Considerato il polmone verde della città, il Parco del Valentino è uno dei parchi cittadini più estesi d’Europa.  Al suo interno troviamo l’omonimo Castello, la Fontana dei Mesi e il Borgo Medievale, ma è a quest’ultimo che mira la mia passeggiata virtuale che propongo con questo articolo, partendo dall’ingresso vicino al Ponte Umberto I, segnalato idealmente dal Monumento all’Artigliere, eretto nel 1930 e noto anche come Arco del Valentino.

Gli alberi si specchiano nelle acque tranquille del Po, tagliate di tanto in tanto dal passaggio di canoe e dalle vogate. Alcune fronde declinano dolcemente seguendo l’andamento delle sponde verso il fiume rimanendo sospesi a breve dallo specchio liquido e altre arrivano a pelo d’acqua. Gli scoiattoli sono una simpatica presenza che animano la vegetazione e intralciano il cammino di chi passeggia. Tra prati e viali alberati, e interessanti e inaspettate architetture, è il luogo ideale per momenti di relax o per fare sport…  ma anche per un set televisivo d’Oltremanica. Infatti, un anno fa si concludevano i sette giorni di riprese a Torino della seconda stagione della serie britannica “A Discovery of Witches”, in onda in Italia dal 16 gennaio 2021 su Sky Atlantic, e la principale location nel capoluogo piemontese è stato il Borgo Medievale che sorge nel Parco del Valentino.

“A Discovery of Witches” nella città della stregoneria



La serie è un thriller fantasy-horror con protagonisti il vampiro Matthew (Matthew Goode, “Downton Abbey”) e la giovane strega Diana (Teresa Palmer, “Hacksaw Ridge”), adattamento del bestseller “The All Souls Trilogy” (“La trilogia delle anime”) di Deborah Harkness. La sua prima stagione ha riscontrato un notevole successo classificandosi come migliore serie drammatica del National Television Awards e questo ha convinto i produttori della Bad Wolf a continuare con una secondo ciclo di puntate che hanno visto appunta la città sabauda scelta per i nuovi set. Il Borgo Medievale è diventato così cornice storica di rilievo, ma molte scene sono state girate anche nel Parco del Valentino con la sua bellissima Fontana dei Dodici Mesi e in alcune vie del centro storico (via Accademia, via XX Settembre e via Gobetti). Le riprese sul territorio italiano sono proseguite ancora nelle settimane successive in altre location in Veneto e Alto Adi

Beh, penso che scelta non potrebbe essere stata più calzante, non solo per la suggestione del Borgo Medievale che lascia davvero assaporare l’autenticità dei secoli passati (seppure sia un “falso storico”) ma non dimentichiamo che Torino è strettamente connessa con la tradizione esoterica e, non a caso, denominata “la città magica”: di fatto, il capoluogo piemontese è noto per essere una delle punte di entrambi i triangoli di magia nera – con Londra e San Francisco – e magia bianca – con Praga e Lione – del mondo. Si narra che la città sia diventata uno dei punti del triangolo della magia bianca in quanto costruita nel punto in cui il fiume Po (che indicherebbe il Sole) e la Dora (che sarebbe invece la Luna) confluiscono e perché dotata di “porte” nei punti cardinali; inoltre, il 45° parallelo passa per il centro della città, accumulandovi una grande quantità di magia positiva, per non parlare di diverse costruzioni che rispecchiano criteri e orientamenti dei principi esoterici.

Possiamo dire che le streghe e le creature magiche qui possono essere di casa. La protagonista di “A Discovery of Witches” è Diana Bishop, una giovane storica studiosa di alchimia e una strega che nasconde un passato inquietante, trascinata suo malgrado in un mondo di vampiri, demoni, streghe dopo aver trovato un antico manoscritto che la costringe a riconoscere il proprio lato magico. E nella nuova stagione ritroviamo  Diana con il vampiro Matthew e i due saranno trasportati indietro nel tempo nella Londra elisabettiana, per nascondersi dalla Congregazione che da loro la caccia. E proprio qui entra in scena il Borgo Medievale di Torino.

La storia moderna di un borgo del XV secolo



Si passeggia nel Parco del Valentino tra sentieri, laghetti con anatre, scenografie di roccia, zampilli, roseti, da un lato, mentre a sinistra continua a scorrere placido e silenzioso il Po e si passa alle spalle del cosiddetto Castello del Valentino con i suoi tetti spioventi alla francese, un tempo una delle residenze sabaude, oggi sede universitaria, finché ci si apre davanti quell’inaspettato prospetto di svettante torri medievali, incassate in un muro di cinta e sulla facciata di pietra, sull’arco che permette di accedere al borgo, pitture murarie. L’impressione carica di suggestione è immediata, un balzo nel XV secolo, e si immaginano gli stendardi che si agitano, i venditori nelle loro botteghe, gli abitanti del borgo indaffarati nella loro quotidiana. Seppure l’immaginazione può rievocare la vita di un luogo simile e in un tempo lontano ben oltre sei secoli, la verità è che il borgo medievale del Parco del Valentino non è realmente molto datato poiché si tratta di un’attenta ricostruzione storica – seppure non meno affascinate di uno reale – di un tipico villaggio medievale piemontese, opera di Alfredo D’Andrade, che lo concepì in occasione dell’Esposizione Universale che si svolse a Torino nel 1884. È un museo a cielo aperto ed entrarvi, attraverso il ponte levatoio, vuol dire lasciarsi alle spalle la Torino del XXI secolo – come prendere una macchina del tempo – viaggiando indietro di secoli per muoversi tra portici, fontane, le case, botteghe artigiane, giardini e un castello che ti guarda dall’alto della sua mole imponente.

