Scrittrice russa di espressione francese, Irène Némirovsky fu una delle moltissime vittime dell’Olocausto. Autrice brillante e di grande intensità, la sua voce fu silenziata dalla follia nazista e dimenticata nei decenni a venire. Alla sua Memoria verrà resa giustizia solo nei primi anni Duemila. Grazie a questa riscoperta, Irène Némirovsky è oggi una delle autrici più lette e apprezzate al mondo.
L’infanzia in Russia e il difficile rapporto con la madre

Irène Némirovsky nacque l’11 febbraio del 1903 a Kiev. Suo padre, Léon Némirovsky, era un ebreo originario di una famiglia ucraina ed era uno dei banchieri più ricchi della Russia.

Fin da subito, la piccola Irène venne affidata alle cure della sua governante, ricevendo anche un’eccellente istruzione da parte di rinomati precettori.

Nonostante vivesse in un milieu estremamente agiato, la sua infanzia fu triste e solitaria. Suo padre, che lei amava e adorava, era in viaggio per la maggior parte del tempo. E quando non viaggiava per lavoro era una presenza fissa nei casinò.

Sua madre, Fanny, l’aveva messa al mondo solo per compiacere il suo ricco marito. Fanny aveva vissuto la nascita di sua figlia Irène come un primo segno del declino della sua femminilità e l’aveva abbandonata alle cure della nutrice.

Fanny Némirovsky provava una sorta di avversione per sua figlia. Irène non aveva mai ricevuto da lei il minimo gesto d’amore. La madre passava ore e ore davanti allo specchio a cercare di nascondere le rughe, a imbellettarsi e farsi fare i massaggi. Il tempo che passava fuori di casa era dedicato alla ricerca di avventure extraconiugali.

Irène trovò rifugio nella lettura (Il ritratto di Dorian Gray era il suo libro preferito), cominciò a scrivere e fece fronte allo sconforto e alla disperazione che l’assalivano sviluppando a sua volta un odio feroce nei confronti della madre.

Questa violenza, queste relazioni contro natura tra madre e figlia occupano un posto centrale nella produzione letteraria della Némirovsky. In opere come Il Ballo (1930), Il vino della solitudine (1935) e Jezabel (1936) la vendetta e l’odio nei confronti della madre raggiungono il loro apogeo.

La scrittura di Irène Némirovsky

Irène iniziò a scrivere dopo la morte della sua istitutrice francese. Nonostante il russo fosse la sua lingua madre, ella optò per il francese come lingua di espressione.

Némirovsky aveva elaborato una tecnica di scrittura del tutto particolare. Non si limitava solamente a scrivere il racconto vero e proprio ma anche le riflessioni che questo le ispirava.

In più, conosceva in modo preciso ognuno dei suoi personaggi, persino quelli più secondari. Riempiva quaderni interi per descrivere la loro fisionomia, il loro carattere, la loro istruzione, la loro infanzia e le tappe cronologiche della loro vita.

La rivoluzione bolscevica e il nuovo inizio in Francia 

Con lo scoppio della rivoluzione bolscevica nel 1917, i Némirovsky furono costretti a entrare in clandestinità.

In un primo momento, travestiti da contadini, fuggirono in Finlandia. In seguito, con il peggioramento della situazione in Russia e i bolscevichi alle calcagna, la famiglia raggiunse la Svezia. Infine, nel 1919, i Némirovsky si imbarcarono su una piccola nave cargo per raggiungere Rouen (Normandia).

In Francia iniziò la nuova vita di Irène. Si iscrisse alla Sorbona dove conseguì una laurea con lode in lettere e iniziò a inviare i suoi racconti ad alcune riviste letterarie.

Irène stava vivendo nel pieno dei “Ruggenti Anni Venti” e trascorreva le sue serate passando da un ballo all’altro. In uno di questi balli incontrò Michel Epstein che sarebbe diventato suo marito nel 1926.

L’ascesa e la caduta nell’oblio

Il 1929 fu l’anno della svolta per Irène. Con la pubblicazione del romanzo David Golder, un’epopea con protagonista un magnate ebreo, ottenne un successo strepitoso e consensi unanimi da parte della critica.

Sempre nel 1929 nacque la prima figlia di Irène e Michel, Denise. La coppia avrà poi una seconda figlia, Élisabeth, nel 1937.

