Regina mecenate e ambasciatrice dell’arte e della cultura italiana, Caterina de’ Medici fu nipote di Lorenzo il Magnifico, moglie di Enrico II di Valois, donna di rara intelligenza e carisma e di grande cultura e diplomazia – seppure piuttosto controversa – rappresenta il “Rinascimento” italiano alla corte francese.
Di lei sappiamo anche che fosse dedita alla magia e collezionista di veleni, chiamata con accezione sprezzante dai francesi “La Mercantessa”, per il suo lignaggio non antico ma di matrice borghese. Nel 1533 la quattordicenne Caterina de’ Medici andò sposa, in un matrimonio combinato, al Duca d’Orléans, futuro re di Francia anch’egli quattordicenne, diventando quindi regina consorte di Francia dal 1547 al 1559 e reggente 1560 al 1563. Come “regina madre” ha messo al mondo ben tre re di Francia: Francesco II, Carlo IX ed Enrico III.
Le ricette francesi che parlano italiano
Molti sono i piatti francesi – Dalle crêpe alla soupe à l’oignon fino alle omelette – che in realtà hanno natali italiani, in particolare fiorentini, ed entrati nella tradizione d’Oltralpe secoli fa proprio grazie a Caterina de’ Medici. Quando l’allora duchessa di Urbino andò in sposa ad Enrico di Valois portò con sé uno stuolo di servitori, una vera e propria corte, tra cui cuochi e pasticceri, e con loro gli aromi e i sapori della cucina toscana, alla quale la donna era molto affezionata. I cuochi fiorentini hanno riformato l’antica cucina francese di tradizione medievale e i francesi poi hanno avuto l’abilità di rielaborare quelle ricette e renderle pilastri della loro cultura culinaria. Per esempio, la salsa colla divenne la béchamel, la carabaccia fu trasformata nella soupe aux oignons, le frittate in omelettes, i fazzoletti della nonna divennero crêpes. Anche l’anatra all’arancia fu trasformata in canard à l’orange e divenne la portata regale per eccellenza che non poté più mancare nei grandi banchetti di corte di tutti i regni allora esistenti. Inoltre la stessa Caterina avrebbe portato in Francia il pane bianco o pan de la Reine.
Per qualcuno si tratta solo di un mito, quello di Caterina de’ Medici madrina della cucina made in Italy alal corte di Francia, ma ci sono molte a sostenere questa versione, proprio tra storici ed esperti di arte culinaria francese, seppure è noto la regina portò con sé in Francia cuochi del Mugello e un gelataio di Urbino, in più è un dato certo che nella collezione dei libri appartenuti a Caterina de Medici vi sarebbe stata l’Opera di Bartolomeo Scappi, detto il Platina (1500 – 1577), libro di cucina che si ritiene pubblicato nel 1570, quando Caterina era da tempo regina. Un’ulteriore conferma arriverebbe da una recente pubblicazione del 2018, “La table de la Renaissance. Le mythe italien” scritto a più mani e curato da Florent Quellier – storico e professore di Storia dell’alimentazione presso l’Università di Tours –, che raccoglie i contributi di diversi autori, mettendo in evidenza l’influenza della cucina italiana su quella francese dell’epoca fino a oggi.
Le acquisizioni e contaminazione da parte della cucina francese sono tante e sarebbero troppe per stare qui a parlarne come in un trattato di cucina, quindi mi limiterò ad alcuni riferimenti, più comuni forse ma per questo ancora più significativi.
- Il Canard à l’orange ha il suo antenato nel Papero al Melarancio. Pare infatti che il piatto originale venne proposto dai cuochi siciliani al banchetto nuziale di Caterina de’ Medici e Enrico II. L’abbinamento carne/frutta, che è la particolarità di questa ricetta, ha chiare radici nella cucina arabo-sicula.
- Le Crêpe, ovvero le “pezzole della nonna“, appartengono alla storia della Toscana antica, poi arrivate dalle campagne alle cucine di casa Medici dove vengono preparate come crespelle con la “salsa colla” (l’antica besciamella, o bechamel ). Il nome è stato frutto di una naturale commutazione linguistica: la pezzola in toscano indica una piccola pezza di un particolare tessuto di lana con delle pieghe, che tradotto in francese rinascimentale: diventa crèspe, e oggi crêpe. Nei menù di ristoranti sono conosciute anche col nome di “Crêpes à la florentine”.
