Pasqua è appena finita e, come di tradizione, ognuno se ne torna a casa con la sorpresa trovata nell’uovo. Chi un portachiavi, chi un ciondolo, un giocattolo o dei cioccolatini.

Ora, alzino la mano tutte le donne che avrebbero preferito trovarci dentro, in carne e ossa e con tanto di fiocchetto, Indiana Jones con cappello e sorriso sghembo. Magari non quello leggermente stagionato dell’ultimo film. Diciamo il bell’archeologo di frusta munito dei tempi d’oro, ecco. Tanto perché le donne si accontentano sempre, eh.

Mettendo da parte sogni post-pasquali, resta il fatto che indubbiamente Indiana Jones si, fin dalla sua prima uscita nel lontano (ma nemmeno tanto) 1981 un’icona di bellezza maschile difficilmente superabile. Sicuramente impossibile da dimenticare. Harrison Ford era allora un giovane attore poco conosciuto, fresco fresco di partecipazione al cast del primo Guerre Stellari, in cui interpretava la parte del contrabbandiere Han Solo. Proprio l’essersi fatto notare in quella performance, unita al fatto fortuito che Tom Selleck l’attore contattato per primo per il ruolo di Indiana avesse appena rinunciato alla parte, lo lanciarono nel tunnel di un inarrestabile successo di pubblico.

Il personaggio del professor Jones non ha certo bisogno di presentazioni: archeologo americano dallo stile spiccatamente cowboy, professore praticamente per hobby ne prestigioso Marshall College, con le sue avventure ha incantato generazioni di spettatori. Oltre ad avere il merito di aver velato di mito una branca di studio prima piuttosto ignorata dai non addetti ai lavori, e di per sé un tantino noiosa come l’archeologia. Se il volto è stato prestato da Harrison Ford, gratitudine incredibile e fama imperitura vanno al creatore del personaggio di Indy, ovvero il mitico George Lucas. È stato lui ad inventare il personaggio, e le sue prime, indimenticabili avventure. Il successo del personaggio si deve anche a questo: immerso in un periodo affascinante e complicato come la fine degli anni Trenta, (la cosa garantiva anche di dargli come antagonisti nientemeno che i nazisti, i supercattivi più cattivi di sempre), atmosfere esotiche e retrò, alcuni dei più grandi misteri dell’umanità. Perché ancora adesso, dopo fiumi di inchiostro e pellicola utilizzati per sviscerarne i segreti, il destino e la leggenda di oggetti come l’Arca dell’Alleanza, e il sacro Graal, suscitano un’enorme curiosità. E poi c’è poco da fare, a parlare di misteri religiosi si fa sempre centro. Non è un caso che la prima volta che lo vediamo in azione, Indiana Jones sia alle prese con il ritrovamento dell’Arca dell’alleanza, prima che i seguaci della svastica gli soffino la scoperta. Se gli effetti speciali un po’ datati a noi smaliziati spettatori di oggi fanno un po’ sorridere, di sicuro ancora reggono perfettamente la struttura solida del film, la sua scanzonata scorrevolezza e il sottofondo misto di storia e leggenda. Il seguito di Indiana Jones e i predatori dell’Arca perduta, (frase peraltro entrata nel novero dei cult e rimaneggiata mille volte in questi decenni), Indiana Jones e il tempio maledetto, sembra avere poco a che fare col primo: stavolta si punta più sul fattore esotico, spostando il mitico nel cuore dell’India, e se si ha sempre a che fare con il divino e il sovrannaturale, magia e superstizione hanno sostituito la fede.

Una menzione speciale va però al terzo capitolo, quello originalmente pensato per essere l’ultimo. Indiana Jones e l’ultima crociata riprende le tematiche del primo film. La caccia è aperta al Sacro Graal, che se non promette l’onnipotenza al suo possessore come l’Arca, garantisce però l’immortalità. Una cosa da niente. Tornano i cattivissimi nazisti in pompa magna, ma soprattutto a rendere unica questa pellicola è l’apparizione di un nuovo, formidabile personaggio: Henry Jones, il padre di Indiana. Onore a chiunque abbia scelto Sean Connery per interpretarlo. Nonostante i due attori protagonisti avessero solo dodici anni di differenza, ogni loro interazione risulta credibile. Inoltre, l’aver inserito la dinamica padre-figlio ha dato spazio ad una comicità sorniona molto più spiccata rispetto ai precedenti due film. Il cocktail di fattori regge, e L’ultima crociata resta forse il miglio film della serie.

Un discorso a parte andrebbe fatto per il quarto film, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, uscito appena nel 2008. Insomma, è vero che quando una cosa bella finisce vorremmo tutti che riprendesse, ma siamo sicuri che ritrovare il professore sullo schermo, alla veneranda età di settant’anni e con tanto di figlio spaccone al seguito sia proprio una buona idea? I fan non sono rimasti troppo convinti. Nel frattempo però George Lucas e la sua casa di produzione hanno venduto i diritti sulla serie di Indy, e già si pensa ad un quinto film, magari con Chris Pratt nei panni del giovane professore. In pratica si vorrebbe replicare la fortuna del personaggio di James Bond, affidato di volta in volta a numerosi attori.

Be’, fate vobis. I fan di lunga data si terranno stretto il loro mito delle origini, con la sua prima, impagabile trilogia.

Certi miti semplicemente non si sostituiscono.

Diletta A. Parisella