Per definizione i diamanti sono le pietre più belle e luminose del mondo (nonché “I migliori amici delle ragazze”); ce ne sono alcuni che hanno fatto la storia per bellezza e significato, come per esempio:
– Il Golden Jubilee (estratto in Sudafrica – 545,67 carati, taglio a rosa, colore giallo dorato): il più grande diamante mai tagliato al mondo; dal 1997 appartenente ai gioielli reali in Thailandia,
– Il Centenario (estratto in Sudafrica – 273,85 carati, taglio a cuore, incolore): appartiene a una collezione privata ed è tutt’oggi uno dei diamanti più puri, tra le gemme più grandi mai estratte finora,
– Il Fiorentino (estratto in India – 137,27 carati, taglio a goccia, colore: giallo pallido): una pietra leggendaria, conosciuta anche con il nome di “Granduca di Toscana”, appartenuto a molteplici personaggi storici; risulta ad oggi scomparso.
La mia lista potrebbe continuare, ma in realtà vorrei raccontarvi d’una pietra specifica, della sua storia e della maledizione che l’accompagna dalla notte dei tempi. Signori e Signore, ecco a voi il Diamante Hope – o Blu di Francia – e la sua sinistra fama.
Sarebbe facile per molti pensare che la notorietà di questo diamante sia legata solo alla rarità del suo colore – un blu profondo che non teme neppure gli abissi dell’oceano più recondito, e il suo peso straordinario di 45,52 ct – il cui valore supera l’immane cifra di 250 milioni di dollari; ma gli elementi che l’hanno reso così speciale sono anche altri e per conoscerli dobbiamo tornare indietro nel lontano 1688 in India, nelle miniere di Golconda (ormai città in rovina, ma che per secoli fu l’unico posto al mondo provvisto di giacimenti di diamanti da estrarre) dove il mercante e viaggiatore Jean-Baptiste Tavernier precursore francese dei commerci tra Francia e India, decise di acquistarlo e portarlo con sé in patria. Secondo la leggenda però Monsieur Jean Baptiste non acquistò la pietra, ma la rubò da una statua raffigurante la divinità indiana di Rama-Sitra la cui ira non si fece attendere e per la quale ebbe inizio la maledizione sulla pietra e i suoi possessori.
Il primo a subire l’onta della profezia fu Tavenier stesso, che cadde in bancarotta e cercò disperatamente di riportare il gioiello in India, ma scomparve durante il viaggio.
Fu indossato e posseduto dal Re di Francia Luigi XIV, che lo fece addirittura tagliare per dargli la forma a cuore; indossandolo in più occasioni ufficiali e non. Era uno dei suoi gioielli preferiti in assoluto. Passò in eredità al suo successore Luigi XV, e anche se entrambi ebbero una vita lunga, le loro morti furono lente e dolorose (Luigi XIV morì di cancrena a una gamba, mentre il suo erede perse la vita dopo aver contratto il vaiolo). Per molto tempo rimase tra i gioielli della corona francese, l’ultima a godere della sua bellezza e a far sfoggio della sua opulenza fu Maria Antonietta, anche se durante la Rivoluzione Francese venne rubato e sparì, insieme ad altri gioielli.
Si narra che la sua maledizione ha continuato anche nell’ombra a colpire i suoi innumerevoli proprietari, ma le pagine ufficiali della storia ce lo fanno rincontrare solo nel 1830 e più precisamente a Londra. E proprio nella capitale inglese venne di nuovo tagliato e ridotto alla sua attuale forma e grammatura, acquistato dal nobile inglese Lord Francis Hope VIII duca di Newcastle, che pagò una cifra davvero molto alta per far sì che oltre a divenire suo, portasse anche il suo nome; infatti da quel momento il gioiello verrà sempre registrato come “Il Diamante Hope”.
Nel tempo si succederanno i suoi proprietari, tanto ammaliati dalla sua bellezza quanto coscienti al tempo stesso della sua tremenda maledizione: dal Principe russo Kanitowskij – trucidato dai rivoluzionari russi – al sultano turco Abdul Hamid II, che impazzì e venne deposto un anno dopo l’acquisto del diamante; fino a ricordare i coniugi McLean che lo acquistarono dal gioielliere Pierre Cartier, il quale li avvisò della maledizione, che infatti portò loro di lì a poco tempo: il divorzio e il suicidio della figlia nel 1946.
L’ultimo proprietario privato conosciuto del Diamante Hope è stato il famoso gioielliere Harry Winston, che nel 1958 donò il prezioso al museo Smithsonian Institute di Washington, dove ancora oggi è esposto in una teca fornita dei migliori sistemi di sicurezza, dalla quale si può ammirare tutta la sua bellezza, unicità e mistero.
La storia di questo diamante ha sfumature di luce riflessa come quando la pietra viene esposta alla luce, misteriosamente capace di costringere lo sguardo al suo blu profondo e intenso che da tempo immemore ammalia, affascina e… maledice?
Mirtilla Amelia Malcontenta
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