L’amore è una forza straordinaria che molto spesso ci fa soffrire. Ma davvero è amore quello che ci fa penare oppure è qualcos’altro? E i social come Instagram, che cosa c’entrano?

L’amore e i social. Le storie d’amore sono qualcosa che riescono sempre ad attirare l’attenzione delle persone in ogni dove, dal cinema ai blog, dai romanzi alle serie tv. I sentimenti sono parte integrante di tutti noi e ognuno li idealizza (e li crea) nella mente a seconda del proprio stato mentale.

Più passa il tempo e più mi par di capire che le “pene d’amore” non derivano certo da quello che ritengo essere un sentimento profondo e puro quanto da incomprensioni, dubbi, perplessità, orgoglio ed egoismo dettati più dalla nostra idealizzazione della perfetta e simbiotica storia d’amore che non dalla realtà dei fatti.

Il titolo di questo articolo la dice lunga.

Instagram ci pone sotto gli occhi di milioni di utenti che ci seguono solo per poterci guardare, non per ciò che siamo, ciò che facciamo o scriviamo, ma semplicemente per guardarci. Va da sé che l’ego di milioni di utenti ha avuto finalmente il suo spazio, per giunta infinito, per soddisfare due concetti: il voyeurismo e l’egocentrismo. Ma è davvero solo colpa di Instagram se le coppie si dividono? Certamente la gelosia è aumentata a dismisura (ahimè si registra anche un aumento di omicidi in tutto il mondo per litigi legati a dei “like” su Facebook o su Instagram), ma a livello sociale è cambiato davvero qualcosa da quando i social-networks sono all’ordine del giorno? Perché le coppie scoppiano e/o ricercano interessi (virtuali) al di fuori della loro relazione?

I motivi sono molteplici, ma i social non hanno fatto altro che amplificare quelle che erano (e rimangono) le difficili relazioni sentimentali tra esseri umani. I tradimenti, le scenate e, purtroppo, i femminicidi, ci sono sempre stati, ma non avevano un’eco parificabile a quest’epoca. Tutto è alla portata di tutti e con semplici click si arriva a profili di persone che sembrano interessanti, affascinanti e intriganti, sino a subentrare nella loro vita (virtuale) rovinando sovente quella reale.

Perché dunque alcune coppie scoppiano a causa di attenzioni che vengono loro date da altri per vie virtuali? 

Per rispondere a questa domanda facciamo un passo indietro, anzi due: dobbiamo tornare all’inizio della relazione, ai veri motivi che ci hanno spinto a scegliere quella persona, poi valuteremo le ragioni che tengono in piedi la relazione.

Spesso siamo portati a additare le colpe al prossimo, ma se il tempo riesce a donarci un po’ di razionalità (questa sconosciuta), troveremmo il modo di percepire quanto e come abbiamo sbagliato anche noi. Partiamo dal concetto che il mondo è un luogo imperfetto ove modi di dire, luoghi comuni ed etichette sono all’ordine del giorno ergo è (abbastanza) normale finire nel calderone ed essere parte integrante del percorso mentale che accomuna la stragrande maggioranza degli esseri umani. E perché mai parlo di “percorso mentale”?

Perché tutto nasce in primis da noi stessi, dalle cose che vogliamo, da come ci poniamo (sui social soprattutto) e da quanta attrazione diamo e riceviamo utilizzando una nostra innata energia nel ritrovare cliché a ripetizione. Trattasi, in spiccioli, di cicli che continuiamo a (cercare e) vivere: nonostante tutto, ci ritroviamo a soffrire ancora e ancora cercando di capire cosa non abbia funzionato e come siano state difficili le interazioni col nostro partner.

Ebbene, l’atteggiamento mentale fa molto, se non tutto.

Partendo sempre prevenuti e con le mani avanti su determinati aspetti che ci hanno ferito e/o urtato nel nostro passato, finiremo per rivivere le medesime circostanze. Questa non è filosofia spiccia, quanto una ormai assodata percezione degli eventi che si ripetono nella nostra esistenza con modalità non molto dissimili dalle ultime esperienze vissute. Mi spiego: se l’atteggiamento mentale è prevenuto e l’assolutismo che potremmo portare in grembo (passatemi il termine) continuerà ad avere un ruolo egemone nella nostra esistenza, finiremo sempre per voler catalogare i futuri partner cominciando da quesiti più che abusati, etichettandoli in una determinata area e lasciandoli, ahimè, lì.

Questa situazione, che chiamerò “idealizzazione di un individuo” (sintetizzerò con I.D.I.) finirà per programmare la vostra relazione d’amore. Esempi banali, ma concreti, sono quelli tipici di una prima conversazione che si basa su domande stereotipate come “di che segno sei?” (“no perché coi gemelli non vado d’accordo”); “di che religione sei?” (“perché con gli atei non ci parlo”) o “che cosa mangi?” (“perché coi vegani non voglio averci nulla a che fare”) comporteranno sempre e solo una sorta di settorialità degli individui. Ecco perché bisognerebbe (uso il condizionale, ognuno dovrà cercare se stesso nel profondo, non è facile, ma non impossibile) evitare l’I.D.I. poiché sistematicamente la relazione d’amore partirà col piede sbagliato e si muoverà su stilemi già visti arenandosi infine su lidi desolatamente deserti (la nostra ritrovata solitudine).

La soluzione?

Mi piacerebbe averla in tasca e proporla a chiunque, ma ognuno di noi ha un suo percorso emotivo (e famigliare) che ha creato limiti e difficoltà di interazione. Il modo unico per liberarsene è poter credere maggiormente nelle proprie capacità e avere una mente più aperta e possibilmente più elastica. Perché le persone che veramente vogliamo al nostro fianco non sono né saranno figure che ameranno ciò che facciamo nella vita (anche quello, ma in un secondo step), quanto invece come reagiamo alle difficoltà, come amiamo la vita, come la affrontiamo, quanto sappiamo essere dolci e comprensivi e, soprattutto, quanta empatia mettiamo all’interno della nostra relazione.

L’Amore ai tempi dei social è divenuto persino più arduo di quello che poteva esserci a priori.

I perché sono legati all’estrema facilità con cui tutti possono raggiungere la nostra figura sapendo già da subito quali sono i nostri interessi, i nostri punti di forza e i nostri punti deboli. Sono ovviamente contrario a chi estremizza e urla “bando ai social networks!” perché viviamo in un’era in cui la condivisione deve avere il suo giusto spazio, ma va intesa quale sia quella corretta e se davvero questa sia necessaria quando si tratta di un piatto goloso che si mangia, una tazzina di caffè o il nuovo costumino indossato al mare (chi non l’ha mai fatto? Ci siamo cascati un po’ tutti). Un certo tipo di condivisione viene letta come “egocentrismo” e questa crea soltanto invidia oppure sentimenti contrastanti che possono danneggiare l’inizio (e l’evoluzione) di una relazione.

Innamorarsi è il primo passo, amarsi il secondo, ma rispettarsi evitando fuorvianti e inutili ricerche di attenzioni da parte di persone a voi sconosciute, dovrebbe essere la prima regola di qualsiasi rapporto. Guai a chiudersi a riccio, ben inteso, i social vanno utilizzati, ma l’amore è fuori dal mondo virtuale sebbene quel luogo parallelo può sempre minarlo, non dimentichiamolo mai. ?

Buona vita (reale)!

Marco Paracchini