Con l’avvicinarsi dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939, la situazione per la popolazione ebraica in Francia iniziò a farsi sempre più pericolosa e l’antisemitismo dilagava sempre più.

Col presentimento che questa situazione sarebbe finita in tragedia, Irène decise di convertirsi al cristianesimo insieme alle sue due bambine. Purtroppo questo non le sarà di alcun aiuto e non la salverà dal suo terribile destino.

A causa delle leggi razziali e antisemite, Michel Epstein non poteva più lavorare alla Banca dei Paesi Nordici e a Irène fu proibito di pubblicare le sue opere. Anche l’editoria fu soggetta al processo di “arianizzazione”.

Tra il 1941 e il 1942, Irène Némirovsky intraprese un lavoro ambizioso: Suite Francese. Ambizioso perché la sua idea era quella di scrivere un romanzo di più di mille pagine, diviso in cinque parti. Riuscirà a scriverne soltanto due: Temporale di giugno e Dolce.

Il 13 luglio del 1942 Irène venne arrestata e internata nel campo di concentramento di Pithiviers nella Loira. Venne, in seguito, deportata ad Auschwitz e lì assassinata il 17 luglio dello stesso anno.

Suo marito Michel fece la stessa orrenda fine. Fu arrestato nell’ottobre del 1942, deportato ad Auschwitz il 6 novembre e lì ucciso nelle camere a gas al suo arrivo.

Denise ed Élisabeth, le due figlie di Irène e Michel, sopravvissero ma la loro vita non fu facile. Con i gendarmi nazisti alle calcagna, dovettero nascondersi di villaggio in villaggio. Andarono a chiedere aiuto alla nonna, Fanny Némirovsky, la quale aveva trascorso la guerra a Nizza nell’agio più assoluto. La nonna si rifiutò categoricamente di aprire la porta alle bambine dicendo loro che dovevano rivolgersi a un orfanotrofio.

Suite Francese e la riscoperta di una grande autrice

La pubblicazione di Suite Francese ha del miracoloso. Nella loro continua fuga nel periodo della guerra, Denise ed Élisabeth portarono sempre con loro una valigia piena di foto, album di famiglia e l’ultimo manoscritto di Irène.

Denise non ebbe mai il coraggio di aprire quella valigia, era troppo doloroso guardare quella felicità di un tempo che non avrebbe più riavuto indietro.  

Col passare degli anni, tuttavia, Denise e la sorella decisero di affidare l’ultima opera della loro madre all’IMEC (Institut Mémoire de l’Édition Contemporaine).

Ma prima di separarsene, Denise decise di trascriverla a macchina, intraprendendo un difficile lavoro di decifrazione. Il manoscritto era, infatti, stato redatto da Irène con una scrittura veramente minuscola per risparmiare inchiostro e carta.  

Riscrivendo e leggendo l’ultima opera di sua madre, Denise si rese conto che Suite Francese, seppur rimasto incompiuto, era un romanzo di grande potenza. Nel 2004 contattò un editore, Denoël, che lo pubblicò immediatamente senza neanche leggerlo.  

Suite Francese ricevette il Prix Renaudot (uno dei più ambiti premi letterari francesi) a titolo postumo, facendo eccezione al regolamento del premio che prevede la premiazione di soli scrittori viventi.

A Irène Nèmirovsky fu invece negato il Premio Goncourt per il fatto di non essere francese. Irène, infatti, non ottenne mai la cittadinanza.  

Fu così, dunque, che una scrittrice a lungo dimenticata ritornò a vivere riguadagnando un posto nella storia della letteratura francese del Novecento.

La Memoria di Irène Némirovsky è l’unica cosa che l’odio, l’intolleranza e la follia nazista non sono mai riusciti a cancellare.

Come ha scritto Denise nella dedica al romanzo, Suite Francese è una “Memoria da trasmettere” ed è dedicata a “tutti coloro che hanno conosciuto e conoscono ancora oggi il dramma dell’intolleranza”.

Nel 2014 ne è stato tratto l’omonimo film per la regia di Saul Dibb con Michelle Williams, Matthias Schoenaerts e Kristin Scott Thomas.

Fonti

Préface de Myriam Anissimov in “Suite Française”, ed. Gallimard Folio, 2016