Un libro che consiglio ai giovani appassionati di storia e di politica, ma anche a chi vive in un piccolo comune della pianura padana (perché credo sempre nel potere d’immedesimazione delle storie) e a chi è appassionato di parallelismi, storie scritte a più piani, punti di vista e intersecature.
Lo scooter rosso bandiera è un’ultima uscita letteraria firmata BIBI BOOK, autore Paolo Cattabiani, per la collana Raccontintransito. Nel libro si è cercato di trattare argomenti delicati attraverso toni leggeri.
L’autore lo definisce “una sorta di poliziesco la cui trama si sviluppa dentro la metamorfosi economica e sociale di un piccolo paese della Pianura Padana, nel pieno della crisi del 2008 e alcuni anni dopo la caduta dell’URSS”.
Di se stesso, Paolo Cattabiani parla così:
“Sono nato all’ospedale di Reggio Emilia nell’estate del ’58, città nella quale risiedo dal 1980.Da ragazzo volevo fare il giornalista, ma poi la mia vita professionale ha preso altre direzioni. Ho prevalentemente lavorato nel mondo cooperativo, spostandomi tra Bologna e Roma e tra il settore agroalimentare e quello di Coop, dove ho terminato la mia attività entrando nei tabulati INPS.Una volta in pensione, ho pensato di impegnare parte del mio tempo libero andando a recuperare un sogno giovanile: scrivere. Tutto qui, più o meno”.
Riportiamo di seguito la breve intervista che ha concesso per Pink Magazine Italia.
Interessante la storia che unisce sia in senso temporale che spaziale due punti lontanissimi, dal dopoguerra italiano e dal disfacimento dell’Unione sovietica ad oggi, da un paesino della Val Padana alla grande madre Russia. Due rette che sembrano parallele ed invece si rivelano perpendicolari, andando ad incrociarsi nell’unico incrocio con l’unico semaforo di un piccolo comune della Valle padana, in un mercoledì del 2008, verso l’ora di pranzo. Quanto ha viaggiato anche lei (nel tempo e nello spazio) per scrivere questo (primo?) romanzo?
Io non volo. Nel senso che ho paura di volare e non sono mai salito su un aereo. Quindi non ho mai messo piede né a San Pietroburgo né in altri luoghi impegnativi da raggiungere col treno o con l’auto.
Questo per dirle che, verso gli spazi lontani dalla mia città, i viaggi sono stati piuttosto rari e le distanze coperte assai limitate.
Circa il tempo, invece, potendo utilizzare un briciolo di fantasia, conoscendo direttamente i posti che descrivevo e usando internet per quelli che non conoscevo, ho avuto meno problemi logistici. E, così facendo, è potuto anche capitare che le regole geometriche che lei citava, le linee parallele non si incontrano mai, venissero infrante e che non solo si incontrassero, ma addirittura si scontrassero.
Se ci sarà un secondo libro non lo so, dipenderà molto dal rinnovabile grado di “incoscienza” della titolare di BIBI BOOK, alla quale va il mio ringraziamento incondizionato.
Come chi è nato in un paese di mare o di montagna, lei dedica quasi un’ode d’amore ad un elemento naturale poco amato dai più: la nebbia.
Lei ha ragione, la nebbia è generalmente poco amata.Tuttavia per quanti, come me, hanno trascorso infanzia e adolescenza in un piccolo paese della bassa reggiana, non possono che subirne il fascino di cui non ti liberi più. Ricordo che un paio di stagioni dell’anno facevi spesso fatica a distinguere il giorno dalla notte: ci pensava la nebbia a rendere tutto grigio e uniforme. Ti svegliavi che c’era già e ti addormentavi che c’era ancora. Veniva pertanto considerata parte della nostra vita: così come c’era il caldo d’estate, c’era la nebbia d’inverno. E le persone di quei luoghi, che la conoscevano bene, erano molto prudenti. Anche in auto si procedeva lentamente. La nebbia non andava sfidata, ma rispettata.
Quanto c’è di vero e/o di autobiografico nella storia che ha deciso di raccontare?
Nel racconto non parlo di me, ma di luoghi non solo fisici ai quali sono appartenuto e mi sono appartenuti. Anche per questo, fatalmente, un po’ di ciò che sono stato e sono diventato, nel suo svolgimento si avverte. Ma se così non fosse sarebbe tutto molto artificiale e, alla fine, meno credibile. Non ci si può dimettere da se stessi.
Il romanzo è uscito da poco, nel dicembre del 2021. Com’è stato esordire in piena pandemia?
Nella fase di stesura del testo, il poter scrivere è stato direi terapeutico e liberatorio: avevo qualcosa che mi piaceva fare senza la necessità di uscire per forza di casa.
Dopo la pubblicazione de Lo scooter rosso bandiera, penso invece sia stato e sia ancora un periodo innaturale e sospensivo data la oggettiva difficoltà, a parte quella del 14 dicembre scorso a Reggio Emilia, di svolgere presentazioni pubbliche.
Ma appena le condizioni lo consentiranno torneremo ad organizzarle. Parlare con le persone avendole davanti in carne e ossa è sempre gratificante. Se poi viene loro anche in mente di comprare il libro e di leggerlo, male non fa.
Lo scooter rosso bandiera ha parti descrittive storico-politiche interessanti sia per quanto riguarda l’Italia che la Russia. I personaggi sono ben delineati sia fisicamente che emotivamente. Ognuno di loro ha una storia da raccontare che lo caratterizza, e in parte giustifica, in ogni scelta.
Una domanda torna esplicita, verso il finale. Ci aveva ronzato in testa ed eravamo curiosi di sapere se sarebbe stata in qualche modo assolta dall’autore: il fine, per quanto nobile, può giustificare i mezzi?
Questa assoluzione, che sembrava auspicata, non c’è. Il fine non giustifica mai i mezzi. Una lezione morale che va ad unirsi a quella storica del libro. Anche per questo, lo trovo un testo ideale da proporre nelle scuole, magari superiori.
Grazie a Paolo Cattabiani per l’intervista e complimenti per il suo esordio letterario!
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