Dal libro alla serie di Netflix, scandalo del 2017, in molti hanno sentito parlare di Hannah Baker. Dalle pagine allo schermo risuona la sua voce, cupa, triste, ormai disillusa dalla vita, rassegnata a quell’effetto valanga che trascina chiunque, lettore o spettatore, insieme a lei in un vortice da brividi e, al contempo, così crudelmente reale.
“Ciao. Sono Hannah Baker, in diretta e stereo”.
Ambientato negli Stati Uniti del 2000, la storia inizia quando un ragazzo, Clay Jensen, inizia ad ascoltare dei nastri che qualcuno ha impacchettato e lasciato fuori dalla porta di casa. “Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori… Ve lo prometto.” Hannah è morta, a scuola non si è parlato d’altro per le ultime settimane; ma nelle orecchie di Clay c’è la sua voce, quella della ragazza di cui era innamorato fin dal primo anno di liceo. Hannah è morta, Hannah si è suicidata ingoiando delle pasticche mentre era sola in casa. A cosa serve conoscere il perché di quel gesto? Hannah è morta e i suoi segreti dovrebbero essere seppelliti con lei. Ma lui non ha voce in capitolo: lei ha deciso di uccidersi e di rivelare tredici segreti, tredici vicende che riguardano tredici persone.
Le Tredici ragioni del perché si è tolta la vita.
Pubblicato nel 2007, ma arrivato solo quest’anno in vetta alle classifiche mondiali grazie all’omonima serie prodotta da Netflix, con 13, Jay Asher ha aperto il proverbiale Vaso di Pandora. Da anni, ormai, l’argomento bullismo tra gli adolescenti è tra i più attuali in circolazione e chiunque di noi ne può dare conferma: che fossimo vittime, carnefici o semplici spettatori, sembra che in tutte le scuole ci siano i più forti che se la prendono con i più deboli. E se i più deboli sono delle ragazze e i carnefici i ragazzi – beh, ecco che arriviamo a 13.
Sia ben chiaro, non sono solo i ragazzi a ricoprire il ruolo dei cattivi. Tra i tredici vi sono anche tre ragazze che, per motivi diversi, svolgono il ruolo dei carnefici; ma qui la vittima è una ragazza e per quanto vogliamo parlare di potere rosa e di sorellanza, raramente il gentil sesso si schiera contro i ragazzi fighi della scuola, contro il proprio fidanzato o, semplicemente, quello che ti piace.
Il libro copre due anni della vita di Hannah, due anni in tredici avvenimenti con tredici persone che le hanno cambiato la vita. O, per meglio dire, distrutta.
Da un bacio in un parco giochi per bambini nascono pettegolezzi sul fatto che sia una ragazza facile, da una lista arrivano le molestie verbali e fisiche, con stalker che si appostano sotto le finestre per scattare fotografie e pseudo editori che pubblicano materiale rubato, il tutto condito da amiche non proprio amiche e altre che, semplicemente, se ne approfittano. E il ragazzo perfetto che guarda, troppo timido per parlare, a tratti troppo influenzato da quei pettegolezzi per guardare oltre le apparenze – fino a giungere alla violenza finale, l’incubo di tutte le donne, adolescenti o adulte, quella più sporca, più disgustosa, da parte di uomini con manie di potenza. Infine, per non far mancare nulla, gli adulti: i genitori che non capiscono, i professori che non vogliono vedere quello che succede ai ragazzi a cui dovrebbero insegnare non solo formule e nozioni ma a vivere, con gli altri e con se stessi, ad affrontare la vita. Gli adulti che, a volte, fingono di non accorgersi delle cose perché è più facile – anche quando queste vengono a bussare alla tua porta invocando disperatamente, con i gesti e le parole non dette, il tuo aiuto.
Ecco cos’è 13: un urlo di aiuto, uno straziante grido silenzioso in una sala affollata e rumorosa.
E quel che salta più di tutto all’occhio del lettore è lo stile della narrazione, quell’alternanza tra caratteri normali e corsivo, la storia di una ragazza e i pensieri di un ragazzo. È quel prendere e interrompere, il premere pause e play che dura una sera, il racconto di una macabra favola della buonanotte, con il C’era una volta ma senza il lieto fine alla sua conclusione. Nessun Principe Azzurro che uccide il drago e che salva la Principessa – il drago ha vinto, ha bruciato tutto e il mondo non ha fatto altro che riprendere in diretta l’avvenimento.
Negli USA hanno bloccato la visione di questa serie ai minori di quattordici anni perché affronta argomenti forti in maniera troppo cruda, quasi sperando che gli studenti più giovani non abbiano ancora provato sulla loro pelle il bullismo. Come ho detto, l’adulto si gira dall’altra parte, non volendo comprendere che gli adolescenti di oggi affrontano situazioni per loro sconosciute, che vivono esperienze che loro non hanno mai provato a quell’età o nella loro intera vita. E forse 13 avrà anche ampliato al massimo l’argomento, che tutto questo può succedere ad un’unica ragazza solo in un romanzo o in una serie tv – ma che si parli di uno, di dieci o di cento adolescenti, il risultato non cambia: il Vaso di Pandora è stato sollevato, il mondo ha aperto gli occhi sul mondo degli adolescenti… e, speriamo, che richiuderli non sia così facile.
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