- La Soupe à l’oignon prende spunto dalla zuppa di cipolle fiorentina, la “carabaccia” toscana, originaria di Certaldo, importata alla corte del re di Francia Enrico II d’Orléans da Caterina.
- Le Omelette sono semplicemente l’evoluzione delle nostre frittate – chiamate pesce d’uovo –, gustate dalla famiglia Medici da generazioni che Caterina porta con sé Oltralpe: una preparazione di uova e verdure saltate che piace ai nostri cugini d’Oltralpe. È buffo pensare che oggi usiamo il nome francese per indicare un piatto nostrano.
- Anche i notissimi Macarons arrivano in Francia passando da Firenze, ma non avevano un nome ben definito: il loro nome deriva forse dal verbo ammaccare, secondo alcuni, mentre per altri sarà Rabelais a nominarli macarons, storpiando il nome del cibo italiano più conosciuto. La leggenda narra che siano nati a Venezia nel XVI secolo per poi essere serviti come dolce di corte al matrimonio reale con il duca d’Orlèans.
- La Neve di latte, ossia panna montata e addolcita con miele o zucchero: François Vatel ne cambiò il nome in Crème Chantilly in onore al Principe di Condé.
- Crema pasticciera: simile a una salsa colla, ma con aggiunta di zucchero e di miele: latte variamente aromatizzato, legato con uova e farina, e dolcificato con zucchero e miele. Crema golosa in cui Caterina intingeva della frutta e dei biscotti; spesso allungata da un liquore.
- Zabaione, una crema emulsionata e calda piacque moltissimo ai francesi che la chiamano “Sabayon“. Diede lo spunto per tutte le salse emulsionate calde della cucina francese, a base di burro e uova: olandese, bearnaise, maltese e tante altre. I limoni – difficili da trovare – vengono sostituiti con aceto, spesso aromatizzato con erbe (al dragoncello, soprattutto).
A tavola, buone maniere o bon ton?
Caterina de’ Medici fu anche la regina del galateo a tavola. Di fatto introdusse sia un nuovo modo di consumare i pasti, sia il susseguirsi delle varie portate: la tavola voluta da Caterina era apparecchiata con tovaglie damascate e ricamate, insieme ai tovaglioli, e i piatti venivano cambiati tra una portata e l’altra. Inoltre introdusse l’uso della forchetta perché i francesi mangiavano ancora con le mani come era consuetudine diffusa allora utilizzare le tre dita principali per portare il cibo alla bocca con affettata eleganza. I pasti era accompagnati sempre dalla musica.
Caterina modificò infatti il menù di Corte, che consisteva quasi solamente in piatti di carne di vario tipo. Ella introdusse infatti molta verdura (ad esempio i carciofi, sconosciuti in Francia, e per i quali lei aveva una particolare predilizione), la frutta e i sorbetti. Venne introdotta la pasta (maccheroni, tagliatelle e lasagne). I pranzi della famiglia reale erano costituiti da una processione di piatti proposti dal capo cameriere. I paggi servivano le pietanze su biancheria da tavola profumata con acqua di trifoglio e meliloto. La tovaglia era ornata da garofani e stelle di zucchero. Piatti d’argento erano sempre ricolmi di confetti e finocchio.
Si iniziarono inoltre a portare le vivande in tavola non più alla rinfusa, come erano soliti fare fino ad allora, ma divise per qualità, separando i piatti salati da quelli dolci. Prima di tutto il servito freddo – ossia i nostri antipasti –, poi i piatti di carne o di pesce e le verdure, accompagnate da salse per tutti i gusti. Per concludere il pasto, i dolci – come la pasta choux, le creme, i fritti, le focacce, le schiacciate, le susine cotte in intingolo – e poi la frutta, d’ogni specie, spesso esotica, proveniente dai domini spagnoli del Nuovo Mondo.
Con la Regina Caterina si afferma il piacere della tavola in tutto il suo sfarzo. Cronache del tempo riportano il menu del pranzo di gala dato in suo onore dalla città di Parigi nel 1549 in cui vengono servite pietanze che devono essere divisibili per tre, il numero perfetto della superstiziosa regina: «33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia di fagioli, 3 staia di piselli e 12 dozzine di carciofi». Definì afrodisiaci molti alimenti: cardo, scalogno, zucchine, sedano, funghi, fave, cipolle, ma i carciofi cotti nel vino furono i suoi prediletti.
