fazzoletto, quando scende in cortile con i coetanei. Persino il cibo è diverso, più genuino.

Che film delicato questo “Gioia mia”, primo lungometraggio della regista siciliana Margherita Spampinato, capace di far rivivere, anche gli spettatori più adulti, i ricordi infantili, riportandoli ai pomeriggi estivi segnati dalle partite a nascondino e non dalla solitudine tecnologica.

Un’estate al mare.

Quelle estati al mare che, forse, non esistono più.  E’ un universo tutto femminile quello che  si respira e che circonda Nico. Le anziane donne sono le amiche della zia Gela, una signorina di 75 anni, tutta casa e chiesa, con il rimpianto di un amore segreto e impossibile e un cane fedele, Frank che sembra avvertire la presenza dei fantasmi. E poi c’è Rosa, una ragazzina dai capelli neri e ricci che piano piano diventa la complice inseparabile del protagonista. La bambina è sveglia, riesce ad aprire le porte con una lastra radiografica e, insieme a Nico, troverà il modo di scoprire il segreto dei misteriosi rumori che hanno fatto pensare ai fantasmi.

Finisce con il sorriso del ragazzino che cresce e cambia in questo viaggio nel tempo, scoprendo persino il primo amore, come cambia la zia che ritrova il coraggio di guardarsi indietro, stimolata dalle domande del suo giovane ospite. Un tocco poetico e semplice quello di Margherita Spampinato: a Locarno per il suo esordio ha ricevuto il premio  dalla giuria del concorso Cineasti del Presente. Ad Aurora Quattrocchi, la splendida zia Gela,  attrice palermitana di 82 anni, sempre a Locarno è andato il Pardo per la migliore  interpretazione. Perfetti i due bambini, Marco Fiore nei panni di Nico e Martina Ziami in quelli di Rosa.

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