Il 15 settembre a Milano sarà un giorno che non si dimenticherà. La prima statua raffigurante una donna laica è stata infatti inaugurata. La protagonista di questa eccezionalità è Cristina Trivulzio di Belgiojoso. Una donna che ha sovvertito tutte le regole sociali entrando in contatto con gli eventi della politica e con le aspirazioni del liberalismo aristocratico. Non si è adagiata sul suo stato privilegiato, ha coltivato, infatti, le sue passioni superando con coraggio i pregiudizi insiti nella cultura dell’epoca. In un certo senso ha scavallato la sua condizione d’origine, il suo tempo, e il fatto stesso di essere donna.
Rompere una tradizione patriarcale

La statua di Cristina Trivulzio di Belgiojoso è la prima statua, su 121 presenti a Milano, che ha come soggetto una donna laica. Ma come mai tutto questo stupore? Le strade delle città italiane ci mostrano quanto ancora il patriarcato sia radicato nella nostra cultura; è infatti raro imbattersi in statue, vie e piazze dedicate a delle donne. Si aggira intorno al 3-5% la percentuale di strade che portano nomi di donne e anche queste sono per lo più religiose.

L’amministrazione uscente a Milano ha dichiarato di voler dedicare sempre più piazze e vie a donne e che la statua della Belgiojoso sarà la prima di una serie. A breve troveremo Margherita Hack, in occasione del centenario dalla sua nascita e anche quella per Anna Kuliscioff, madre del socialismo italiano.

Chi è Cristina Trivulzio di Belgiojoso?

“Vogliano le donne felici e onorate dei tempi avvenire, rivolgere tratto tratto, il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita. Ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità”.

Cristina Trivulzio di Belgiojoso

Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Clotilde Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura Trivulzio nasce a Milano, nel palazzo di famiglia, il 28 giugno 1808. Suo padre è un discendente di una delle storiche famiglie aristocratiche milanesi, Gerolamo Trivulzio, mentre sua madre è Vittoria dei marchesi Gherardini. La sua formazione è affidata ad Ernesta Bisi. Da lei apprende principalmente l’arte del disegno, rimarrà la sua confidente epistolare per tutta la vita, oltre ad essere, più avanti, colei che la introdurrà alla cospirazione carbonara.

A 16 anni Cristina decide di sposare il giovane ed avvenente principe Emilio Barbiano di Belgiojoso. In molti cercano di farle cambiare idea: il bel principe era famoso per il suo libertinaggio in campo amoroso e ben presto se ne accorgerà la stessa Cristina. Dopo soli quattro anni infatti si separa dall’uomo. Manterranno rapporti amichevoli e in alcune situazioni si sosterranno economicamente, ma il matrimonio finisce, anche se non ufficialmente, nel 1828. Stanca dei pettegolezzi e le critiche per il suo stato di separata, Cristina si trasferisce a Genova con già molti interessi verso i movimenti per la liberazione dagli austriaci.

Il periodo nella carboneria

Nel 1829 Cristina si dedica ai viaggi. Va a Roma dove entra nell’illustre salotto di Horthense de Beauharnais. Qui conosce Luigi Napoleone, il futuro Napoleone III, ed è probabilmente in quest’occasione che entra a far parte della carboneria. Dopo essere stata a Napoli, si reca a Firenze e conosce il liberalismo che inondava quella splendida città d’arte e cultura. Nel 1830 è la volta della Svizzera, dove Cristina aiuta gli esuli politici italiani e può rivedere, seppur fugacemente sua madre Vittoria e la sua insegnante Ernesta Bisi. È costretta poi a scappare in Francia, a causa dell’inseguimento costante del capo della polizia Torresani, che fin dagli inizi dei suoi tumulti la controlla come il gatto col topo.

Il periodo più buio

In Francia Cristina viene rinominata la “Princesse ruinèe”, la principessa in rovina. Vive infatti di stenti e si inoltra in lavori a cui non aveva mai dovuto neppure dovuto pensare come ramazzare, cucinare. Dà ripetizioni di disegno e dipinge porcellane su commissione. Ma non smette mai di avviare nuove conoscenze influenti. Riesce infatti a incontrare il generale e politico La Fayette che l’aiuterà a risollevarsi. A Parigi poi entrerà nelle grazie di Juliette Recamier, ma soprattutto del suo amante: il visconte di Chateaubriand il quale teneva uno dei salotti più illustri del tempo.

Cristina inizia a collaborare con un giornale scrivendo articoli relativi alla situazione italiana. Nei dieci anni in cui vive a Parigi continua ad aiutare la causa italiana cercando contributi tra i potenti e divenendo editrice lei stessa di giornali politici. Nel frattempo riesce a riottenere i suoi beni, trasformando la sua casa in uno dei salotti più influenti e dove gli artisti sono affascinati dall’intelligenza e dalla competenza di Cristina.

