È vero, Friends ha rivoluzionato la storia della serialità televisiva. Un successo indiscutibile che, seppur in minima parte, trova le sue radici nella celeberrima Tre cuori in affitto.

Se vi dicessi che voglio parlare di un telefilm che ha come protagonisti un gruppo di amici che condivide un appartamento, non recentissima, ma che in tanti ricordano ancora oggi e che ha avuto enorme successo, probabilmente penserete che mi stia riferendo a “Friends”.

O forse a “The Big Bang Theory” e “How I met your mother”, due serie tv che a “Friends” devono molto e che sono incentrate sulle vicende di un gruppo di ragazzi che abita insieme o sono vicini di appartamento. Caratteristiche che ritroviamo spesso in prodotti recenti, topoi ricorrenti diventati quasi un must nella serialità contemporanea. Potrei citare a questo proposito “New girl”, ma gli esempi, in realtà, sono numerosi.

Eppure il telefilm di cui parlavo a inizio articolo non è nessuno di questi citati, ma ha radici ben più lontane. Sto parlando di “Tre cuori in affitto”, divertente prodotto della serialità anni ’70 made in USA, andato in onda dal 1977 al 1984 e che qui in Italia ha goduto (e gode tutt’ora) dei favori del pubblico.

Da Tre cuori in affitto a Friends, le radici del fenomeno che ha rivoluzionato la storia della serialità televisiva.

Tre cuori in affitto” è la risposta americana a “Un uomo in casa”, telefilm inglese prodotto tra il 1973 e il 1976. Una sit com che è stata trasmessa anche da noi, nel Belpaese, da Rai 2, ma che non ha ottenuto lo stesso successo della versione a stelle e strisce.

Divertente ma anche a suo modo innovativa, la serie tv che ha dato il successo ad un giovane John Ritter racconta le avventure di tre coinquilini, due ragazze, Janet e Chrissy, e un ragazzo, Jack, in un periodo in cui la convivenza tra persone di sesso opposto fuori del matrimonio non era ancora accettata.

Non è un caso che le due protagoniste femminili, interpretate rispettivamente da Joyce DeWitt e Suzanne Somers, abbiano finto che Jack fosse omosessuale, per convincere così i padroni di casa, i coniugi Helen e Stanley Roper, ad accettare la loro convivenza. Un segreto ben presto scoperto dalla signora Roper, che nei confronti dei tre ragazzi ha sempre dimostrato simpatia, ma mai svelato al marito.

Da qui, dunque, prendono il via le vicende di questo simpatico terzetto, in un susseguirsi di risate, equivoci e doppi sensi.

Oggi, probabilmente, la serie apparirebbe “politically scorrect”, ma all’epoca, quando le sit com avevano come protagonisti soprattutto i nuclei familiari (ricordiamo ad esempio “La famiglia Brady”, o successivamente “La famiglia Bradford”, contemporanea di “Tre cuori in affitto”) è stata dirompente e ha messo le basi di quel fortunato filone incentrato sulla convivenza di amici, che è fiorito a partire dagli anni ’90.

Da “Tre cuori in affitto” a “Friends”: l’omaggio di Rachel e compagni

E forse non è un caso che la seconda puntata di “Friends” renda omaggio proprio a “Tre cuori in affitto”, mostrando Monica, Phoebe, Chandler e Joey intenti a guardare un episodio di quel telefilm a cui la serie tv creata da Marta Kauffman e David Crane probabilmente deve qualcosa.

Da una nuova concezione di nucleo familiare basato su un legame d’amicizia, a un luogo, il bar, che viene visto come una seconda casa, rassicurante e accogliente. In “Friends”, poi, ancora di più: Central Perk è un’istituzione anche oggi, a quasi vent’anni dal termine della serie.

D’altronde, come si dice? Gli amici sono la famiglia che ti scegli. Mai frase si può considerare più veritiera, nella vita come in tv.