Chiara Ferragni Unposted, un Truman Show consapevole

Che cosa si nasconde dietro il mondo zuccheroso, glamour e apparentemente fatato della nota influencer Chiara Ferragni? Questo doveva essere l’intento, si spera, del documentario prodotto da Rai Cinema in collaborazione con Amazon Prime Chiara Ferragni Unposted, scritto e diretto dalla regista Elisa Amoruso. L’obiettivo non è stato raggiunto, se l’intenzione era di entrare nel mondo della giovane influencer cremonese e di analizzare le ragioni del suo successo. Perché questo documentario autorizzato dalla stessa Ferragni, ovviamente, non è uno studio antropologico, tantomeno un pretesto per raccontare la nostra società.

È l’apologia della fashion influencer più nota al mondo. Quindi se volete vederlo, dovete saperlo: si parla di Chiara come ne parlerebbe lei stessa. Foto, video, emozioni, incontri, tutto ciò che la vede protagonista è narrato dal suo punto di vista. Una scelta della regista che non va contestata, ma della quale semplicemente se ne deve prendere atto.

Interessanti le analisi che hanno spinto la rivista Forbes nel 2017  ad annoverare la Ferragni tra le donne più influenti del pianeta. Ma i contributi più di sostanza vengono dal direttore di Vanity Fair Italia, Simone Marchetti, il quale definisce gli influencer “pubblicità viventi”, inquadrando perfettamente il nocciolo della questione; e da quel mito della moda mondiale che porta il nome di Diane von Furstenberg, la quale alla domanda della Ferragni su come abbia fatto a essere una delle donne più potenti della moda mondiale, lei risponde con studiata noncuranza: “Volevo essere un uomo con abiti da donna”.

“Viviamo in un’epoca dark, un medioevo moderno in cui  aspettiamo il rinascimento, ma Chiara Ferragni possiede l’esperanto per comprendere e per comunicare”, sostiene Simone Marchetti. Siamo davvero sicuri?