Ancora pettegolezzi

Il 23 dicembre 1838 Cristina dà alla luce Maria, la sua unica figlia. Questo crea grande clamore e innumerevoli pettegolezzi. Il perché è semplice: la nobildonna è separata da tempo dal marito, anche se il rapporto amichevole instaurato faceva sì che l’uomo le facesse spesso visita. Quel che è certo è che a Parigi Cristina conosce Francois Mignet, giornalista e consigliere di Stato, il quale rimane attratto da questa donna fuori dal comune e che verrà da lei ricambiato. Non si è mai realmente capito chi fosse il padre di Maria e la titubanza del principe di Belgiojoso nel firmare i documenti per il riconoscimento della bimba non ha fatto altro che alimentarne i dubbi e i conseguenti pettegolezzi. Ma in uno studio del caso sono emersi molti documenti (tra cui anche lettere della stessa Cristina) che portano a considerare Mignet come padre di Maria.

In ogni caso, la nascita della figlia porta grandi cambiamenti nella vita della principessa, che lascia i salotti isolandosi da ricevimenti e vita sociale. Dopo una breve permanenza in Gran Bretagna, decide di tornare in Italia dove però rimane scioccata dall’atmosfera che la sua terra natia mostrava.

Il ritorno di Cristina a Milano

La Lombardia è dimessa, rassegnata e triste. Cristina non manca di notare la povertà dei contadini quando si trasferisce nella sua casa di campagna. Corre ai ripari facendo costruire un asilo per i bisognosi. Ma non si ferma qui: riduce l’analfabetismo costruendo una scuola elementare per ragazzi e ragazze, una scuola professionale femminile e una scuola di tecnica agraria maschile. E ancora dei laboratori artigianali per pittori, rilegatori e restauratori. Si batte imponendo la chiusura delle osterie durante le celebrazioni religiose e oltre le nove di sera, portando all’evidente diminuzione di episodi di violenza nel territorio. Quella di Cristina si può considerare una vera e propria azione umanitaria e sociale a vasto raggio e non mancherà di chiedere di espandere questa azione anche ad altri proprietari terrieri. Ovviamente questi non aderiranno: non sia mai che una donna abbia ragione!

“Ausonio” e l’attività patriottica

Torna in Francia da Mignet per qualche anno. Nel 1844 l’attività di giornalista la impegna molto e quando a Parigi viene fondata la Gazzetta italiana, testata che vuole patrocinare un regno nell’Italia centrale affidato a un discendente di Bonaparte, Cristina decide di divulgarla clandestinamente anche in Italia. Ma qui viene censurata e così abbandona il progetto e dà vita all’Ausonio.

Durante le 5 giornate di Milano si trova a Napoli ed è durante i moti del 6 agosto 1848 che Cristina deve fuggire all’estero per non rischiare di morire. Torna in Francia dove tra salotti ed eventi mondani cerca di intercedere per un intervento militare in aiuto dei patrioti italiani, ma nessuno l’appoggia, nemmeno Mignet.

Decide allora di andare a Roma, dove assiste in prima linea alla battaglia della Repubblica Romana e dove organizza l’assistenza negli ospedali. Ne rende efficienti ben 12, arruolando 300 nobildonne borghesi e prostitute per aiutare i malati che fino a quel momento erano seguiti solo da facchini e portantini. Insomma, delinea i rudimenti del ruolo d’infermiera.

Dopo l’ennesima delusione decide di prendere la figlia e viaggiare in Asia, dove si mantiene scrivendo articoli e racconti. Grazie all’amnistia torna alla sua amata Locate nel 1855.

Una morte non onorata

Nel 1861 l’Italia è unita e Cristina può finalmente deporre le armi. Muore a 63 anni nel 1871 e, cosa assai deludente, al suo funerale non presenzia nessun rappresentante politico. Aveva contribuito ad unire il Paese, ma questo Paese non era ancora pronto a riconoscere il merito ad una donna.

Dopo 150 anni finalmente l’Italia nella città di Milano ha posto rimedio, onorando Cristina Trivulzio di Belgiojoso non solo con una statua ma con il simbolo che essa rappresenta: il cambiamento è cominciato.

Ringrazio la Dr.ssa Ilaria Varotti, laureata in storia delle donne con una tesi proprio su Cristina Trivulzio di Belgiojoso, per avermi fatto approfondire la vita di questa fantastica donna. Trovate un episodio podcast sulla protagonista dell’articolo su “Storie di Donne nella Storia” e non perdete occasione di consultare i nostri libri.