Benedetta De Beni, una delle protagoniste del film Hoganbiiki di Enzo Dino ci parla di sé e della sua carriera per la rubrica #WomenInBusiness

Mi chiamo Benedetta De Beni, classe ’98, vengo da Bardolino, un piccolo paese sulla sponda veneta del Lago di Garda e sono un’attrice.

La passione per il cinema è stata un crescendo, non posso dire di averla avuta fin da bambina; penso che sia il risultato di anni di scoperta, ascolto, indagine e ovviamente curiosità e dedizione.

Volevo conoscere il cinema in generale, così oltre a studiare la recitazione mi sono dedicata anche ad altri campi, come la sceneggiatura, la regia e ultimamente ho sperimentato anche la parte di produzione nell’ultimo set in cui ho lavorato in questo mese.

Il mio obiettivo è conoscere e imparare il più possibile.

Ho iniziato a studiare nel 2018 tramite workshop e masterclass intensivi sia a Verona che a Roma e nel mentre lo stesso anno ho iniziato a frequentare il corso di Scienze e tecnologie delle Arti e dello Spettacolo presso l’Università Cattolica di Brescia. Dopo la laurea ho deciso di intraprendere principalmente la strada della recitazione.

Recitare per me è una necessità, è tanto difficile e intenso quanto soddisfacente e incredibile.

Per me è come andare in terapia, ho scoperto me stessa e cosa sono capace di fare; per esempio ho scoperto di avere una fortissima empatia per le persone e le loro storie e questo mi permette di entrare facilmente in un personaggio. Da due anni mi sono trasferita a Roma e attualmente sto frequentando la scuola di recitazione cinematografica Jenny Tamburi. In futuro vorrei diventare una professionista, attraverso uno studio costante e la pratica.

Nel 2020 ho avuto la mia prima esperienza sul set con il docufilm “I luoghi della speranza” diretto da Enzo Dino.

Per me è stata una grande sfida perché il primo personaggio che ho rappresentato è stata Adele, una ragazza della mia età che si ritrova a combattere una malattia oncologica. Con questo ruolo ho capito anche la responsabilità che gli attori hanno nel dare voce a storie di altre persone, soprattutto se si tratta di situazioni drammatiche.

Due anni dopo, Enzo mi ha richiamata per propormi un ruolo in “Hoganbiiki: Il valore della sconfitta”. Questa volta ho interpretato Martina, una ragazza di 18 anni che affronta diversi problemi legati all’adolescenza, come la scuola, il divorzio dei genitori, le amicizie e soprattutto la paura per il futuro.

Pensavo inizialmente che il personaggio fosse meno complesso rispetto a quello di Adele ma anche con Martina ho incontrato delle complessità durante la fase di preparazione. Probabilmente perché Martina è molto simile a me in alcuni aspetti. É una ragazza apparentemente forte, che vuole imporsi anche sugli adulti e farsi valere, ma sotto la maschera da dura troviamo le sue fragilità e la sua dolcezza.


Ringrazierò sempre Enzo per avermi dato la possibilità di scrivere quel monologo, sentivo che a Martina mancava qualcosa e che doveva buttare tanti pensieri fuori dalla sua testa. Mi ricorderò sempre il silenzio che c’era sul set mentre giravamo quella scena, è stato qualcosa di mistico. Volevo raccontare le paure della nostra generazione.

Abbiamo tanta voglia di metterci in gioco, ma spesso ci fanno vedere solo gli ostacoli che sul percorso potremmo avere e non le possibilità di crescita o i successi.

I giovani hanno bisogno di essere incoraggiati, altrimenti tante occasioni andrebbero perse.

Questo film inoltre mi ha dato la possibilità di lavorare con dei professionisti come Penelope Frego, con la quale si è creata una bellissima amicizia, Antonio Giuliani, che stimo profondamente, e ovviamente Manuela Arcuri con la quale avevo già recitato nel film precedente.

Nei prossimi mesi lavorerò ad altri progetti, tra cui il mio primo cortometraggio da regista. Sento la necessità a questo punto di raccontare le mie storie.

“Abbiamo bisogno della narrazione. Le idee vanno e vengono, le storie restano”