“Bucare lo schermo” è l’ultimo libro dello psicoanalista Roberto Pozzetti, pubblicato da Alpes Italia nel 2022. In esso ci si interroga sulle nuove tecnologie digitali. L’intervista.
La formazione di Roberto Pozzetti
Si chiama Roberto Pozzetti, si è laureato in Psicologia presso l’Università degli Studi di Padova. In seguito, nel 2001 si è specializzato in psicoterapia, all’Istituto Freudiano di Roma, con una tesi sulla pulsione nelle dipendenze, prende poi parte alla Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano.
Oggigiorno, Pozzetti lavora come psicoanalista a Como, occupandosi di adulti, adolescenti e bambini. Oltretutto, è anche Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale di Como e Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “InOut”, impegnandosi in modo particolare nell’ambito della risoluzione di problemi come: attacchi di panico, ansia, fobie, disturbi sessuali e interrogativi sull’identità sessuale, disturbi ossessivo-compulsivi, difficoltà di coppia e problemi relativi alla separazione dei genitori, disturbi dell’alimentazione, problemi adolescenziali e preadolescenziali, nuove forme di addiction, disturbi psicosomatici e disturbi depressivi.
I libri che ha scritto
Tuttavia, Roberto Pozzetti è anche autore di vari saggi e molteplici trattati, tra i quali: “Senza confini, Considerazioni psicoanalitiche sulle crisi di panico”, FrancoAngeli, Milano, 2007, “Tessere la cura. Elementi per la pratica della psicoanalisi”, Franco Angeli, 2018, “Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali”, Alpes Italia, 2021.
Inoltre è co-autore di “Civiltà e disagio. Forme contemporanee della psicopatologia”, Bruno Mondadori, Milano, 2006, e “Alcolismo e tossicodipendenza oggi”, Di Girolamo, 2010, “Gaia di nome. I disturbi alimentari nell’adolescenza”, Il Ciliegio, 2016, “, “Verità e segreti del Covid-19. Le ondate della pandemia”, Alpes Italia, 2021.
“Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali”
Riguardo il suo ultimo testo, uscito pochi mesi fa, “Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali”, pubblicato da Alpes Italia, lo psicoanalista si domanda la funzione all’interno della nostra esistenza delle nuove tecnologie digitali, rivolgendosi sia ai clinici coinvolti nelle implicazioni della diffusione del digitale sulla pratica della psicoanalisi che a genitori e docenti di bambini e adolescenti che sempre più spesso, oggi, si ritrovano a dover adoperare gli oggetti digitali. Io ho pensato di intervistare Roberto Pozzetti per Pink Magazine Italia allo scopo di conoscerlo meglio.
Mi presento
- Ciao Roberto, parlaci di te, di chi sei e di cosa ami fare, insomma, presentati pure ai nostri lettori…
«Ciao! Sono Roberto Pozzetti, provengo dalla provincia lombarda, non lontano dal confine con la Svizzera. All’età di 19 anni, mi sono trasferito da una minuscola realtà locale, da una casa di semplici lavoratori alla città universitaria di Padova (una fra le più antiche del mondo) per cavalcare un sogno: quello di occuparmi di psicoanalisi. Avevo infatti iniziato a leggere Freud da adolescente, quando ero ancora liceale e volevo operare nel campo della psicoanalisi. Mi incuriosiva l’inconscio e in particolar modo il sogno anche perché facevo alcuni sogni ricorrenti che mi suscitavano molti interrogativi.
La mia formazione
All’università di Padova, non senza qualche difficoltà, mi laureai poi con una tesi sull’evoluzione dell’isteria dai tempi di Freud ai giorni nostri. Iniziai un percorso di formazione dell’inconscio, attraverso l’incontro con la psicoanalisi lacaniana, che mi ha portato a divenire membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi in Italia e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi. Ho lavorato in istituzioni pubbliche, soprattutto in équipe dedite al trattamento delle dipendenze. Da oltre vent’anni, pratico la psicoanalisi privatamente ricevendo di frequente persone con disturbi d’ansia e attacchi di panico, crisi di coppia, disturbi alimentari, calo del desiderio erotico.
Non del tutto contento del percorso analitico svolto a suo tempo in Italia, da quattro anni ho deciso di ricominciare analisi e supervisioni a Parigi. Parlo regolarmente di me stesso e dei miei pazienti ad analisti di ampia esperienza, i quali hanno avuto il privilegio di svolgere la propria analisi e di lavorare direttamente con il Dottor Lacan».
La passione per la scrittura
- Come nasce la tua passione per la scrittura?
