Cantautore, poeta, leader carismatico ed emblema di un’intera generazione, Jim Morrison si spegneva prematuramente, all’età di 27 anni, il 3 luglio del 1971 a Parigi, esattamente 50 anni fa.

Tutti quanti conoscono la figura di Jim Morrison, anche solo per sentito dire. Frontman della band statunitense The Doors dal 1965 fino alla sua morte, attraverso la sua inconfondibile voce, le sue movenze sul palco e i diversi avvenimenti che hanno segnato la sua vita, viene tuttora considerato una delle personalità più influenti ed iconiche non solo della storia della musica ma anche della rivoluzione culturale che ha caratterizzato gli anni ‘60.

Egli, infatti, attraverso appellativi come “profeta della libertà” o “poeta maledetto” diventò il portavoce della sua generazione, esprimendo l’irrequietezza, l’inquietudine, l’imprevedibilità e la drammaticità del sentire giovanile dell’epoca.

È dunque evidente la grande importanza e il grande impatto sia artistico che culturale che Jim Morrison ha avuto e continua ad avere nell’immaginario collettivo. In questo articolo ripercorreremo insieme la vita del “Re Lucertola” attraverso alcune curiosità che (forse) non tutti sanno.

“Il Re Lucertola”

Cominciamo dal suo particolare soprannome. Esso deriva in primis da una poesia scritta da Jim stesso dal titolo “Celebrazione della Lucertola” nella quale compare il verso “I’m the Lizard King, I can do anything”. Parte di questa stessa poesia, inoltre, appare nel brano Not to touch the Earth all’interno dell’album Waiting for the Sun (1968).

A partire da questa prima menzione, il soprannome venne poi eletto ad emblema della personalità di Morrison stesso: come una lucertola egli, infatti, si muoveva sinuosamente sul palco, si contorceva, si dimenava proprio come un rettile.

I rettili, inoltre, erano una sua grande passione e la lucertola, in particolare, è – nella tradizione orfica – simbolo di immortalità.

La passione per la letteratura

Nonostante abbia vissuto una vita all’insegna degli eccessi, tanto da essere paragonato a un moderno Dioniso, Jim era molto intelligente. Aveva un quoziente intellettivo di 149 (normalmente sopra i 140 punti si parla di un’intelligenza quasi geniale) e un bagaglio culturale davvero invidiabile.

Amava moltissimo la letteratura e l’opera che lo folgorò fu “Sulla strada” (1951), libro cult di Jack Kerouac. A mano a mano si interessò in modo particolare alla poesia e alla filosofia, facendo sue le concezioni sovversive e visionarie di tre grandi intellettuali: William Blake, Arthur Rimbaud e Friedrich Nietzsche.

La poesia e la musica erano un tutt’uno e il nome della band The Doors fu proprio ispirato ad alcuni versi di una poesia di William Blake intitolata “The Marriage of Heaven and Hell”: “If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it is: infinite” (“Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo com’è: infinita”).

A sostegno di ciò, Morrison stesso dichiarò:

“Ci sono cose che si conoscono e altre che non si conoscono. Esiste il noto e l’ignoto, e in mezzo ci sono Le Porte (The Doors). I Doors sono i sacerdoti del regno dell’ignoto che interagisce con la realtà fisica, perché l’uomo non è soltanto spirito, ma anche sensualità. La sensualità e il male sono immagini molto attraenti, ma dobbiamo pensare a esse come alla pelle di un serpente di cui ci si libererà”.

Jim poeta

Jim Morrison non leggeva solo poesie scritte da altri ma ne scriveva anche di sue, riunite in seguito all’interno delle raccolte postume “Deserto” e “Notte Americana” (in Italia pubblicate col titolo di “Tempesta Elettrica”).

Si tratta di poesie molto particolari sia dal punto di vista della forma che del contenuto. Si percepisce molto l’influenza surrealista della scrittura automatica atta a far fluire l’inconscio e i pensieri liberamente senza che la ragione li ostacoli. Questo continuo fluire dei pensieri e delle immagini si traduce formalmente nel verso libero, un verso che non rispetta nessuna regola metrica tradizionale, considerata troppo rigida.

Le sue poesie vennero apprezzate molto da parte della critica, la quale fu capace di cogliere appieno il profondo lato sensibile e poetico di Morrison.

Oltre al surrealismo e all’inconscio, si avverte l’atmosfera decadente tipica della fine del XIX e dei primi anni del XX secolo, questo grazie anche all’uso di figure mitologiche e simboliche derivate dalla cultura classica, dall’esoterismo e dalla cultura sciamanica e tribale. Sulla sua produzione poetica Jim stesso disse: “Se la mia poesia cerca di arrivare a qualcosa, è liberare la gente dai modi limitati in cui vede e sente”.

La passione per il Cinema

“Sono interessato al cinema perché è la forma d’arte moderna che più si avvicina all’effettivo flusso di coscienza, sia a livello onirico sia nella percezione della realtà quotidiana. […] Il cinema ci riporta all’anima, religione della materia, che assegna a ogni cosa la sua particolare divinità e vede dèi in tutte le cose e gli esseri”.

Così Jim Morrison definiva il cinema, altra sua grandissima passione. Infatti, prima di intraprendere la carriera musicale, Jim si iscrisse al Corso di Cinema dell’Università di Los Angeles. Tra i suoi compagni di corso figurava anche il futuro regista de “Il Padrino” Francis Ford Coppola.

Egli era particolarmente affascinato dal cinema d’autore, dalla Nouvelle Vague francese, dal cinema d’avanguardia, underground e sperimentale.

Si dice che il suo amore per il cinema nacque nel 1955 quando vide “Gioventù bruciata” (Rebel Without a Cause) con protagonista un altro divo dal gusto decadente e sovversivo con il quale condivideva il nome: James Dean.

“Gioventù bruciata” è, infatti, il primo film che viene menzionato nei suoi taccuini indi per cui non si può sottovalutare il grande impatto che questa pellicola sull’irrequietezza e la ribellione giovanile ebbe su di lui.

Jim per sempre

La sua morte avvenne in circostanze che ancora oggi non sono ben chiare. Jim venne sepolto a Parigi nel celebre cimitero di Père-Lachaise in cui riposa, tra gli altri, Oscar Wilde.

La tomba di Jim Morrison è meta di un incessante pellegrinaggio da parte di fan e ammiratori i quali lasciano fiori e oggetti di ogni tipo per onorarne il lascito e la memoria.

La sua tomba è inoltre il quarto luogo più importante e più visitato di Parigi preceduto solamente dalla Torre Eiffel, la cattedrale di Notre-Dame e il Louvre.

«Ora giunge la notte con le sue legioni purpuree/ Tornate alle vostre tende e ai vostri sogni/ Domani entreremo nella città della mia nascita/ Voglio essere pronto»

(versi finali de “La Celebrazione della Lucertola” recitati dalla compagna di vita Pamela Courson durante il funerale).