“Pomander”, “french kiss” e altre curiosità by Caterina de’ Medici
Caterina de’ Medici italianizzò la sua corte, imponendo modi e mode nuovi che nel tempo si sono talmente integrati nella cultura d’Oltralpe da esserne considerati una tipicità, tra questi c’è anche il profumo. Fra le persone che la novella sposa di Enrico II condusse con sè, si annovera di fatto il suo profumiere di fiducia, Renato Bianco, poi francesizzato in René le Florentin: Caterina era solita portare al collo dei pomander, delle sfere contenenti profumo solido, appositamente creato per lei; in Italia venivano chiamati melograni odorosi ed erano una novità per i francesi che ne furono affascinati.
René le Florentin diventò ben presto molto celebre e richiestissimo. In Francia, egli andò alla ricerca di sempre nuovi ingredienti per le sue creazioni profumate, trovando nella regione di Grasse – ancora oggi la capitale mondiale del profumo – le materie prime migliori per le sue essenze. La nobiltà francese si appassionò a questi prodotti, che facilitavano i rapporti personali, ingentiliva gli approcci e contribuiva a incentivare il prestigio di chi lo indossava.
Caterina de’ Medici proveniva – come sappiamo – da Firenze, dove i profumi erano regolarmente indossati dalle dame di ricco lignaggio o nobile casato, e quasi tutti i conventi dei maggiori centri urbani d’Italia avevano almeno un frate alchimista che si dedicava alla lavorazione delle erbe e all’estrazione delle loro essenze. Fu ovvio per lei, quando nel 1533 andò sposa al futuro re di Francia, Enrico d’Orléans, assegnare al suo seguito, tra paggi, dame di compagnia, frati e guardie pontificie, anche il proprio profumiere di fiducia Renato Bianco che scoprì una società a suo modo raffinata, ma che esalava un odore pestifero. E René le Florentin, come venne più tardi chiamato dai parigini, si mise al lavoro contribuendo alla nascita di una miriade di novelli profumieri che aprirono botteghe in tutta Parigi per provvedere a una società bramosa di essenze profumate.
Forse per la Corte francese fu una necessità (il clima temperato delle nostre terre invogliava a immergersi in tinozze colme d’acqua e a strofinare la pelle e le nostre odorose fanciulle non necessitavano dell’aspersione quotidiana di liquidi odorosi), o forse fu la sensibilità del popolo dei cicisbei a far rinascere e a diffondere il profumo, attribuendo nobiltà e prestigio a un elemento che gli Italiani già da tempo conoscevano e trattavano come un comune cosmetico; in ogni caso, i francesi ci tolsero il primato di profumieri, che per più di due secoli divenne quasi di loro esclusiva.
Caterina de’ Medici lascia la sua impronta su molti aspetti della vita quotidiana. Per esempio pare che, da donna sessualmente disinibita, spiegò ai francesi – o, meglio, alle francesi – come ci si dovesse baciare: quella tecnica diffusa in tutto il mondo e che viene oggi detta “bacio alla francese”, rinnegandone così le origini italiani.
L’introduzione delle mutande è attribuibile pure a lei, poiché le usava quando cavalcava montando non all’amazzone ma alla moda maschile. Non si limitò a un uso personale di tale indumento, sconosciuto all’epoca alle donne della corte francese, alle quali volle mostrarlo e queste subito lo adottarono a loro volta, poiché imitando la sovrana nel suo modo di cavalcare, ie gonne si sollevavano mettendo le gambe in bella mostra, e a volte anche altro… destando scherno e sollazzo al punto che le “cavallerizze” furono costrette a indossare le coulottes, note in Francia in quel periodo con il nome di calesons che in realtà erano un indumento specifico dell’abbigliamento maschile e ciò fece gridare allo scandalo i benpensanti e i bigotti.
Caterina curò le scuderie reali più di qualunque altro re francese, lei amava moltissimo i cavalli, che voleva “particolarmente resistenti” per sostenere il suo peso, aumentato notevolmente con il passare degli anni. E pesante che Caterina si dedicò all’equitazione fino ai 60 anni e più. Amava anche la caccia e usava sia piccole armi da fuoco che la balestra e pare avesse una mira perfetta. Di sicuro era preferibile essere sua amica!
Caterina de’ Medici portò dunque come dote al marito e alla Francia la cultura, gli usi e i costumi di Firenze, la raffinatezza dei modi a tavola e la cucina.
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