«Scrivere mi è sempre piaciuto così come mi piaceva leggere (attività che trovo tuttora rilassante) e tradurre testi dall’inglese. Da ragazzo, tenevo un diario. Non sono, però, mai stato uno di quegli adolescenti che scrivono poesie in segreto. Preferivo e preferisco scrivere in prosa. Trovo coinvolgente scrivere. Mi piace mettermi dinanzi a una tastiera oppure, più raramente, prendere carta e penna. Si tratta anche di un modo per riordinare le idee, per sistematizzare dei concetti così come di un modo per dar vita a delle nuove creazioni culturali.
Freud e il concetto di pulsione
Uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, già per Freud, è il concetto di pulsione: una spinta umana verso il soddisfacimento, verso un soddisfacimento che risulta di fatto sempre mancato. La forma più chiara della pulsione è la pulsione sessuale. Vi sono diverse vicissitudini della pulsione e una di queste non concerne affatto l’appagamento immediato ma è invece relativa alla sublimazione. La sublimazione implica l’elevare l’oggetto della pulsione alla dignità di qualcosa di assoluto là dove non si giunge alla scarica sessuale ma si consegue comunque un piacere in altre forme appunto sublimi. Tra le forme della sublimazione, quelle culturali hanno un posto importante: scrivere così come dipingere, suonare o cantare sono forme di soddisfacimento culturale che hanno pari rispettabilità dell’appagamento dato dalla vita erotica. Scrivere è qualcosa di erotico, una manifestazione di Eros».
Il mio romanzo del cuore
- Quale è il tuo romanzo o la tua opera che racconta più di te o al quale sei più affezionato?
«Il testo al quale sono più affezionato è il mio ultimo libro, Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali, pubblicato da Alpes, casa editrice di Roma. Vi sono affezionato perché credo di averci messo gli avanzamenti più originali, innovativi della mia pratica clinica ma anche una lettura inedita delle tante questioni sollevate dalla digitalizzazione del mondo. Del digitale parlano e scrivono sociologi, antropologi, filosofi. Ne scrivono anche psicologi, soprattutto coloro che si occupano molto di età evolutiva ma lo fanno quasi sempre da un vertice fenomenologico, cognitivista o sistemico. Non sono molti gli psicoanalisti che hanno compiuto delle elaborazioni approfondite a proposito del digitale.
Gli oggetti plusgodere.
Ho proposto delle riflessioni sulla diffusione degli oggetti tecnologici, sia come causa sia come effetto del declino dell’autorità paterna nella nostra società. Ho descritto cosa si intende per oggetto in psicoanalisi non soltanto in riferimento agli oggetti dello sviluppo psicosessuale (livello orale, anale, fallico) ma anche e soprattutto a proposito degli oggetti plusgodere. Con il termine di oggetti plusgodere – proposto dallo psicoanalista Jacques Lacan – ci riferiamo a prodotti dell’industria e della cultura che hanno pari valore di quelli corporei e offrono comunque un soddisfacimento senza, però, mai fornire un godimento pieno né totale così da rilanciare la ricerca di nuovi oggetti.
La società dei consumi
Ottenere beni di consumo, tipici de La società dei consumi – per citare il titolo di un noto libro del sociologo Jean Baudrillard – lascia ben presto inappagati e spinge all’acquisto di prodotti sempre nuovi in un’insaziabile mancanza di godimento. Per questa specifica lettura di impronta psicoanalitica, credo che il mio libro sul digitale abbia un futuro. Le questioni sollevate sono estremamente attuali e andranno messa alla prova dei fatti nei prossimi mesi e nei prossimi anni».
Il virus
- Raccontaci di come hai trascorso tu la pandemia ed il lock down gli scorsi anni. Quale idea hai partorito in quel contesto?
«Nei primi tempi della pandemia, quando il virus sembrava ancora confinato in Cina e in Italia venivano acclarati soltanto pochi casi, credevo sinceramente si stesse sopravvalutando questa vicenda. Trovavo esagerata anche la misura del lockdown. Io stesso ho dunque creduto che il Covid fosse poco più di un’influenza. Non nego di essere rimasto molto, molto colpito svegliandomi una mattina di marzo e vedendo le immagini dei camion militari che trasportavano le salme dei deceduti per questo virus dalla vicina Bergamo ad altre parti d’Italia. È stata quella la scena che mi ha portato a preoccuparmi sinceramente per la sorte mia e dei miei cari al punto da spostare quasi tutta la mia pratica clinica online.
Il lock down
Nel corso del lock down ho provato a inventare qualcosa per non annoiarmi: ho ricevuto pazienti a distanza e ho partecipato sia come relatore sia come ascoltatore a diversi webinar per rimanere attivo nel mio lavoro; ho registrato una serie di video su argomenti cruciali della psicoanalisi (appunto la noia e il desiderio) e sulla storia dei maestri della psicoanalisi per Arci Como Web TV, organizzazione che mi aveva chiesto un contributo in questi termini.
