Uscito al cinema il 28 ottobre 2021, “Freaks Out” sembra aver stregato pubblico e critica. Il nuovo film di Gabriele Mainetti ci propone un universo in cui Storia e magia si uniscono per dare origine a un unicum nel cinema italiano contemporaneo.
“Freaks Out” è il secondo lungometraggio diretto da Gabriele Mainetti, già regista dell’acclamato “Lo chiamavano Jeeg Robot” (2015). In questa pellicola, egli non si limita al ruolo di regista ma, insieme a Nicola Guaglianone, ne è anche lo sceneggiatore. Questo dettaglio ci fa comprendere come Mainetti stesso abbia fatto un passo avanti rispetto al film precedente: tutto ciò che vedremo è frutto della sua mente, della sua fantasia e questo dà alla pellicola una nota molto personale ed introspettiva.
Il Leoncino d’Oro 2021
La novità e la particolarità di “Freaks Out” erano già state notate e premiate a settembre 2021 in occasione della 78a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con la vincita del Leoncino d’Oro, assegnato dalla giuria dei giovani di Agiscuola. La motivazione è stata la seguente:
“Un’imprevedibile atmosfera conquista lo spettatore proiettandolo in un mondo tanto spettacolare quanto catastrofico. Tra tendoni da circo e campi da guerra, quattro protagonisti, nella loro diversità, esprimono la necessità di essere umani. Un’opera innovativa e coraggiosa, che racchiude in una grande avventura fra sogno e realtà, tutto l’amore per il cinema”.
Recensione
In una Roma dilaniata dalla Seconda guerra mondiale lo spettatore viene fin da subito catapultato nel circo di Israel (Giorgio Tirabassi) per assistere alle insolite e mirabolanti esibizioni della sua compagnia di freaks.
Viene riproposta qui la tradizione dei cosiddetti “Freakshow”, quegli spettacoli a pagamento principalmente in voga negli Stati Uniti tra XIX e XX secolo che consistevano nell’esibizione di persone con rarità biologiche.
Già dai primi fotogrammi si inizia a percepire quell’atmosfera felliniana che ritroviamo, per esempio, ne “La strada” (1954). Il circo e i “fenomeni da baraccone” sono d’altronde temi molto cari non solo al cinema ma anche alla letteratura e all’arte: pensiamo al “periodo rosa” di Picasso in cui egli dipingeva arlecchini, pagliacci e artisti di carnevale.
I freaks di Israel sono apparentemente alcuni dei tanti “reietti” che, chi per un motivo chi per l’altro, sono stati rigettati dalle proprie famiglie a causa delle loro anomalie fisiche e/o mentali.
Attraverso gli occhi del pubblico pagante, facciamo la conoscenza di Matilde (Aurora Giovinazzo), la “ragazza elettrica” e Cencio (Pietro Castellitto), un ragazzo albino capace di controllare tutti gli insetti.
Incontriamo poi Fulvio (Claudio Santamaria), dotato di una forza sovrumana e affetto da ipertricosi che sembra ricalcare la figura realmente esistita di Pedro Gonzalez, nobile spagnolo del XVI secolo affetto anch’egli da ipertricosi e possibile fonte di ispirazione per la fiaba “La Bella e la Bestia”.
Infine entra in scena Mario (Giancarlo Martini), un nano con un leggero ritardo mentale e la capacità di attrarre a sé qualunque oggetto metallico.
Per loro il circo rappresenta l’unico modo per sopravvivere in una società che non li vuole ma quando Israel, la loro guida, il padre e la madre che non hanno mai avuto scompare, rimangono solo “‘na banda de mostri”.
Tuttavia, sarà proprio questa banda di mostri, questi improbabili fantastici quattro che salveranno non solo Israel ma il mondo intero da un catastrofico destino.
Come in tutti i grandi film che si rispettino anche in “Freaks Out” non può mancare l’antagonista, il villain che cercherà in tutti i modi di annientare le nobili intenzioni dei nostri protagonisti.
Qui è rappresentato da Franz (Franz Rogowski), un pianista tedesco. Egli è anche un freak: ha sei dita per mano e possiede poteri di chiaroveggenza. Si esibisce al prestigioso Berlin Zircus, un sontuoso spettacolo allestito dai nazisti che hanno occupato Roma.
Utilizzando il personaggio di Franz come espediente “filmico”, Mainetti non si limita a dividere il mondo in buoni e cattivi, a dare una visione drammaticamente manichea della realtà e della Storia.
Fa qualcosa di più profondo, andando a scandagliare la mente e l’anima dell’uomo per risalire al perché di certe scelte. Attenzione, non si tratta di giustificazioni ma della volontà di comprendere come si possa passare al “lato oscuro”.
Prendendo in prestito le stesse parole del regista romano:
“Franz è un freak, e per questo come gli altri ha del meraviglioso. A miglia di distanza dal cattivone punto e basta, prossimi ad un’anima afflitta, per contrasto lo abbiamo arricchito di “cose buone”, senza inutile compassione, ma con sofferta comprensione. Il nostro villain, al di là dell’orrore con cui si definisce, è un “mostro” di un talento più unico che raro. Come gli altri è di fronte ad un bivio catartico, però, proprio perché cattivo, prima con se stesso e poi con gli altri, non può che scegliere la strada sbagliata”.
Questa è la sostanziale differenza tra Franz e i freaks di Israel. Anche se tutti loro odiano se stessi per quello che sono, grazie alla piccola Matilde, la Dorothy della Città Eterna, riusciranno a non vedere più le loro anomalie come una maledizione ma come un dono per aiutare gli altri. Non più scherniti ma ammirati.
Attraverso una splendida fotografia, interpretazioni impeccabili tra le quali risalta in particolare quella di Aurora Giovinazzo (classe 2002) e anacronismi perfettamente riusciti (come non dimenticare Sweet child O’ mine dei Guns N’ Roses e Creep dei Radiohead riarrangiate da Franz), “Freaks Out” è davvero un film da non perdere che mette d’accordo tutti i tipi di pubblico.
È anche e soprattutto una lettera d’amore al cinema e all’Arte in generale. Questo amore viene esplicitato in una delle battute di Israel: “A noi non ci separa nessuno, manco la guerra!”. Quel “noi” sono i freaks, il circo, il teatro, la musica, il cinema e tutte le forme di creazione artistica sulle quali i nazisti di ogni epoca non avranno mai la meglio.
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