L’Acropoli di Atene si riveste di cemento e calcestruzzo… Alzi la mano chi, quando si parla dell’Acropoli di Atene, non indirizza la propria mente verso gli antichi eroi greci, i volubili e spesso poco regali dei dell’Olimpo, i grandi filosofi che per primi hanno dato forma e struttura al pensiero umano.
A me capita tutte le volte e dato che i miei studi mi hanno portato ad approfondire i mondi passati non posso non pensare anche a quanti cittadini abbiano calcato la strada che porta direttamente al tempio di Atena, il Partenone, e qui abbiano svolto i loro affari, abbiano incontrato gente, insomma abbiano reso viva e poliedrica un’area che noi oggi ammiriamo, studiamo, ma che forse non comprendiamo sino in fondo, tanto da “ridurla” a mero luogo di turismo massivo.
In questi giorni intorno all’Acropoli, un vero e proprio museo a cielo aperto, si è aperta un’accesa discussione inerente i piani di ristrutturazione e riqualificazione dell’area. Gli interventi messi in atto sulla carta sono più che legittimi e forse anche un po’ tardivi ci verrebbe da aggiungere: l’obiettivo è migliorare l’accesso e la fruizione di questo luogo ricco di fascino e storia per le persone diversamente abili.
Allora dov’è il problema? Proprio sulla messa in opera di questa lodevole iniziativa che pare non vedere i favori nemmeno dei diretti interessati, che appena hanno visto la colata di cemento di un colore grigio scuro che cozza decisamente con il rosa della pietra hanno gridato allo scandalo. Sì, perché per rendere la salita all’Acropoli agibile e accessibile si è pensato di cementare l’antico camminamento, vecchio di 2500 anni, con del cemento del XXI secolo poco traspirante e drenante tanto che alla prima pioggia il Partenone si è allagato, cosa che non era mai accaduta da che fu edificato. Come se non bastasse, sempre le associazioni occupate nel sociale hanno fatto notare che comunque questa nuova viabilità non potrà essere utilizzata dalle persone in carrozzina, poiché la strada risulta essere troppo ripida e le curve troppo strette.
Non sono pochi gli intellettuali che si sono uniti dando vita a “Acropoli Sos” attraverso il quale hanno lanciato un appello affinché questo scempio venga fermato e si pensi a un piano sì di riqualifica ma che tenga conto del luogo e della storia che esso rappresenta. Molti archeologi sostengono che il cemento potrebbe essere sostituito con passerelle in legno e vetro, in questo modo la strada sottostante verrebbe salvaguardata, sarebbe ancora visibile, e non andrebbe persa l’autenticità del luogo con inserti anacronistici.
Ma perché il governo greco, con l’ausilio anche della Fondazione Onassis, investendo 1,5 miliardi di euro, ha pensato a un intervento così drastico, in cui i materiali principali sono il cemento, il calcestruzzo e l’asfalto e a detta dei più illustri archeologi poco rispettoso? Tre parole: turismo di massa. Nel 2019, quindi prima dell’arrivo del Covid-19, l’Acropoli è stata visitata da oltre 3,5 milioni di persone, il governo ellenico punta a raddoppiare queste cifre e non può farlo se il sito archeologico, testimonianza per eccellenza del mondo classico, non si conforma a una fruizione aperta e agibile a tutti. Che la storia, la cultura del passato possa essere patrimonio dell’intera umanità è giusto e doveroso: siamo ciò che è venuto prima di noi; questo però non può e non deve essere la giustificazione per poter agire sul patrimonio storico in maniera scriteriata e poco rispettosa. Il turismo di massa è di fatto ormai una realtà, ma forse è giunto il momento di regolarlo, di far in modo che il turista si relazioni con ciò che sta visitando, così da comprenderlo ancora meglio e rispettarlo per ciò che è: il suo passato che una volta distrutto e deturpato non avrà più nulla da raccontare.
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