La Oxford University Press ferma le rotative e il tutto avverrà il 27 agosto, a riprova che nulla è per sempre, e questo vale anche per la casa editrice tra le più illustri e antiche del Regno Unito.

La sua storia inizia alla fine del Quattrocento, quando l’Università di Oxford chiama il tipografo Theoderic Rood. Rood è in affari con William Caxton, il quale sembra sia l’artefice dell’arrivo dei primi macchinari per la stampa in Gran Bretagna. Rood inizia a lavorare tra il 1480 e il 1483, ma di questo periodo non si hanno molte informazioni sulle pubblicazioni.

Bisogna attendere la fine del Cinquecento per trovare libri stampati con il marchio della Oxford University Press

E questo grazie al rettore dell’ateneo, l’arcivescovo William Laud, che aveva come obiettivo finale la creazione di una casa editrice ben strutturata e di fama internazionale. Essa sarebbe stata sotto il controllo legale, amministrativo ed editoriale dell’università. A questo scopo, il preside, fece pressioni a Carlo I d’Inghilterra affinché la OUP potesse ottenere quei diritti legali necessari per competere sul mercato editoriale.

Nel 1578 viene dato ufficialmente il permesso all’Università di Oxford di stampare libri.

Tra i libri stampati vi sono la Bibbia di re Giacomo, diverse opere accademiche, tra cui Compendium totius grammaticae di John Anwykyll, testo importante non solo perché è stato il primo prodotto della neonata casa editrice ma anche perché introduce a Oxford un nuovo metodo per insegnare la grammatica latina. Nei secoli successivi i libri dati alle stampe dalla OUP non si contano e sono andati ben oltre il mercato accademico – Alice nel paese delle meraviglie è stato stampato dalla OUP a spese dell’autore! Ma forse ai più la Oxford University Press è nota per aver dato alle stampe una delle opere più importanti a livello linguistico del XIX secolo, l’English Oxford Dictionary.

La decisione di chiudere questo comparto storico e di fermare le rotative della Oxford University Press non è stata semplice.

Ma alla luce delle innumerevoli esternalizzazioni da parte della casa madre nella stampa dei libri, la sparuta maestranza ancora presente sul suolo britannico, venti in tutto, non ha potuto nulla e si è dovuta piegare alle spietate logiche di mercato. Fermare le rotative della OUP significa stendere un pesante velo su secoli di stampa di alta qualità, seguita in ogni sua fase da addetti sì altamente preparati, ma anche fortemente appassionati all’oggetto libro, tanto da ritenerlo un vero e proprio artefatto culturale, come ha sottolineato lo stesso dottor Jude Roberts, presidente del ramo sindacale Unite alla OUP.

Forse in queste parole sta un’altra scottante verità, di cui ormai, anche negli stessi addetti ai lavori, si è persa memoria: il libro non è solo un mero e asettico oggetto da riempire di parole e figure. L’oggetto libro, come abbiamo cercato di dire più volte anche dal nostro magazine, è vivo, è prezioso, dona a parole e immagini un luogo confortevole e curato in cui annidarsi, e dona al lettore il piacere di tenerlo tra le mani, di annusarlo, di ammirarlo nella sua particolare bellezza – dalla cura della carta, alla rilegatura eseguita in modo che duri all’incessante scorrere e voltare delle pagine, ai mille modi per rendere la copertina un unicum non solo alla vista ma anche al tatto. Ma per le aride logiche di mercato e di abbattimento dei costi tutto ciò non conta, l’importante è “riempire” le librerie di testi il più velocemente possibile in sfregio alla cura e all’amore per l’oggetto libro.

La Oxford University Press ha fatto sapere che, nonostante il blocco delle rotative, si cercherà in qualsiasi modo di non lasciare a casa nessuno

Ma le qualifiche raggiunte dai venti dipendenti sono talmente elevate e specifiche che trovare per loro un’altra collocazione sempre nel comparto stampa non sarà semplice. Quindi per questi lavoratori oltre al danno anche la beffa.