Era dunque il 1884 quando nacque il Borgo Medievale quale Sezione di Arte Antica dell’Esposizione Generale Italiana di Torino, per riprodurre un borgo feudale del XV secolo. Gli edifici, le decorazioni e gli arredi furono riprodotti fedelmente da esempi piemontesi e valdostane del Quattrocento. Per lo studio e la progettazione del castello furono chiamati a collaborare storici, tecnici, conoscitori e artisti, tra cui l’architetto Alfredo D’Andrade: grande cura e perizia furono posti nella scelta dei particolari costruttivi e vennero messi in atto tutti gli espedienti per ricevere il visitatore in una sorta di realtà immersiva 1.0,  in un mondo diverso rispetto alla città di fine Ottocento che era andata intanto sviluppandosi. L’unica strada del villaggio, la via maestra, si sviluppa tutta a zig-zag per apparire più lunga e offrire sempre nuovi scorci al visitatore e il gorgoglio della fontana posta immediatamente prossima all’ingresso – al di là delle mura merlate, subito dopo il ponte levatoio – segna uno stacco acustico per chi entra nel Borgo, mentre le botteghe danno l’illusione di un villaggio vivo, vissuto. L’intento di creare un luogo pittoresco e illusivo non era però l’unica finalità degli ideatori del Borgo, che miravano piuttosto a scopi didattici, educativi, e alla tutela del patrimonio storico-artistico piemontese e valdostano. In particolare – come si legge nel Catalogo – alla Commissione ideatrice interessava dimostrare che cos’è uno stile (nel nostro caso specifico, lo stile gotico) e come esso permei tutti gli aspetti della vita materiale di un’epoca, inoltre si intendeva salvaguardare la qualità dell’artigianato tradizionale e portare l’attenzione su quel patrimonio architettonico e decorativo del territorio pedemontano messo già in pericolo per i repentini mutamenti introdotti dall’industrializzazione.

Sulla via che percorre il villaggio si aprono alcune botteghe che sono le eredi delle attività artigianali introdotte nel Borgo fin dal 1884. La presenza delle botteghe era finalizzata a valorizzare l’artigianato tradizionale di qualità in un momento in cui l’avviato processo di industrializzazione ne metteva in forse la sopravvivenza. All’inaugurazione del Borgo vi erano la bottega del vasaio, della tessitrice, dello speziale, del falegname, del fabbro, del ramaio, la bottega in cui si riproducevano oggetti artistici, l’Ospizio per accogliere i pellegrini, l’“Osteria all’usanza antica” (con cibi medievali) e “l’Osteria all’usanza moderna” (con cibi contemporanei). Le case del villaggio erano poco più che quinte teatrali, fatta eccezione per la Casa di Avigliana, che ospitava la biglietteria e gli uffici, e per la Casa di Borgofranco, dove era ambientata la taverna con l’attiguo ristorante San Giorgio. Oggi sono presenti le botteghe del ferro, un negozio di souvenir e sotto il portico della Casa di Bussoleno è allestita una cartiera.  Punto focale, per la posizione elevato rispetto al percorso del Borgo è la Rocca, la dimora signorile fortificata, con stanze sontuose ricche di mobili, suppellettili, tessuti, a mostrare gli usi di vita del XV secolo; le corazze, le armi, i passatempi lasciati nel camerone degli uomini d’arme, la sala da pranzo, la cucina, la camera da letto con il grande baldacchino dalle cortine ricamate e la cappella offrono un’idea tangibile di un castello sabaudo del Quattrocento. L’enorme lavoro di reperimento e riproduzione dei modelli procedette a ritmo accelerato: il 12 dicembre 1882 si pose la prima pietra della Rocca, il 6 giugno 1883 si pose la prima pietra del villaggio, il 27 aprile 1884 il Borgo venne inaugurato alla presenza dei sovrani d’Italia, Umberto e Margherita di Savoia.


Il borgo era destinato alla demolizione una volta terminata la manifestazione, però fu accolto da un così ampio consenso e successo –  e direi che non c’è da meravigliarsene! – da diventare un sito permanente, e infatti è tutt’oggi lì sulle rive del Po, nel Parco del Valentino, a incantare passanti e visitatori.