Reportage semiserio, parte seconda

Eccoci alle seconda ed ultima puntata di questo reportage di viaggio semiserio.

Venerdì scorso vi ho deliziati con il racconto dei nostri due giorni a Barcellona. Oggi cercherò di restare seria e sobria per raccontarvi il viaggio on the road verso Valencia.

IL VIAGGIO ON THE ROAD VERSO VALENCIA

Chiusa la nostra bella tenda (della quale vi avevo parlato qui), con il clima più bello di tutto il soggiorno a Sitges e Barcellona (sigh!) ci siamo diretti verso la nostra meta.

La strada è bella e lineare, con tratti vicini al mare ed altri in cui sembra di stare in una specie di deserto.

Altri ancora ricordano le mie colline umbre, con tanti vigneti e torri.

Per arrivare a Valencia abbiamo impiegato all’incirca tre ore e mezza, con un’unica sosta in un autogrill posto dall’altra parte della strada. Sconsiglio questo tipo di fermate a chi soffre di vertigini, perché bisogna attraversare a piedi dei ponti sopra l’autostrada. Devo dire che fa un certo effetto: io ho camminato esattamente al centro senza mai distogliere lo sguardo dai miei piedi. Nonostante ciò, ho avuto necessità di prendere a braccetto un nipote alto e robusto. Devo dire che è stato il momento di tutto il viaggio in cui ho pensato di stare veramente invecchiando.

Se comunque avete dei bisogni fisiologici da espletare, credo che non avrete molta scelta. A meno che non troviate un cespuglio bello grande dal vostro lato del parcheggio.

Gli autogrill non ci sono sembrati così diffusi lungo la strada.

Valencia nel suo fascino
FINALMENTE LA VERA META DEL VIAGGIO

L’arrivo a Valencia ci ha spiazzati con raffiche di vento inaspettate: avete presente quella nuvoletta che perseguita Fantozzi? Il clima in questo viaggio è sembrato proprio volerci fare questo scherzetto, almeno nella prima parte.

Poco male, comunque, per quel primo giorno. Infatti, stanchi del viaggio, ci siamo dedicati ai saluti al resto degli invitati al matrimonio che piano piano stavano arrivando in hotel, alla visita alla casa dei futuri sposi e perlustrazione dei dintorni con capatina da ALDI (dove, mamma – scusa – ho trovato il souvenir per te!) e aperitivo al Lounge Bar dal nome… “orientale” (non posso svelarvi tutto!).

Il buffet dell’hotel ha convinto i miei figli che ci hanno voluto mangiare più volte possibile.

Erano certamente stufi degli snack veloci, in piedi e fuori orario di Barcellona, ma soprattutto avevano capito che bastava indicare il numero di camera per poter poi ordinare tutto quello che si voleva (ignorando completamente il fatto che poi avremmo dovuto pagarlo! …avete presente l’urlo finale a Kevin in “Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”?!).

Il buffet apriva alle 20 e noi eravamo i primi. Quell’orario per gli spagnoli è proprio dell’aperitivo e, in effetti, il sole era ancora alto nel cielo.

Grazie all’impazienza dei figli, ci siamo meravigliosamente seduti al tavolo anche noi con una buona bottiglia di vino “Tinto”).

La serata è finita nuovamente al bar sotto l’hotel, troppo stanchi per raggiungere il centro città. Come avrete capito, siamo grandi fautori della “Slow Life”..!

La mattina successiva ricordo solo i pianti del figlio maggiore che voleva andare nella piscina dell’hotel.

Aveva scoperto che la stessa avrebbe aperto negli orari precisi in cui noi eravamo impegnati nella merenda con gli sposi e poi subito dopo in chiesa.

Si è calmato solo dopo promessa di un pranzo al buffet con cannelloni molto simili a quelli italiani… cuore di mamma!

Sole e Valencia. Accoppiata perfetta
BREVE DESCRIZIONE DI UN MATRIMONIO MULTICULTURALE

La sposa (italiana) aveva giustamente intuito che la cena di matrimonio fissata per le 22:30 avrebbe potuto destabilizzare lo stomaco di qualche invitato.

Così abbiamo dedicato il pomeriggio a trucco e parrucco e a questa merenda in hotel saggiamente fissata per le 17.

Un pullman ci attendeva fuori dall’hotel per portarci in una ventina di minuti in pieno centro storico a Valencia.

Qui la cerimonia sarebbe iniziata alle 20, nella chiesa di Santa Catalina con delle alte ed eleganti vetrate colorate dietro l’altare.  

Finalmente abbiamo potuto ammirare la bellezza del centro di Valencia, con il famoso campanile della cattedrale (el Miguelete) sullo sfondo.

Tanti palazzi storici e negozi lungo le vie più larghe, molti localini dove mangiare, noleggiare bici o monopattini o acquistare souvenir lungo le vie più strette.

Ricordo molti turisti, musica, un’aria di festa.