Avevo già iniziato a scrivere articoli per www.agendadigitale.eu e abbozzavo l’idea di farne un libro più vasto. Il tempo trascorso in casa in occasione del lock down ma anche del coprifuoco specifico di zone arancioni e rosse nell’inverno fra la fine del 2020 e i primi mesi del 2021 mi ha dato il tempo di mettere in una forma più strutturata le mie considerazioni sino a pubblicare questo volume di circa 250 pagine che ora stiamo presentando non soltanto online ma anche in presenza, in una situazione sanitaria tale da poterci incontrare di nuovo offline».
Le funzioni della scrittura
Come definiresti la funzione della scrittura nella tua vita oggigiorno?
«Mi piace il concetto di “funzione della scrittura”. É il titolo di un paragrafo di Bucare lo schermo. Ormai tutti noi abbiamo spazi di scrittura: scriviamo pubblicamente su social network come Facebook che divengono una sorta di piazza virtuale, scriviamo mail private, chattiamo nei gruppi di Whatsapp. Vi è un incremento della scrittura e un’enorme disponibilità di materiale scritto reperibile online. La scrittura non ci fa mai sentire soli, offre l’illusione di un’unione costante con gli altri.
La funzione della scrittura per me
Nella mia posizione soggettiva, la scrittura ha principalmente tre funzioni. La prima è appunto quella di mantenere un contatto con gli altri: con amici, con familiari, con colleghi.
Una seconda funzione appare più specifica della mia pratica clinica: prendere degli appunti sul computer del mio studio quanto a casi che stanno attraversando delle difficoltà nella prospettiva di parlare poi di alcuni fra questi casi a Parigi, in supervisione, nello spazio intimo e riservato che è lo studio del mio supervisore.
La terza funzione concerne momenti di una certa intimità: scrivo da solo, nella tranquillità della mia abitazione, quando non vi è nessuno con me. Questo mi permette di prendermi del tempo per sottrarmi alla frenesia di un mondo sempre molto competitivo e prestazionale, di distogliermi da certe preoccupazioni, di concentrarmi, di dare un’organizzazione ai miei vissuti, di prendere il mio testo come uno specchio della mia anima, di trovare pacificazione soprattutto nelle serate trascorse senza molti contatti umani».
I miei hobby
Parlaci dei tuoi hobby!
«Fra i miei hobby annovero, dunque, proprio la scrittura. Gradisco molto però anche la lettura; leggo con piacere il quotidiano, leggo saggi e, quando trovo del tempo, anche romanzi. Amo la musica, che trovo pacificante: ne ascolto di rockeggiante mentre mi sposto con la mia auto oppure di più soft, anche quale metodo inducente il sonno, poco prima di addormentarmi.
La mia passione per i viaggi
Mi piace viaggiare e visitare varie città europee; quando vado a Parigi per analisi e supervisioni, mi appassiono nello scoprire ogni volta un angolo per me inedito di quella splendida capitale. Non sono un esperto d’arte ma mostre e musei mi coinvolgono: un quadro che ammiriamo ci pacifica meglio di un ansiolitico. Mi piace lo sport: vederlo ma anche praticarlo, per quanto possibile. Apprezzo molto i momenti di serena condivisione con amici. Vorrei ritagliarmi qualche spazio in più da dedicare al cinema: questo mi manca».
Perché acquistare “Bucare lo schermo”?!
Perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Bucare lo schermo”?
«Questo libro si presta a venire letto integralmente oppure focalizzandosi su capitoli di specifico interesse. Genitori e docenti di bambini e adolescenti dovrebbero comprarlo per avere una prospettiva di lettura originale anziché banale del fenomeno della iperconnessione in età evolutiva con il rischio che questa vada a sfociare in una dipendenza oppure in fenomeni come il cyberbullismo, il sexting o il revenge porn: una lettura centrata sull’inconscio.
Perché anche i colleghi dovrebbero acquistare “Bucare lo schermo”
Colleghi clinici dovrebbero acquistarlo per lo studio di una serie di lavori qui riportati a proposito della pratica terapeutica svolta online. Viene proposta una tesi fondamentale sul funzionamento delle sedute online centrate sul campo della parola e del linguaggio, sull’immagine, sul corpo pulsionale e sul transfert relativo agli oggetti digitali quale elemento che unisce gli altri tre.
Oltretutto, vengono riportati esempi di pratica clinica svolta attraverso l’utilizzo di dispositivi digitali con persone che soffrono di attacchi di panico o con soggetti che rientrano nel novero dello spettro autistico.
Anche persone con questi disturbi o loro familiari dovrebbero leggerlo per trarne un beneficio prezioso».
Link per l’acquisto: BUCARE LO SCHERMO
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