Monica Vitali da trent’anni si occupa di contabilità, bilanci e controllo di gestione: un lavoro che la appassiona molto. Nel 2013 ha aperto un blog che ha chiamato Cum Grano Salis – Riflessioni di una contabile su temi economici e finanziari, perché voleva mettere la sua esperienza al servizio degli altri parlando di economia, attualità e cultura generale in chiave contabile.


L’economia è per tutti? Con il suo approccio alla divulgazione Monica Vitali si rivolge a chi è interessato a capire qualcosa in più su argomenti che normalmente sono considerati difficili, ma che, se affrontati con la giusta dose di leggerezza, non lo sono affatto. Ha registrato una decina di puntate di un podcast “Pillole di contabilità e di economia aziendale” che potete trovare su Spotify e ha tenuto una rubrica di economia in un programma radiofonico. Le puntate sono caricate sul suo canale YouTube.

Monica, l’economia è per tutti?

Spiegare concetti economici in modo semplice partendo da situazioni concrete è sempre stato il mio obiettivo dall’inizio della mia attività di divulgazione. Negli anni ho notato che tante persone sono interessate a capire qualcosa di più sui meccanismi che regolano l’economia. Le donne in particolare sono quelle che mostrano più curiosità. Perché il linguaggio economico è sempre stato molto tecnico e, per cultura, si sono sempre sentite escluse dalla comprensione, sviluppando a volte un vero e proprio rigetto.

Hai dei consigli da dare alle nostre lettrici?

Il primo consiglio che mi sento di dare, direi la madre di tutti i consigli, è di avere una propria indipendenza finanziaria. Costruire una propria professionalità. E avere una autonoma fonte di reddito permette di poter essere libera di scegliere la vita che si vuole vivere in qualsiasi momento. Il passo successivo è di acquisire consapevolezza del proprio rapporto con il denaro e di imparare a gestirlo in funzione dei propri bisogni e con lungimiranza.

Molte donne hanno deciso di diventare (o restare) casalinghe o di lavorare part time per gestire la famiglia. Che ne pensi di questa scelta?

Il lavoro di cura è un vero e proprio lavoro ma purtroppo non viene né riconosciuto né retribuito dalla società. Diciamo che c’è stata convenienza a far credere alle donne che tale lavoro deve essere svolto per amore per giustificare il fatto che non venga pagato. Nel momento in cui le donne hanno iniziato ad entrare nel mercato del lavoro non sono state sgravate da tutto il lavoro domestico che hanno sempre svolto e del relativo carico mentale. Per questo a volte rinunciano al lavoro esterno alla famiglia per concentrarsi su quello all’interno, scelta che però nel lungo periodo le penalizza.

Quando sento dire “abbiamo fatto due conti e non mi conviene andare a lavorare per pagare la babysitter e la badante”. Mi domando se quei conti sono stati fatti guardando tutta la prospettiva di vita di una persona, che per una donna è di 84 anni, e se sono state calcolate anche le minori entrate future legate alla pensione. Mi domando se quei conti sono stati fatti dando un valore e un peso anche alle proprie aspettative, ai propri bisogni e ai propri desideri. Oppure se si è dato per scontato che la donna debba immolarsi sull’altare della Patria e della famiglia perché è sempre stato così. Ma il mondo nel frattempo è cambiato, la società è diventata più complessa, i lavori sono sempre più specializzati e le esigenze delle persone sono aumentate. Ad esempio, per accudire le persone anziane con problemi di salute servono conoscenze e attitudini che non sempre le donne hanno. Non ci si improvvisa badanti o infermiere, neanche per amore.

Come si può tutelare una donna da una possibile separazione ma anche da un’improvvisa perdita del partner?

La soluzione è tutelarsi attraverso un proprio reddito e un minimo di conoscenze e competenze economico-finanziarie per gestirlo, che però presuppongono un cambio di mentalità da parte di molte donne. Per quel che riguarda il conto corrente io sono una accanita sostenitrice dei conti separati: uno per ogni partner. E uno in comune per le spese per la casa, dove si contribuisce in proporzione alle proprie entrate. Dando un valore economico anche al lavoro casalingo che entrambi svolgono (di solito di più le donne).
E poi parlare con il proprio partner di soldi, chiedere, informarsi e mettersi reciprocamente a conoscenza delle rispettive situazioni patrimoniali, assicurative, previdenziali e finanziarie e di quelle della famiglia. E coinvolgere anche i figli in questi discorsi, direi sin dalle elementari, ma senza trasmettere ansie. Prevedere adeguate coperture assicurative per i fabbisogni singoli e della casa (aspetto fin troppo sottovalutato). Avere chiara la propria posizione previdenziale e aprire un fondo pensionistico privato (o utilizzare quello del proprio contratto di lavoro). Fare un budget e una analisi a consuntivo delle entrate e delle uscite della famiglia sono strumenti che dovrebbero entrare nella “cassetta degli attrezzi” mentale di tutte le donne. Una sorta di economia domestica 2.0 .

Quindi dobbiamo gestire la famiglia come un’azienda?

Per l’economia aziendale la famiglia è un’azienda che non ha come scopo il profitto, ma la soddisfazione dei bisogni dei propri membri. Per soddisfarli è necessario procurarsi un reddito all’esterno della famiglia o produrre internamente quello che serve (pasti, lavoro di cura). Entrambe le attività, ovvero le entrate esterne per acquistare beni o servizi e il lavoro interno per auto-produrre ciò che serve al sostentamento, hanno pari dignità. Anche se spesso si tende a valutare maggiormente solo quello che comporta un movimento di denaro, soprattutto in entrata. Gestire la propria famiglia con la mentalità con la quale un imprenditore gestisce la propria azienda è un ottimo modo per evitare che l’azienda-famiglia fallisca. Ovvero che le persone si separino o che rimangano insieme, ma sacrificando i desideri e gli obiettivi di qualche componente.


Perché secondo te, come raccontavi in un post, viaggiare è un’attività sopravvalutata?

Perché nell’era dei social siamo diventati tutti “consumatori di luoghi”. Viaggiamo di corsa per mostrare le foto agli altri, per sentito dire, per voglia di evadere. Ma spesso senza chiederci realmente se quel viaggio o quel luogo “risuoni” veramente in noi. Quando pianifichiamo un viaggio all’interno del budget famigliare, oltre a preoccuparci del denaro necessario per farlo, dovremmo farci anche delle domande sul perché abbiamo scelto proprio quella meta. Il denaro, il viaggio, l’istruzione e tutte le esperienze che facciamo nella vita dovrebbero servire a soddisfare i nostri bisogni più profondi.

Ti è piaciuta la mia intervista? Offrimi un caffè qui: Maria Letizia Cerati