L’ultimo libro di Susanna Tamaro, edito da Solferino, è approdato nelle librerie il 18 di Novembre.

“Invisibile meraviglia” è il suo titolo. È costituito da quarantatré brevi capitoli che sono, di fatto, le osservazioni naturalistiche di Susanna Tamaro nell’arco di quasi un anno, quello della pandemia. Questi appunti nascono nel suo casolare con torretta immerso tra le colline umbre, vicino ad un laghetto e ad un bosco. È lei stessa a fornici, a sprazzi, questa descrizione della casa in cui ha scelto di vivere da circa trent’anni. Ed è da questa posizione privilegiata che può osservare e riflettere sul mondo della natura e su quello della realtà umana. Da qui, tra l’altro, subisce anche marginalmente l’impatto della pandemia sulla vita quotidiana.

Così non sarebbe stato se fosse rimasta a vivere negli appartamenti tra i palazzi di Trieste e di Roma, che sono stati la sua casa per molti anni nella prima parte della sua vita.

A Trieste, bambina, era già appassionata di tutto quello che riguardava il mondo della flora e della fauna cittadina, seppure fosse un mondo molto scarno.

Un mese di vacanza dai nonni, in Friuli, sul Carso, bastava a ricaricare la sua sete di conoscenza e osservazione, mentre per il resto dell’anno doveva accontentarsi di alcune uscite mineralogiche in edicola.

L’introduzione del libro

Nell’introduzione è lei stessa a raccontarci la passione per l’osservazione naturale, gli studi, la carriera (non molti sanno che fu la prima regista del programma televisivo Geo, ad esempio).

Alcune scelte di vita, tra le quali quella di vivere in campagna, le hanno permesso “il ritorno a una parte fondamentale di me – la parte innocente, infantile, curiosa, capace sempre di stupirsi e di provare emozioni davanti alla miracolosa ricchezza dell’esistente”.

Nel retro di copertina, e sempre dall’introduzione, leggiamo queste parole che sono come balsamo per ognuno di noi:

“La vita è sempre più forte della morte e, se impariamo a osservarla con mente e cuore aperti, può far germogliare in noi dei semi di speranza, regalandoci lo stupore dell’inatteso e la commozione per la bellezza nascosta che ci vive accanto”.

Un’idea come regalo di Natale

Il libro si presta bene ad essere regalato anche come strenna natalizia.

È perfetto sia per chi è appassionato di piante e animali, ma anche per chi invece ne è completamente digiuno. Forse è addirittura più indicato per chi fa una stressante vita cittadina.

Se letto con calma, matita alla mano, al caldo delle nostre case nel corso dell’inverno, è una coccola inaspettata.

All’esplosione della primavera scommetto che molti avranno poi la curiosità di rileggere certe righe cercando di andare a verificarle nel corso di qualche passeggiata.

Si legge in poco tempo ed alcuni capitoli sono davvero brevi: osservazioni genuine, fugaci e brillanti delle quali soprattutto le giovani generazioni hanno bisogno.

Trasmette curiosità e conoscenze, ma smuove anche riflessioni interessanti sulla nostra natura umana.

La struttura del libro

“Invisibile meraviglia” inizia dalla stagione della primavera, osservando di essa i primi fiori che sbocciano. Lentamente passa al mondo della fauna partendo, ovviamente, dalle rondini e dai balestrucci per poi passare al rospo. Si susseguono così le brevi osservazioni spostando gli occhi (e la testa) dal cielo alla terra e perfino dentro ad uno stagno o sottoterra, conoscendo meglio anche alcuni insetti.

Alcuni capitoli sono poi dedicati alle api, delle quali l’autrice ci aveva già parlato nel suo penultimo romanzo (“Una grande storia d’amore”, Solferino, ne avevamo parlato anche qui) dimostrando una profonda conoscenza, ma anche rispetto e amore per le stesse.

Il concerto primaverile, ampiamente osservato (e ascoltato!), si concluderà con gli “archi” della cicala e del grillo, in piena estate, e, verso il finale, si rifletterà sulla bellezza del foliage dell’autunno e sull’importanza e il senso dell’inverno.

Il cerchio vitale avrà concluso la sua traiettoria e al lettore sembrerà di essere tornato un po’ indietro nel tempo, a quando aveva tempo di fermarsi ad osservare, a quando la noia non solo era concessa, ma perfino largamente – e con indifferenza – elargita, nel periodo infantile.

Un tempo da ritrovare

Ci si poteva perdere nel tragitto di una formica, con costanza si cercava di curare quel passerotto caduto a terra, sul tarassaco si era soffiato più e più volte esprimendo un desiderio (e ignorandone il nome latino). Sapevamo poco, eppure condividevamo tanto di più, con il mondo vegetale e animale.

La meraviglia che ci circondava era, certamente, meno invisibile di quanto lo sia ora.

Grazie Susanna per le tue lezioni di (invisibile) meraviglia!