Era la serata della finale della “Coppa del Re” (e il Valencia giocava) e la festa di san Giorgio, per cui, oltre ai tifosi che arrivavano un po’ da tutta la Spagna, ci siamo anche imbattuti in una processione di una specie di confraternita della città poco prima dell’arrivo della sposa.

Per un attimo ho pensato che fosse opera di mia cognata, e cioè una sorta di accompagnamento della sposa in chiesa ma, poi, vedendo i cavalli e addirittura la banda locale ho intuito che non sarebbe stato assolutamente nel suo stile.

La cerimonia è stata molto sentita e vissuta, con alcune letture in spagnolo ed altre in italiano. La cena è iniziata nell’orario stabilito (22:30) ma non ce ne siamo minimamente accorti (probabilmente grazie al “fermino” della merenda!). Siamo andati a letto alle 3 del mattino e il giorno dopo abbiamo dormito fino a tardi.

LA VISITA VERA E PROPRIA DELLA CITTA’

Liberi da ogni incombenza e consci di dover lasciare in pace i novelli sposi, finalmente la domenica abbiamo trovato uno splendido sole primaverile ad attenderci e ci siamo fatti un bel giro dalla tarda mattinata e per tutto il pomeriggio, prima al centro storico e poi alla Città delle Arti e delle Scienze, vera meraviglia futuristica della città.

Con la metro siamo scesi alla stazione principale, vicino all’arena della corrida, in Plaza de Toros – ovviamente.

D’obbligo due giri sulla giostra vintage a due piani che avrebbero ben predisposto i bambini a proseguire a piedi per le meraviglie della città (“Magari ne troviamo altre…”).

Qui c’è un ufficio di informazioni turistiche dove ancora una volta ho appurato la mia appartenenza agli anni Ottanta e non al Duemila come i nipoti osando chiedere una mappa della città di Valencia con i monumenti più importanti da vedere.

Da qui abbiamo attraversato tutta la via principale, da Plaza de Ayuntamiento, dove c’è il grande Municipio, fino a Plaza Mercado con il caleidoscopico Mercato Centrale.

Nel percorso, tante bancarelle dalle quali cercare di tener lontani i bambini che comunque, nel frattempo, dal lato opposto della strada, erano già stati attratti come le api con il miele da personaggi giganti (immagino grandemente sudati all’interno) come coniglietti di peluche e RoboCop spaziali.

Ad ogni foto mio marito lasciava gentilmente una moneta fino a che con delicata finezza non mi ha fatto capire di averle finite e di cercare di attraversare la strada prima possibile indicandomi con un cenno impercettibile del capo Minnie e Mickey Mouse sullo sfondo.

Il grande non si era accorto di nulla, da buon maschio, ma alla piccola non erano sfuggiti il fioccone gigante e le scarpe col tacco di Topolina (e forse anche l’impercettibile movimento del capo del padre, ipotizzo io…).

A pochi metri di distanza dal Mercato Centrale si trova la Lonja de la Seda (la Borsa della Seta), importante testimonianza dell’architettura gotica. E’ stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità.

Attraverso strette viuzze caratteristiche si passa facilmente poi da Plaza de la Virgen a Plaza de la Reina. Qui si trova la Cattedrale del Santo Calice che merita una visita.

Qui stanno ristrutturando tutta la piazza. Nonostante alcuni negozi e ristoranti chiusi, abbiamo trovato una buona pizzeria italiana dove rifocillarci dopo la bellissima passeggiata a piedi.

LA CITTA’ DELLE ARTI E DELLE SCIENZE

Il pomeriggio è proseguito con un’altra rilassante passeggiata a piedi. Foto di rito, gelato vicino alla bella Plaça de la Mare de Déu. Poi ancora sosta al meraviglioso parco che costeggia tutta la città fino a che uno dei nipoti, mosso a pietà, ha deciso di esaudire il mio ultimo desiderio di andare a visitare la “Ciutat de les Arts i les Ciencies”.

Ci ha accompagnato passo passo, portandoci alla fermata del bus mentre il resto della sua famiglia si dileguava (avevano già visitato tutta la città in bici per quattro ore al mattino).

Sempre con le sue famose mappe ed app all’interno del cellulare aveva spiegato dettagliatamente ai tre fratelli minori il percorso da fare per tornare in hotel chiedendo un whatsapp di conferma ad arrivo avvenuto.

Pochi minuti dopo, sotto il mio sguardo attonito, aveva noleggiato un motorino accanto a noi per il padre, che di bus e metro era stanco. Gli aveva detto con precisione e sicurezza che in otto minuti esatti avrebbe dovuto essere in albergo. Che non usasse le ciclabili facendosi riconoscere in quanto italiano, di rimettere il casco al suo posto e di chiamarlo non appena avesse parcheggiato (nel parcheggio dedicato ai motorini, proprio di fronte alla reception, non poteva sbagliarsi) così che lui poteva bloccare il noleggio (3 euro e qualcosa in tutto).

Abbiamo atteso il bus che ci avrebbe portato tra le bellissime opere architettoniche di Calatrava, un posto incantato, io pregando per otto minuti esatti che arrivasse la chiamata di mio cognato sano e salvo dal parcheggio per motorini dell’hotel.

