Continua la nostra carrellata di #donnedellentertainment. La nuova protagonista di questa rubrica tutta al femminile è Giulia Ravini, una giovane attrice che ha deciso di raccontare a tutte le lettrici e i lettori di Pink Magazine Italia che cosa significhi, davvero, intraprendere questa carriera.

Perché chi meglio di Giulia, che questa realtà la vive dall’interno, può spiegare la grande bellezza ma anche i grandi ostacoli di questa fin troppo bistrattata professione?

« E quindi, Giulia, cosa fai nella vita? »

« Sono un’attrice. »

« No, intendo per lavoro. »

« Si, sono un’attrice. »

« Voglio dire “non come hobby”. »

E a questo punto si hanno due scelte.

Opzione 1: Insistere sul fatto che sei un’attrice e venir presa per inguaribile sognatrice.

Opzione 2: Raccontare di aver fatto la commessa in qualche negozio e di aver studiato in un liceo, così almeno sanno che hai un diploma e ti prendono più sul serio.

Fare l’attore vuol dire essere il Re delle menzogne e il Principe dei bugiardi. Osservi ciò che ti circonda, lo fai tuo e prendi tutto quello che puoi per rendere ciò che sei sullo schermo il più credibile possibile. Vuol dire fare a pezzettini quello che sei e usare, per ogni personaggio che interpreti, uno di quei pezzettini e renderlo protagonista nella caratterizzazione.

Vuol dire esibirti in circostanze che normalmente potrebbero metterti in una posizione scomoda, come ad esempio quella volta che mi sono messa a ballare un tango con un corsetto molto succinto davanti a persone che non conoscevo.

Vuol dire anche “compromesso” e “sospensione del giudizio”. Se Anthony Hopkins fosse stato meno disposto a sospendere la moralità, Hannibal Lecter non sarebbe stato il personaggio iconico che conosciamo.

Vuol dire spingerti a fare cose che nella vita quotidiana non faresti mai, come saltare tra i tetti sul set di un film d’azione o metterti a cantare a squarciagola, stonata come non mai, davanti alla telecamera fingendo di sapere perfettamente quello che fai.

In definitiva, vuol dire staccarti da quello che sei, spegnere la tua luce e far accendere la luce di qualcun’altro, prestargli anima e soprattutto corpo e difenderlo fino alla fine.

Non è facile. Confrontarsi con sè stessi è forse una delle cose più difficili al mondo, ma se vuoi diventare qualcuno che non sei, devi prima sapere perfettamente chi sei. È fondamentale.

Qualche volta scopri cose di te stesso che non immaginavi: può farti piacere o metterti davanti ai tuoi difetti, l’importante è riconoscerlo.

Io, a differenza di altre personalità che non hanno vissuto la recitazione come me, non ho sempre voluto fare l’attrice.

Quando ero molto piccola, volevo fare la scrittrice, perchè avevo visto Il Signore degli Anelli a sei anni. Precoce, lo so. Avevo scoperto che la saga era tratta da un libro e volevo scrivere anche io qualcosa di così meraviglioso.

Poi dopo qualche tempo ho rivisto Spirit: Cavallo Selvaggio, targato Dreamworks, anno 2005. A quel punto, ho deciso che volevo insegnare equitazione, all’estero magari, ho sempre amato molto l’Inghilterra.

A dieci anni ho cominciato a seguire Provaci Ancora Prof e mi sono divisa: da una parte, volevo essere una professoressa di lettere, dall’altra volevo essere un commissario di polizia. Lascio intendere il perchè.

Durante l’ultimo anno del liceo sono rimasta incantata da The Greatest Showman e da La Forma dell’Acqua di Guillermo del Toro. Quando mi sono messa a pensare a quanto sarebbe stato bello fare la trapezzista, nella mia testa è scattato qualcosa.

A quel punto mi sono guardata indietro, cercando di capire perchè tutto ad un tratto volessi far parte anche di quei mondi e mi sono resa conto che l’unico grande filo conduttore di tutta la mia vita era stato lui, il cinema. Mi aveva seguita da sempre, o forse ero stata io a seguire lui, quasi senza accorgermene.

Cominciai a frequentare corsi di teatro e passai gli anni del liceo a sognare una scuola che mi insegnasse come far parte del cinema, del teatro, della televisione, di tutto ciò che riguardava la recitazione.

Ricordo di essermi diplomata col solo obbiettivo di lasciare quelle materie che all’epoca mi sembravano così insignificanti al confronto del magico mondo del cinema. Trovai una scuola a Milano che ho frequentato per i tre anni successivi e che mi ha formata a sufficienza per iniziare a fare esperienza sul campo. D’altronde, come ha sempre detto il mio insegnante di canto e voce, la vera esperienza non la fai a scuola, la fai là fuori, nel vasto e selvaggio mondo.

