Nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha decretato il 21 marzo Giornata Mondiale della Sindrome di Down. Tema di quest’anno #EndTheStereotypes”- Basta agli stereotipi.
La storia è semplice: la più comune causa genetica di disabilità intellettiva è dovuta alla presenza, parziale o totale, di un cromosoma 21 in sovrannumero (trisomia 21). Si stima che l’attuale prevalenza nella popolazione generale vari tra 1:1000 e 1:2.000 nati (fonte Ospedale Pediatrico Bambin Gesù Roma). Nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha decretato il 21 marzo Giornata Mondiale della Sindrome di Down con il chiaro intento di sensibilizzare l’opinione pubblica.
La campagna #BastaStereotipi.
“Il tema di quest’anno richiama l’attenzione sulla necessità di superare i pregiudizi che ancora riguardano le persone con la sindrome di Down con l’hashtag ufficiale #EndTheStereotypes”- Basta agli stereotipi.” Così l’Associazione Italiana Persone Down lancia uno spot pubblicitario con l’intento non solo di superarli, ma di rovesciarli completamente, dimostrando quanto la realtà possa essere diversa da ciò che sembra. In pochi minuti, una piccola storia che, con il linguaggio del film horror, dimostra quanto la realtà possa essere diversa da ciò che sembra, deformata dalla lente del pregiudizio.
Perché una persona con sindrome di Down spesso può e vuole diventare una risorsa sociale, capace di rispondere a un bisogno. Per esempio, capace di accudire, di prendersi cura addirittura di un bebè. È questa capacità che lo spot vuole mostrare: una capacità di cui la società pare non rendersi conto. Come emerso dall’indagine svolta da AIPD poco più di un anno fa, quasi il 45% degli over 45 con sindrome di Down ‘non fa nulla e sta a casa’, perché sul territorio mancano servizi e risorse adeguati. Una carenza che a sua volta è frutto del peggiore degli stereotipi: quello che considera le persone con sindrome di Down eterni bambini, mai adulti che, in quanto tali, hanno bisogno di contesti in cui esprimere le proprie capacità.
Studiare per diventare un vero Down.
Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Michele Giorgio, sociologo, una vita passata per i disabili e delegato nazionale della Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali (Fisdir). Una storia semplice:
“Marco, un ragazzo con la sindrome di Down, nasce in una famiglia che riesce a rendere positivo un evento vissuto male da altri. Marco è felice, vive intensamente i rapporti con il suo gruppo familiare: ama il basket, segue tutti gli incontri della Roma, portando con sé il fratello. I cestisti ben presto si accorgono della presenza di questo scatenato tifoso, sicché in molte occasioni di punti si avvicinano per scambiare attimi di gioia. Il fratello, giornalista, sfrutta questa opportunità e diventa un giornalista a buon livello. In un incontro Marco mi parla della sua esperienza, dei progressi professionali del fratello giornalista. “Pur tuttavia”, aggiunge, “il mio caro fratello, deve studiare un po’ di più, solo così diventerà un vero Down”.
I dati dell’OMS.
L’incidenza stimata della sindrome di Down è compresa tra 1 su 1.000 e 1 su 1.100 in tutto il mondo. Nascono da 3.000 a 5.000 bambini con questa disabilità cromosomica. E in Italia le stime indicano circa 40mila persone con la sindrome, un bambino ogni 1.200 nati (Organizzazione Mondiale Sanità).
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