Dosch passa alla regia, difendendo i diritti degli animali e cercando una voce femminile al Festival di Cannes 2024, per la sezione Un Certain Regard.
In Svizzera i cani vengono sottoposti all’eutanasia se dimostrano, a più riprese, comportamenti violenti. L’attrice Laetitia Dosch (Montparnasse – Femminile singolare) ha firmato la sua opera prima in quanto regista, in una commedia che affronta questioni animaliste quanto umane. Le Procès du chien, presentato a Cannes nella sezione Un certain regard, ha tutti i limiti del basso budget e della poca esperienza di regia. Tuttavia, mostra la nascita di una visione e di una voce femminile, che tra critiche e autocritiche lotta per una propria accettazione.
Avvocatessa delle cause perse, Avril Lucciani si ritrova a difendere un cane, “colpevole” di aver morso, e sfigurato, la donna delle pulizie. L’accusa vuole vedere questa razza sparire, sostenendo che solo alcuni cani meritano di far parte della società, come i chihuahua. Negli occhi della legge , il cane viene visto come un oggetto e la scena più comica e interessante del film vede nell’aula del tribunale, una tavolata, composta da una buddista, un rabbino, un imam, un pastore, un filosofo e un’etologa discutere delle responsabilità e della coscienza dell’animale.
Un tono che ricorda quello delle commedie Netflix: non c’è una particolare ricerca estetica e, sia le lacrime, sia le risate sono facili quando si tratta dei nostri amici a quattro zampe… ma questo film, oltre a battersi per una causa importante, indica un riscatto tutto femminile che sta prendendo piede negli ultimi anni. Vediamo un’attrice passare dall’altra parte della macchina da presa, alla regia. Per un’opera prima, però, viene da chiedersi se non si è fatto un passo più lungo della gamba, essendo Dosch anche la sceneggiatrice (insieme a Anne-Sophie Bailly) e l’interprete protagonista del film. Se la recitazione non ha incertezze, lo sviluppo narrativo lascia una serie di perplessità. Una commedia che a tratti risulta troppo leggera e che non rapisce lo spettatore.
Comments are closed.