Ed aveva ragione, perchè a scuola ci hanno sempre detto quanto fosse competitivo questo settore. Ci hanno detto fin dall’inizio che gli attori vivono nel precariato, nel non sapere quando sarà il prossimo incarico. Un attore può lavorare per tre mesi e avere un grosso stipendio, ma quei tre mesi finiscono e dopo… chi lo sa?

Se si è fortunati o si ha un agente, non è troppo complicato trovare un impiego. Ma se si è da soli, allora è un’altra storia.

Nessuna lezione teorica a scuola, per quanto imparata a menadito, mi avrebbe mai preparata alla frustrazione di non trovare un ruolo nemmeno provandoci con tutte le forze.

La cosa più importante quando esci dall’accademia è sicuramente avere un’agenzia o un’agente. È importante, certo, ma non è scontato.

Noi siamo anche stati sfortunati, perchè siamo usciti da scuola durante l’anno del Covid, quindi nessuna agenzia avrebbe reclutato nuovi talenti con le produzioni ferme e questo ci ha bloccati per almeno due anni.

Una volta riprese le produzioni, però, le agenzie avevano già i loro volti e la cosa, di certo, non ha aiutato.

Mi ricollego al discorso che facevo all’inizio, per spiegare il prossimo problema.

Ormai, qui da noi, fare l’attore non è considerato un lavoro, è più un hobby, un passatempo, qualcosa da fare se non hai un lavoro full time, nel tempo libero.

Bene, ma chiedete alle persone che conoscete se guardano la tv. Chiedete loro se guardano i film, se vanno al cinema. Se anche solo una volta hanno lasciato perdere qualcosa che stavano facendo per seguire una scena sullo schermo della televisone e se quella volta, anche per un breve istante, non hanno sentito qualcosa, un’emozione.

Chiedete a qualcuno se non ha mai pianto per la scena di un film, se non si è mai commosso.

Ora chiedete loro se sarebbe stato possibile senza gli attori.

La risposta è no.

Ma allora perchè c’è così tanto accanimento sul lavoro dell’attore?

Nella vita più di una volta mi hanno detto: “Ah, senti Giulia! Vuole fare l’attrice! Non è mica Meryl Streep!”

Ma nemmeno Meryl Streep era Meryl Streep a diciassette anni! Era soltanto una ragazzina che non aveva mai pensato alla recitazione seriamente fino ad una recita scolastica alla fine degli anni 60′.

Il problema degli attori in Italia è che non ce ne sono di nuovi. O meglio… ci sono gli influencer.

Purtroppo sembra che bisogni studiare per fare qualsiasi cosa, ma per fare gli attori no, basta fare un tentativo e se sei già famoso per altro, non ti ci vorrà assolutamente nulla per fare due, tre magari anche quattro film, perchè porterai pubblico in sala.

È triste, ma purtroppo è così.

È per questo che cantanti, influencer e youtuber hanno il loro debutto al cinema, perchè portano gente a comprare i biglietti.

Conoscete Rachel Zegler?

Lei ha ventun’anni ed ha fatto il suo debutto cinematografico a dicembre dello scorso anno in West Side Story di Steven Spielberg. Mr Spielberg non l’ha cercata perchè era carina o perchè pubblicizzava prodotti sui suoi social, l’ha voluta perchè l’ha sentita cantare e ha deciso che lei doveva essere la sua Maria. Follia? No, onestà. Ha visto del talento e l’ha promosso. È così che bisognerebbe fare ovunque, a prescindere da chi sei, far valere cosa sei, cosa sai fare. È questa la bellezza del cinema, far spiccare i talenti e non quante persone vengono a vederti in sala.

Eppure, così va la vita: c’è chi cerca un’agenzia per poter fare ciò per cui ha studiato e chi si “diverte” a fare l’attore, inconsapevole o forse indifferente alla fatica che facciamo noi.

In ogni caso, il cinema non deve morire. La settima arte crea magia, emozioni, sensazioni fortissime che non devono essere fermate dal marketing e dall’indifferenza delle persone. Non accontentiamoci di guardare un film su una piattaforma dal nostro salotto. Usciamo, andiamo al cinema, guardiamolo in una sala buia in cui tutto ciò a cui dobbiamo prestare attenzione è lo schermo. Stacchiamo dalla vita quotidiana per un paio d’ore e abbracciamo ciò che il cinema può darci.

Il cinema è un’arte e andrebbe trattata come tale.

– Giulia Ravini.

Ringraziamo davvero tanto Giulia per questa sua profonda, toccante e lucida testimonianza sul mestiere dell’attore e le auguriamo ogni bene per il suo futuro.