“First lady”, questo appellativo fu coniato per la prima volta dalla rivista Frank Leslie’s Illustrated Newspaper nel 1860. A beneficiarne fu Harriet Lane, nipote dell’unico presidente americano scapolo, James Buchanan. Lei divenne a tutti gli effetti la sua aiutante personale e lo seguì passo passo durante l’intero mandato.
Dopo di lei tutte le “prime donne” americane furono identificate con questo appellativo, ma ognuna lo interpretò a suo modo. Intraprendenti e sempre in prima fila alcune, defilate e discrete altre. Una cosa era chiara a ognuna di loro però: essere la moglie di un capo di Stato significava essere proprio malgrado una figura di riferimento sia a livello politico sia a livello mediatico.
Il ruolo politico della “prima donna”
Le first ladies non potevano “limitarsi” a presenziare solo in funzioni cerimoniali. La loro posizione poteva e doveva creare un cambio di passo a livello di opinione pubblica, amplificato dalla stampa. Le tematiche sociali, culturali, umanitarie, se ben orchestrate, avrebbero avuto ripercussioni anche sugli equilibri politici. Mai pensiero fu così lungimirante. Le due donne che meglio compresero questo duplice ruolo e lo incarnarono alla perfezione furono Mary Lincoln prima ed Eleonor Roosvelt poi.
Quest’ultima non fu mai una comprimaria, ma una protagonista indiscussa del suo tempo. Una delle first lady più amate d’America, fu la prima a spendere il proprio ruolo a favore dei diritti civili, dell’educazione e delle pari opportunità. Era talmente calata nel suo ruolo che volle che un’ala della Casa Bianca fosse a esclusivo utilizzo suo e del suo staff, prontamente scelto e organizzato da lei stessa.
La first lady non è più una questione solo americana, il mondo intero la guarda
Se all’inizio la carta stampata era il solo mezzo di informazione, e la figura della first lady rimaneva un’immagine stampata e statica, di donna lontana e quasi inarrivabile, l’avvento della televisione diede anima e profondità a questa figura proiettandola oltre i confini americani e portandola a essere un modello per tutte le donne.
Jacqueline Kennedy
Il pensiero corre subito a lei, che sebbene sia stata first lady per un tempo relativamente breve è entrata di diritto nella hall of fame delle prime donne più conosciute, ammirate e imitate di tutti i tempi. Le troupe televisive non si stancano mai di riprenderla e la sua immagine tra incontri ufficiali e vita privata fa presto il giro del mondo. Con lei il ruolo di first lady si completa. Non solo moglie, madre e ambasciatrice delle più svariate attività sociali, culturali e umanitarie, ma anche icona indiscussa di stile ed eleganza. I suoi outfit fanno moda, non vi è donna che non aspiri a imitarla.
E l’abito della first lady diventa comunicazione non verbale
La scelta dell’abito per qualsiasi occasione è fondamentale per la first lady, l’arte diplomatica passa anche dalla moda e la moglie del trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti lo comprende sin da subito. Solo un’altra donna è stata in grado, e lo è tutt’ora, di fare dei propri abiti un vero e proprio strumento di comunicazione non verbale molto efficace, la regina Elisabetta II d’Inghilterra, la First Lady per eccellenza.
Anche l’economia di un Paese passa dalla first lady
Con l’avvento dei social media, il ruolo delle prime donne americane si evolve ancora una volta. Le uscite pubbliche e quelle private sono costantemente documentate dal social di turno, e l’outfit oltre a rimandare messaggi ben precisi diviene anche modello da possedere dalla moltitudine dei followers. Lo sa molto bene Michelle Obama che pare abbia fatto incassare circa dieci miliardi di dollari a tutte le aziende coinvolte nel rifornimento dei suoi guardaroba. Ma non è l’unica. Sempre per rimanere in casa Windsor, Kate Middletone, consorte del futuro re d’Inghilterra, da sempre è un modello da seguire e imitare da milioni di donne per i suoi capi d’abbigliamento, molti dei quali, appena postati, vanno letteralmente a ruba per buona pace del comparto moda inglese.
Nel Vecchio Continente le prime donne sono sempre teste coronate
La first lady americana è ormai una istituzione, non possiamo dire altrettanto nel Vecchio Continente, dove forse sono ancora le teste coronate a fare la differenza a ogni loro respiro. La famiglia reale britannica è la prima, ma non dimentichiamo la corona spagnola e le principesse del Principato di Monaco. Le mogli dei capi di stato o dei primi ministri europei non incarnano completamente il modus operandi americano.
E in Italia?
Nel Belpaese, il fenomeno è ancora più marcato. Difficilmente ricordiamo le consorti di primi ministri e di presidenti. Se avessero un ruolo più attivo e di peso, invece, soprattutto nel campo dei diritti delle donne da ogni punto di vista e a ogni livello forse potremmo essere sulla strada giusta per uscire da un’arretratezza culturale e di genere che in Italia fa fatica a scomparire.
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