All’età di 11 anni viene improvvisamente colpita da una meningite fulminante, una forma particolarmente rapida e aggressiva. Rischia di morire. Lei è forte, una combattente nata. Il suo corpo resiste, ma non può evitare l’amputazione di tutti e quattro gli arti.
Quando volere è potere.
Beatrice “Bebe” Vio nasce a Venezia il 4 marzo 1997 sotto il segno dei Pesci. E come un pesciolino impara subito a nuotare nel difficile mare della vita. Ha un sacco di interessi: disegno, pittura, il gruppo scout, ma è lo sport la sua grande passione, soprattutto la scherma, e già a 6 anni tira di fioretto, mostrando subito tutte le sue doti.
La malattia nel 2008
E’ novembre 2008 quando, all’età di 11 anni, per giorni accusa forti mal di testa e febbre alta. Ricoverata nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’ospedale di Padova, la diagnosi non lascia scampo: meningite fulminante da meningococco di gruppo C. Si tratta di una forma estremamente rapida e aggressiva, rischia la vita. La sua degenza ospedaliera dura sei mesi, ma Bebe non si arrende, non vuole darla vinta al nemico. Un nemico cattivo che devasta il suo corpo. Lo piega ma non lo spezza. La futura campionessa si salva, ma i medici sono costretti ad amputarle prima le gambe (sotto le ginocchia), poi gli avambracci.
Ce n’è abbastanza per abbattere moralmente una persona ma l’abbiamo detto, Bebe è una combattente, non si arrende, come dimostrerà in futuro anche in campo. Con grinta, forza, ed entusiasmo, torna ad affrontare quella vita che, pur così giovane, l’ha già messa alla prova. Ritorna a scuola, e non solo. I suoi genitori nel 2010 fondano una onlus, la Art4sport, che fornisce ai bambini amputati protesi di arto. Un modo per permettere loro di integrarsi nella società attraverso allo sport.
Il ritorno in campo
Bebe è la prima atleta a inaugurare questo progetto. Il suo desiderio è tornare a tirare di scherma. Una pazzia? Non la pensano così i suoi genitori. Un team di tecnici specializzati lavora per aiutarla a raggiungere quest’obiettivo. Viene acquistata una pedana per la scherma in carrozzina, una carrozzina su misura e viene realizzata una speciale protesi per permetterle di impugnare il fioretto.
Il resto è storia. E non è un modo di dire, perché la piccola Bebe la storia del suo sport la scrive eccome. Riprende gli allenamenti tra Padova, Bologna e Roma, seguita dalle storiche Alice Esposito e Federica Bertone, ma anche da Fabio Giovannini e Ryszard Zub, molto conosciuto nel modo della scherma. E nel 2011 diventa campionessa italiana Under-20 confermandosi nei due anni successivi che la vedono diventare Campionessa Italiana Assoluta.
Quando volere è potere
Bebe non si ferma più. Alle Paralimpiadi di Londra 2012 viene scelta come tedofora per portare la fiaccola olimpica. Nel giugno 2014 agli Europei di Strasburgo conquista l’oro nel fioretto categoria B, sia individuale che a squadre e si ripete nel settembre dello stesso anno ai mondiali di Varsavia Under 17. Sempre nel 2014, a coronamento di tutti i suoi sforzi e dei suoi successi, riceve l’Italian Paralympic Award dal Comitato Italiano Paralimpico.
Le vittorie proseguono nel 2015 e, soprattutto, nel 2016 dove, ai XV Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro, conquista la medaglia d’oro nella prova individuale contro la cinese Zhou Jingjing per 15-7 e il bronzo nella prova a squadre, assieme alle compagne Loredana Trigilia e Andreea Mogos.
Non solo sport
Quando volere è potere. Anche la sfera privata le regala soddisfazioni. Se nel 2017, appena compiuti i vent’anni, Bebe decide di andare a vivere da sola, l’anno successivo, invece, si dedica alla guida. Il 5 Febbraio 2018, infatti, prende la patente. “Dedicata a chi mi prendeva in giro”, “Finalmente sei mia!”, “Sono super felice di poter sfrecciare per le strade”, scrive su Facebook. Finalmente può spostarsi in autonomia grazie ad un’auto configurata per tutte le sue necessità.
L’infezione da stafilococco e l’oro a Tokyo
Anche le combattenti più stoiche e resistenti, però, hanno i loro momenti di debolezza. Bebe non fa eccezioni. Tutto inizia a settembre 2020, a causa di un grave infortunio al gomito sinistro che la costringe a sottoporsi ad infiltrazioni e ad una riabilitazione. Tutto sembra procedere per il meglio, ma nei primi mesi del 2021 lo spettro di un’infezione si fa vivo. Si tratta dello stafilococco aureo, un batterio poco dorato ma molto comune che può anche essere pericoloso se trova un fisico debilitato. La diagnosi dei medici è come una doccia fredda: se l’infezione arriva al gomito, bisogna amputare il braccio.
“Basta amputazioni, non è rimasto molto da tagliare”, ricorda a posteriori Bebe sul suo profilo Instagram. La vita la mette di nuovo alla prova, e lei non si tira indietro. Combatte, reagisce, e vince. Esce dall’ospedale e si butta anima e corpo sulla preparazione per i Giochi Paralimpici di Tokyo. Il tempo è poco, nelle sue condizioni è già un miracolo che riesca ad arrivarci in Giappone, se si pensa che l’infezione da stafilococco mette a repentaglio anche la sua vita.
Uno dei motti di Bebe, che campeggia anche nella home page del suo sito è chiaro e non ammette repliche: “Se sembra impossibile si può fare”. E lei lo fa. Ai XVI Giochi Paralimpici di Tokyo conquista l’oro nel fioretto nella prova individuale e l’argento in quella a squadre, migliorando così il risultato di Rio del 2016. Un pianto spontaneo e liberatorio suggella la vittoria.
“Cos’è l’impossibile?”, scrive su Instagram la campionessa. “Mi hanno salvata le persone. Ed è a loro che dedico queste vittorie”. Beh, se l’impossibile avesse un nome, non avremmo dubbi, si chiamerebbe Bebe.
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