Il peso del coraggio è la forza di lottare per la verità, per quanto atroce possa essere. Michele Navarra pubblica “Il peso del coraggio”, edito da Fazi Editore nella sezione “Darkside”, raccontando una storia che ha come fil-rouge l’abuso sui minori.
Una fanciullezza distrutta

Il peso del coraggio di Michele Navarra. Diego Loria è un ragazzino che si sta per affacciare all’adolescenza quando la sua vita viene sconvolta dal suo allenatore, padre di un suo amico e stimato medico: Emanuele Fontana. L’uomo, facendo leva sui sensi di colpa di un bambino e sul suo potere di adulto, abusa di lui, filmando e minacciandolo di divulgare quanto accaduto. È inevitabile il cambiamento di Diego fino a quando i suoi genitori riescono ad aprire il vaso di Pandora. Questo segna l’inizio di un percorso difficile dove Diego dovrà raccontare agli inquirenti tutto ciò che è accaduto. A difendere lui e la sua famiglia, costituitasi parte civile, c’è l’avvocato Alessandro Gordiani.

Una verità negata

Diego, però, provato dalla situazione, spesso cade in contraddizione e questo porterà all’assoluzione di Fontana. Una cosa che su Diego avrà conseguenze orribili poiché considerato da tutti un bugiardo. Ma i suoi genitori e il suo avvocato sono convinti che la verità sia stata negata e la vendetta personale è dietro l’angolo.

Un tema scottante

Come già intuito, l’argomento intorno al quale ruota la vicenda è di grande delicatezza ed attualità. L’abuso sui minori è un reato gravissimo, sia dal punto di vista legale che morale ed etico. Per questo motivo, ho rivolto delle domande dirette all’autore, Michele Navarra affinché spiegasse il suo punto di vista e ciò che lo ha spinto a scrivere “Il peso del coraggio”. Ringrazio l’autore per la sua disponibilità e per aver risposto alle mie domande che potete leggere qui di seguito.

Per la trama di questo libro ha preso ispirazione da qualche fatto di cronaca realmente vissuto o è frutto di ricerche e della sua immaginazione?

Per fortuna, in oltre trent’anni di carriera forense, non ho mai dovuto affrontare un caso come quello che ho raccontato nel romanzo. Mi è capitato di dovermi occupare di situazioni delicate , come quando ci è un minore in mezzo, ma mai nei termini complessi, articolati e “incastrati” come quelli descritti nel libro. Volevo raccontare una storia che stimolasse il lettore a porsi una serie di domande. Volevo farlo riflettere su alcune tematiche che da sempre sono oggetto di discussione e di controversia. La giustizia negata, la vendetta privata, il diritto del singolo di sostituirsi allo Stato nel potere punitivo.

Il pedofilo risulta essere uno stimato professionista, un insospettabile. Secondo lei, Navarra, nella maggioranza dei casi, tale descrizione è l’identikit di soggetti simili?

Non credo proprio che esista un “identikit” plausibile di un soggetto simile, una sorta di stereotipo (fisico o caratteriale) in grado di fornire una descrizione univoca o oggettiva, ma nemmeno qualcosa che gli si avvicini. Le teorie lombrosiane, che hanno in qualche modo influenzato il pensiero scientifico di una certa epoca sono state ormai definitivamente superate. Ritengo sia impossibile sapere dietro (o dentro) chi si nasconda un pedofilo, poichè tali soggetti cercano di agire nel più totale anonimato.

Questo libro racconta di un tema delicatissimo, molto intimo in certe parti. Crede che di questo argomento la cronaca se ne occupi poco? Personalmente, mi sembra che questo rientri fra quegli argomenti “sommersi” che vengono ancora considerati da molti dei tabù.

Non è semplice calcolare il “sommerso”. Di certo, possiamo affermare che l’attenzione mediatica su questo argomento è cresciuta nel tempo. Molti episodi di abusi su minori, che prima venivano “insabbiati” a causa soprattutto della vergogna, oggi rappresentano il tema di molti processi. Di sicuro, molti di questi episodi – come hai fatto correttamente notare – restano ancora oggi “sommersi”. M sono una piccola parte. Non bisogna cedere alla tentazione di dar vita a una nuova “caccia alle streghe”. Tuttavia è necessario fare di tutto perché qualunque episodio di abuso su un minore venga portato alla luce e sia adeguatamente vagliato da chi di dovere e, se del caso, severamente punito. I bambini sono quanto di più puro esita al modo. Sono forse l’unica vera testimonianza dell’esistenza di Dio, e devono essere salvaguardati con ogni mezzo possibile, la fiducia di un bimbo non deve essere mai tradita. 

Questa è una domanda personale, avvocato Navarra. Nel libro ci si fa giustizia da soli perché la giustizia dell’uomo sembra aver fallito. In casi come questi, è giusto condannare chi ha dovuto ricorrere alla giustizia personale?

Da un punto di vista strettamente giuridico, la risposta ovviamente non può che essere un “sì”, un “sì” chiaro e rotondo, perché un ordinamento moderno e civile non può in nessun caso consentire al cittadino di farsi giustizia da solo. Sarebbe impensabile affidare all’arbitrio del singolo individuo la determinazione della colpevolezza o meno dell’imputato o, peggio, l’entità della sanzione da irrogargli (in casi estremi addirittura la morte).

È vero che la giustizia privata, storicamente, è stata consentita e giustificata all’interno di determinati contesti socio-culturali, in qualche caso arrivando persino ad avere una sorta di valenza semi-giuridica (basti pensare all’ormai desueto “codice barbaricino”, in vigore in alcune zone della Sardegna e di cui si è occupato a livello scientifico un grande giurista come Antonio Pigliaru), ma si trattava di altri periodi storici, ormai sempre più distanti dall’odierno sentire. Se poi, invece, vogliamo interpretare la tua domanda da un punto di vista “etico” o “morale”, be’, allora la gamma di risposte possibili è pressoché infinita, potendo variare (e non di poco) a seconda del grado di sensibilità di ciascuno di noi. Personalmente, ad esempio, non sono nemmeno sicuro di cosa risponderei io.

Link per l’acquisto del romanzo di Michele Navarra: IL PESO DEL CORAGGIO