Nel Cinquecento Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, incarnava appieno lo spirito della cristianità e del decoro. La moglie perfetta per il principe Arturo, futuro re d’Inghilterra.

Non sei mia moglie! Si dice che una vita priva di scelte sia qualcosa di riposante. E in questo caso chi poteva essere più riposata di una regina a cui veniva chiesto unicamente di onorare il marito, generare figli e pregare? Caterina sembrava pronta a compiere il suo dovere e tutti attendevano grandi cose da questa unione. Si dice anche un’altra cosa, però. Ovvero che la vita sia quello che succede quando si è impegnati in altri progetti: questo matrimonio fu piuttosto breve, a cinque mesi e un giorno dalle nozze Arturo morì, lasciando una vedova di sedici anni vergine e lontana dalla famiglia.

Caterina fin da giovanissima apprese l’arte di mostrarsi forte davanti all’incertezza, paziente quando ancora una volta, altri decisero il suo destino.


Si stabilì che andasse in sposa al fratello minore di Arturo, Enrico. Sette anni d’attesa. Il tempo che un bambino diventasse uomo, videro la futura regina in solitudine e povertà, pia nel suo presente e fiduciosa di un futuro che, le avevano detto, sarebbe arrivato.

Finalmente, come sancito da altri, la triste spagnola divenne regina d’Inghilterra accanto al suo nuovo consorte, Enrico VIII. Una dispensa papale diede lo straordinario permesso, poiché il matrimonio con Arturo non fu mai consumato. Così Caterina fu libera di sposare il cognato.

Le fonti ci dicono che i due sovrani si amarono moltissimo. E che la regina iniziò a compiere le proprie scelte insegnando a Enrico come essere re, sostenendo le sue battaglie e godendo della considerazione reale in sede di consiglio. Il sovrano la rispettava e la portava nel cuore al punto da sostenerla quando, otto settimane dopo la sua nascita, Iddio chiamò a sé il loro primo figlio, un maschio.

La figlia di Ferdinando non si piegò neanche davanti alla minaccia scozzese. Con il consorte sul fronte di Francia, Caterina fu nominata reggente e intraprese una guerra contro gli scomodi vicini, pronti all’invasione.

Fu il successo militare di Caterina a incutere timore nel marito?

Certo, c’era molto da invidiare a questa donna dal polso d’acciaio. Il re, dalla Francia, non tornò con un successo definitivo e in aggiunta, la regina in Inghilterra era amatissima da popolo, una salvatrice.

E i figli?


Ci si aspettava che il ventre di Caterina fosse fertile e ospitasse il futuro erede al trono. Quanto disappunto da Enrico, che divenne padre di una femmina e di un considerevole numero di aborti! Eppure, l’amore del re non esitò mai. Nonostante le tante amanti, il monarca poteva contare sull’amore e sul perdono della paziente moglie, nel cui letto tornava sempre.

Man mano che Enrico cresceva, acquisendo capacità di governo, il ruolo di Caterina fu sempre più ricacciato ai margini. La donna non doveva impicciarsi degli affari di stato, ormai scomoda per quel che rappresentava, piuttosto che per quello che faceva.

E cosa rappresentava, Caterina?

Un’ancora salda con il papato, grazie alla sua fede incrollabile e alla sua parentela strettissima con l’imperatore del Sacro Romano Impero, Carlo V. Una presenza ingombrante, poiché all’Inghilterra serviva l’amicizia della Francia per limitare la potenza tedesca.

In quel clima, Caterina soffriva la presenza di consiglieri del re a lei avversi. E di tutti quelli che cercavano di far odorare al sovrano le gonne delle loro figlie, al fine di averne vantaggi. In quel clima, infatti, la regina si trovò a soffrire una delle sue damigelle, lady Anna Bolena.

Anna non era come le altre amanti, Anna comprendeva il valore dell’attesa e del desiderio e pian piano, capì che la regina poteva essere detronizzata.
Caterina capì che avrebbe dovuto combattere, e prendere nuove decisioni. Scelse di rimanere la regina d’Inghilterra, prima di tutto. Non importava cosa dicesse Enrico, non importava di dividere le opinioni dei lord inglesi. Non importava che il re, suo marito, negasse il loro matrimonio a costo di staccarsi completamente dalla chiesa di Roma.
La regina fu chiamata a processo, furono istituite commissioni, altre persone a decidere della sua vita.

Per l’immagine si ringrazia Vox Clamantis
Ma Caterina non si affidò più a nessuno, se non a se stessa.

Avreste mai detto che per tirare fuori il peggio di un uomo è necessaria la virtù di una donna?
Levitico in mano, Enrico contestò la dispensa papale facendo leva su un passo che destinava a una vita senza figli colui che avesse sposato la moglie di suo fratello, a Caterina fu contestata la verginità con cui era arrivata alle seconde nozze.

La sovrana affrontò il processo con coraggio e dignità. Con coraggio e dignità fronteggiò l’allontanamento dalla corte, la diminuzione costante della sua rendita e la separazione dalla figlia Maria, che più di tutto rischiava la condizione di bastarda.

Caterina si spense pregando per la sua anima e per quella di Enrico VIII, suo re e suo marito. Non smise mai di amarlo, perdonarlo o sentirsi sua moglie. Non smise mai di pregare per lui.

Vedete, la storia di Caterina è forse tra le più intense dimostrazioni di come una donna, resa forte dalla vita possa accettare con regalità ogni sfida lanciatale dal destino. Questa sovrana, che ha lottato con le unghie e con i denti per guadagnare il proprio posto nel mondo, non ha mai arretrato di un centimetro, non ha mai rinunciato a niente di ciò che potesse definirla: non alla fede, non alla figlia o alla corona. In molti la giudicano soltanto una povera sfortunata, in realtà è stata una leonessa capace di lottare per i suoi diritti fino all’ultimo respiro, di far valere la propria voce in un mondo sordo alle donne, regine o popolane che fossero.

Cosa impariamo, quindi, dalla regina triste?


Impariamo a darci un obiettivo e perseguirlo con costanza, a non mortificarci per la nostra intelligenza. Da Caterina, impariamo che la nostra dignità vale più di tutto ciò che possono toglierci.