Cercando Virginia è un romanzo di Elisabetta Bricca uscito per Garzanti il 21 maggio scorso.

È un romanzo che ho fortemente voluto leggere per via della penna dell’autrice, che stimo molto, ma sopratutto per la sua trama.

Confesso che, prima di leggere la quarta di copertina, soffermandomi soltanto a fissare la copertina, un po’ come si fa con una cartina geografica prima di iniziare un lungo viaggio, mi sono chiesta non tanto a chi si riferisse il nome Virginia quanto cosa potesse significare quel gerundio “cercando”.

Il romanzo infatti è una ricerca, prima spirituale e poi fisica.

E Virginia non è nient’altro che la favolosa Virginia Woolf, il collante delle donne protagoniste di questa storia. Ma non vorrei che il romanzo venisse scambiato semplicemente per un manifesto femminista o fosse letto da sole donne. La storia di Cercando Virginia è la storia di una ricerca personale, di un’analisi di coscienza che porta all’affermazione di sé attraverso gli ostacoli della vita. E in questo percorso individuale e collettivo i libri della Woolf sono quelle parole che aiutano e che guidano, che diventano formule meditative e che consolano.

I libri. Ecco. Quegli oggetti che in tanti considerano inanimati ma che, ancora una volta, arrivano in nostro soccorso e ci insegnano che le parole, i concetti, i pensieri possono salvare addirittura vite umane.

Non solo un libro per donne, dunque. La ricerca di se stessi è uno sport che l’essere umano pratica dagli albori. Che lo faccia bene o male, o attraverso i mezzi giusti o sbagliati, è un’altra storia. Le protagoniste di Cercando Virginia utilizzano le parole di una donna scrittrice per formarsi e per formare e sembrano lanciare un accorato appello: nessuno, donna in questo caso ma anche uomini, si fermi alle violenze, alle ingiuste, ai soprusi. Amatevi. Amatevi sempre e amate la vita. Combattete. Rialzatevi. Rispettatevi. Fatelo con le parole e con gesti semplici ma profondi poiché non si arrivi alla fine dell’esistenza senza aver tentato di cercare la verità su noi stessi.

Ho scambiato quattro chiacchiere con l’autrice che è stata tanto gentile da rispondere alle mie domande sul romanzo.

Grazie Elisabetta, grazie non soltanto per la tua disponibilità ma soprattutto per averci regalato queste pagine.

Quando e come è avvenuto il tuo incontro con Virginia Woolf?

Mi sono avvicinata alla lettura di Virginia quando ero ancora una ragazza, ma ho cominciato ad approfondire la sua conoscenza cinque anni fa, quando ho ripreso in mano “Le onde”, che resta il mio romanzo preferito tra quelli che Woolf ha scritto.

C’è stata una signora Dalloway/ Elisabeth nella tua vita?

No, ma ci sono stati delle scrittrici che considero maestre, guide.

Nel romanzo citi il club di Virginia, un club di lettura per sole donne. Hai mai preso parte a un club simile o ne fonderesti mai uno?

Ho fatto parte di gruppi di lettura, ma mi piacerebbe fondarne uno tutto mio, qui nel casale dove vivo

La condizione femminile oggi è cambiata rispetto a quella in cui si muovono e vivono le donne di Cercando Virginia. Oppure… no? Quale è la tua opinione in merito?

È cambiata in parte, le donne hanno acquisito maggiori diritti ma non esiste ancora una legislatura che ci tuteli e anche in ambito professionale continuiamo a essere retribuite e a contare meno degli uomini

Il fatto che la signora Dalloway in raltà si chiami Elisabeth, proprio come te, è casuale o voluto?

È casuale. Giuro.

Parliamo di lettura. In italia si legge poco ma si pubblica molto. Cosa possiamo fare per avvicinare i giovani, nativi digitali soprattutto, al libro e spiegare loro che questo non è un oggetto obsoleto?

Non forzarli, i giovani hanno bisogno di trovare nei libri la propria voce.

A cosa stai lavorando adesso? In futuro darai voce ancora voce alle donne o tratterai temi differenti?

Sto lavorando a uno storico. E sì, racconterò ancora di donne.

Che messaggio vorresti lanciare alle donne che leggono il Pink Magazine?

Che noi donne possiamo, e dobbiamo, essere libere di essere e fare tutto ciò che vogliamo.