Di minuti ne ha impiegati nove. Se li è certamente goduti meglio rispetto a noi, con il sole ed il caldo spagnolo che finalmente si facevano sentire e la mascherina (obbligatoria solo sui mezzi pubblici per gli over 14, in tutta la Spagna).

In poco tempo abbiamo raggiunto la zona futuristica della città. I miei figli erano attratti da ogni tipo di mezzo noleggiabile nella zona: dalle barche, ai sup, ai monopattini, alle bici, ai go kart.

Sembrava una specie di parco giochi all’aperto, con laghi artificiali dalle acqua cristalline e sculture nel mezzo e palme sul giardino panoramico rialzato, l’Umbracle.

Una grande scritta “VALENCIA” è stata perfetta per le foto da stampare per quegli album ricordo che di solito, ahimè, non si fanno mai (ma che farò!).

Qui ci sono il Palazzo della Musica e il Palazzo delle Arti Reina Sofia. Poco dopo l’Hemisferic, la cui forma somiglia ad un occhio umano e di notte sembra proprio un emisfero perfetto con la metà specchiata nell’acqua. Segue il Museo delle Scienze Principe Felipe con una forma allungata circondata anch’essa di specchi d’acqua. Al suo interno, percorsi didattici ed interattivi (con spiegazioni e didascalie anche in italiano!).

Chiude questa sfilata di meraviglie architettoniche l’Oceanografic, uno dei parchi oceanici più grandi al mondo, per la cui visita (ci hanno riferito) occorrono circa quattro ore di tempo.

Estasiati da tanta meraviglia siamo tornati verso l’hotel appagati della giornata piena e bella. L’avevamo superata senza troppi intoppi né capricci: il nostro caro e rassicurante buffet sarebbe stato il premio finale per i bambini (e per me).

Questa volta, per la prima volta, non saremmo stati i primi. I camerieri, comunque, segnavano già a mente il numero della nostra camera e ci sorridevano.

ANCORA ON THE ROAD, VERSO LA NOSTRA NAVE… SURREALE!

Il rientro, il giorno dopo, verso Barcellona dopo aver salutato sposi, parenti e amici è stato lento e calmo. Ci siamo presi tutto il tempo per ammirare il panorama e salutare Valencia, così eclettica e accogliente.

Abbiamo fatto una sosta in una piccola località di mare scovata a caso lungo la strada. Non mangiando pesce avevo scartato tutti i posti dove leggevo “pescado” e abbiamo scelto l’unica braceria sul mare che si è rivelata deliziosa: abbiamo mangiato molto bene ad un prezzo più che onesto. Unico neo di tutto il viaggio: non abbiamo mai gustato un vero caffè espresso come si deve (sapete che è cosa fondamentale per me!).

Dopo aver ascoltato tutto il repertorio musicale spagnolo che mi veniva in mente dall’adolescenza in poi – e non credevo fosse così vasto! – aiutata anche dai suggerimenti di you tube (che deve aver capito quanto io sia schizofrenica in fatto di gusti musicali), siamo tornati al famoso cimitero terrazzato di Barcellona e alla nostra bella nave su mare piatto.

Il viaggio è stato surreale. Eravamo circondati da studentesche straniere di ogni genere, che giravano spesso seminude o erano cosplayer (o forse no, non lo sapremo mai). Mio marito aveva occhi sgranati e girava continuamente la testa sicché ho capito che, purtroppo, avrei dovuto prendere le redini del viaggio di ritorno. Pronunciavo frasi perentorie del tipo “Ora dobbiamo dar da mangiare qualcosa ai bambini”, “Porta nostro figlio ai videogiochi come avevi promesso” e similari.

La discoteca ed il bar sul ponte erano aperti e devono aver causato, al mattino, quello che il mare piatto non avrebbe potuto..! Dalla parte opposta della nave, invece, 350 giovani di un movimento ecclesiale tornavano da un pellegrinaggio in Spagna raccontando le loro testimonianze e cantando… ed erano tutti della nostra regione!

Insomma, a noi sembrava di stare nel mezzo.

In una sorta di purgatorio tra un girone infernale ed un altro paradisiaco (ma non sono sicura che la prospettiva mia e di mio marito in proposito sia stata esattamente la stessa..!).

CONCLUSIONI

Ad una prima, breve, impressione, Valencia ci è sembrata più adatta ad una famiglia (ma di certo il bel clima che abbiamo finalmente trovato ha influito su questa impressione).

Ci è sembrata più ricca di cose da fare, un continuo accostamento di nuovo e antico, una città ben servita e pulita, con strade larghe, tante piazze e parchi.

Quest’anno, poi, Valencia è Capitale Mondiale del Design.

Inoltre, insieme a Bordeaux, è stata scelta come Capitale del Turismo Intelligente.

Ancora, Valencia è stata nuovamente nominata la città più sana del mondo secondo Money.co.uk.

Per questo pensiamo che dobbiamo assolutamente tornare a trovare gli zii.

Forse, questa volta, in aereo!