“Chi qui soggiorna, acquista quel che perde. Sul regal “trono” Triora giace vi trova il forestier salute e pace”

Triora – magico paese dell’entroterra ligure immerso nella Valle Argentina – t’accoglie così, con questa scritta incisa come benvenuto, il profumo del pane, che ho scoperto essere uno tra i più buoni d’Italia – e la cordialità dei suoi pochissimi abitanti (le ultime stime, dichiarano che non superano i 400!). Anche la strada di montagna che ho percorso per arrivarci è fiabesca, perché una nuvola “abbraccia” il sentiero che porta a destinazione, rendendo il viaggio suggestivo quanto surreale.

Di questo paese, la cui fondazione risale probabilmente all’epoca romana per conto della tribù dei Liguri Montani (i quali poi furono assoggettati dall’impero) salta subito agli occhi l’aspetto più esoterico e magico di tutto il suo passato.

Si respira l’aria d’un paese quasi sospeso nel tempo e un temporale estivo arrivato all’improvviso durante la mia gita, ne ha rafforzato l’immagine che mi porterò dentro. Cieli plumbei e rami secchi spezzati dall’incedere dei passi di chi, silenziosamente e con interesse ha visitato questi luoghi non per semplice curiosità, ma per rispetto storico e umano perché Triora è famosa soprattutto per essere “la città delle streghe”; la storia narra che tra il 1587 e il 1589 fu il luogo dove si svolsero cruenti interrogatori e processi per stregoneria; vittime di questa triste pagina storica e sociale furono alcune fanciulle e persino un ragazzo, che trovarono la morte sul rogo per decisione del tribunale dell’inquisizione.

La documentazione storica, arrivata sino ai giorni nostri, non lascia dubbi su questi processi e sulle torture perpetrate su alcune donne che vennero denunciate e interrogate. Interrogatori svolti sotto sevizie e contro ogni diritto, in quanto la sola denuncia da parte di terzi nei confronti di una fanciulla, autorizzava gli organi competenti a incarcerarla e a sottoporla a tortura fino all’ammissione del reato di stregoneria (che poteva includere: blasfemia, l’essere artefici di pestilenze, cannibalismo, eresia, unione fisica col demonio o infanticidio).

Ancora oggi la maggior parte degli interrogatori avvenuti nelle carceri di Triora e i processi a essi seguiti, sono custoditi nell’archivio di Stato di Genova.

Visitare Triora è come accedere all’anticamera di ricordi e di verità storiche che lasciano un senso d’inquietudine e ingiustizia. Tra le vie strette e vetuste di questo borgo, come all’interno stesso del piccolo museo adibito alla caccia alle Streghe, è facile immergersi in un’atmosfera misteriosa e piena di sofferenza per queste giovani e per la loro vicenda. Su di esse, però, è fisso il mio ricordo, perché del loro dolore sono intrise le pareti delle carceri e della Cabotina – casolare divenuto d’interesse storico e turistico in quanto, ritenuto il luogo di ritrovo delle “baggiure” (streghe, in triorese); nel quale si narra che quest’ultime s’incontrassero per praticare magia e incantesimi.

Di tutte le grida e le lacrime versate di cui sono sature le pareti di questi luoghi, c’è una voce che si fa forte e prende forma nel nome di Franchetta Borrelli: donna simbolo della tragica caccia alle streghe, che rischiò di trasformarsi in un’autentica carneficina e per la quale chi lo istituì, venne poi scomunicato da parte del Sant’uffizio.

La paura, l’invidia e l’ignoranza furono gli elementi salienti che portarono molte di queste vittime davanti agli inquisitori. Franchetta stessa dichiarò durante le torture: “…Io stringo i denti e poi diranno che rido”, significativa quanto drammatica denuncia della follia che si sviluppò in quel contesto. La Borrelli fu accusata, incarcerata e torturata, perché tacciata di essere una fattucchiera, ma in realtà fonti parlano di una donna bellissima e ricca, che faceva tanta invidia e gelosia; e per la quale gli strumenti di tortura e la cupidigia in atto, erano il giusto prezzo da farle pagare.

Di Franchetta, come di molte altre donne, il tempo ha sbiadito i ricordi e i lamenti; ma Triora stessa e i suoi abitanti non hanno mai dimenticato il vile processo e le sue torture, tanto da organizzare dal 2001 l’evento estivo di Strigora – perfetta fusione delle parole: Strega e Triora – che ha lo scopo di rivalutare e riabilitare la figura delle donne ingiustamente accusate e condannate, che si svolge ogni anno la domenica dopo Ferragosto; nella quale il paese stesso si colora a festa rievocando antichi canti e suggestive figure.

Triora come Salem, palcoscenici di avvenimenti storici inquietanti, ma nei quali tutt’oggi si è scelto non di cancellare, ma di continuare a ricordare rendendo questi luoghi, varchi attraverso i quali donne come Franchetta Borrelli possano continuare a rendere il loro flabile lamento, un urlo di giustizia e libertà.

Mirtilla Amelia Malcontenta