Chi erano le streghe? Ognuno di noi ha un’ idea personale di queste figure misteriose e a tratti inquietanti. Pochi sono capaci di collocarle al di fuori di favole o leggende, insomma nella realtà del quotidiano. Ecco la storia di Matteuccia, raccontata da Lisa Bresciani.

Matteuccia.

Spesso la strega viene vista nell’immaginario collettivo come una donna dedita alla magia nera e serva delle forze del male. In realtà, quasi tutte coloro a cui è stato dato l’appellativo di strega erano o erboriste esperte capaci di guarire malanni e porre rimedio a problemi con infusi naturali, oppure donne sole, molto spesso vedove, emarginate dalla società per qualche peculiarità considerata segno intangibile del maligno.

La caccia alle streghe da parte dell’Inquisizione segnò l’inizio di uno dei periodi più inquietanti della storia dell’umanità. E macchiò di sangue soprattutto i paesi dell’Europa e dell’America del Nord. Tra il 1450 e il 1750, solo in Europa furono uccise per stregoneria circa 40.000 persone. Il rogo, l’impiccagione o l’annegamento erano solo alcuni dei tanti metodi utilizzati dalla Chiesa per porre fine alle loro vite. Dopo giorni di torture e sevizie.

In Italia, una delle prime donne accusate di stregoneria e la prima condannata al rogo in Europa è stata Matteuccia di Francesco. Persino Bernardino da Siena, francescano e grande predicatore, molto stimato negli ambienti ecclesiastici dell’epoca, si mosse contro di lei. E fu così che, al cospetto di centinaia di persone, la donna trovò la sua fine in Piazza del Montarone, a Todi, a soli 40 anni. Ma chi era realmente questa donna? Perché è stata accusata di stregoneria? Matteuccia è nata a Ripabianca, piccolo paese umbro, nel 1388, da un’umile famiglia.

È una “domina herbarum” (Signora delle erbe), conoscitrice di piante e fiori, guaritrice di malattie del corpo e dell’anima per mezzo di rimedi naturali, ovvero la nostra moderna erborista.

Ed era così esperta in materia, che addirittura erano i clienti stessi ad andare a cercarla per trovare soluzioni ai propri mali. Nel tempo queste pratiche divennero un vero e proprio mestiere, un sostentamento necessario per vivere. Era una donna sola, si ipotizza fosse una vedova, che in qualche modo doveva mantenersi. Negli atti al processo, stilati dal notaio del capitano di Todi Lorenzo de Surdis, e conservati nell’archivio del comune, vengono riportati svariati episodi che vedono come protagonista la donna in veste di incantatrix.

Viene, per prima cosa, definita “come una donna di cattive abitudini di vita e di malaffare, pubblica incantatrice, fattucchiera, autrice di sortilegi e strega”. Nei verbali si elencano fatti singolari e curiosi in cui Matteuccia si servirebbe di un unguento magico e di una formula. “Unguento, unguento mandame a la noce de Benivento supra acqua et supra ad vento et supra ad omne maltempo” per trasformarsi in una gatta e volare fino alla noce stregata di Benevento.

Con le sembianze di gatta, avrebbe “sugato” il sangue di bambini di svariati paesi umbri, dietro comando del demonio.

Certe accuse riportano fatti davvero macabri, come quella in cui Matteuccia, aiutata da un certo Cortona, inviatole dal signorotto Braccio Fortebracci da Montone, avrebbe recuperato le carni di un tale annegato nel Tevere per cuocerle e farne un liquore “adoperato per i dolori e le ferite delle persone”. Proprio Braccio Fortebracci, celebre condottiero e proprietario terriero tra Perugia e Todi, fu un assiduo cliente e protettore di Matteuccia.

La loro insolita amicizia ebbe sicuramente un ruolo importante nel far condannare la donna.

Un fatto alquanto importante e su cui riflettere, sono le svariate testimonianze di donne maltrattate dai mariti che per difendersi si recavano da lei: “la stessa Matteuccia si prestò per molte moltissime donne percosse dai propri mariti e che chiedevano da lei un qualche rimedio per far sì che gli stessi le curassero ed accondiscendessero ai loro desideri, cioè (consigliandole) di prendere quell’erba chiamata costa cavallina (coda cavallina), di ridurla in polvere e di darla a bere o a mangiare ai loro uomini, dicendo queste parole…”.

Attorno a lei invidia, ignoranza, paure e diffidenza la fecero presto cadere tra le mani di chi presiedeva il “Tribunale dei Malefici”.

Additata “strega” da coloro che aveva aiutato e uccisa da uomini timorati di Dio. Accusata di tali ignominie, dopo giorni di interrogatori e torture, “ammise”le proprie colpe. Il 20 Marzo 1428 le posero in testa una mitria, le legarono le mani dietro la schiena e, in groppa ad un asino, la condussero sul luogo del rogo. Fu bruciata viva, senza possibilità alcuna di difesa. Infatti, ad oggi non possiamo leggere la sua versione dei fatti ma solo la trascrizione del notaio presente nel verbale del processo conservato nella biblioteca comunale di Todi.

Matteuccia, come tante altre donne, non ebbe mai la possibilità di esprimere e spiegare il suo desiderio di conoscenza che la portava ad osservare la natura e a servirsi delle erbe medicamentose per curare le malattie e i problemi che affliggevano le persone. L’ignoranza dell’epoca riteneva queste pratiche pericolose, soprattutto quando era una donna, sola e ribelle, a farne uso. Ancora oggi, la storia di questa domina herbarum, viene raccontata e studiata, simboleggiando gli orrori indicibili che sono stati commessi dall’Inquisizione. In suo onore, sono stati fatti spettacoli teatrali, rievocazioni e congressi.

Le è stato persino dedicato uno spazio verde presso l’Istituto Agrario di Todi dal nome: L’orto della strega Matteuccia, in cui ci sono erbe aromatiche, fiori e piante officinali. Un luogo ameno e del sapere che avrebbe sicuramente amato anche la nostra Matteuccia.

Lisa Bresciani