L’INSULINA COMPIE CENTOUNO ANNI. Risale al 1921 la scoperta dell’ormone fondamentale per la cura di una delle malattie più diffuse al mondo. In alcuni casi, si tratta di un vero e proprio salvavita. Vogliamo ricordarla nella Giornata Mondiale del Diabete (14 Novembre)
La scoperta ufficiale dell’insulina risale a centouno anni fa, ma la prima iniezione sull’uomo è del gennaio 1922
L’insulina (il cui nome deriva dal latino “isola”) è un ormone prodotto da un gruppo di insule, appunto, ovvero un agglomerato di cellule situato nel pancreas. Il patologo tedesco Paul Langerhans le individuò per la prima volta nel 1869. In seguito sono state ribattezzate in suo onore proprio “isole di Langerhans”. Ci vollero ancora diversi decenni perché altri scienziati capissero la loro funzione, e cioè la produzione di insulina che serviva a regolare i livelli di glucosio (zucchero) nel sangue.
Fu proprio il 1921 l’anno della svolta: il giovane chirurgo canadese Frederick Banting e il suo assistente Charles Best riuscirono ad estrarre insulina dal pancreas di un cane e a tenere vivo per settanta giorni, grazie a iniezioni di questa sostanza, un altro cane privo di pancreas e con diabete grave. Forti di questo successo e con l’aiuto di altri colleghi, tra i quali John Macleod, svilupparono una forma di insulina più pura dal pancreas bovino.
In realtà, negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, lo scienziato rumeno Nicolae Constantin Paulescu aveva fatto le stesse scoperte, interrompendo però i suoi studi a causa del conflitto: gli esperimenti canadesi non furono che la conferma di quel primo lavoro.
Furono però Banting e Macleod a ricevere, nel 1923, il premio Nobel per la medicina in riferimento alla scoperta dell’insulina e, soprattutto, al suo utilizzo sull’uomo.
Nel gennaio del 1922, infatti, i due medici vollero provare a fare un’iniezione di insulina su Leonard Thompson, un 14enne con diabete ricoverato (e ormai in fin di vita) in un ospedale di Toronto: in 24 ore i livelli elevatissimi di glucosio nel suo organismo tornarono a livelli normali. Il diabete si poteva allora curare con una terapia insulinica: la scoperta sensazionale avrebbe salvato la vita a milioni di persone, un tempo condannate a morte certa.
Soprattutto nei casi diabete di tipo 1 (del quale Thompson era affetto), detto anche diabete giovanile o insulino-dipendente, l’unica cura fino ad allora consisteva in una dieta serratissima e priva di carboidrati e zuccheri. Nel migliore dei casi, se i pazienti non morivano letteralmente di fame, la “cura” aggiungeva pochissimi anni di vita a questi sfortunati.
Nei decenni seguenti si lavorò a formulazioni con sostanze che potessero rallentare l’assorbimento dell’insulina e ad estenderne l’azione ad un periodo di tempo più lungo possibile, per diminuire le iniezioni giornaliere necessarie. Per molti anni l’insulina fu estrapolata dal pancreas di bovini e maiali: gli estratti salvarono la vita a milioni di pazienti, ma potevano causare reazioni allergiche anche gravi.
Finalmente in commercio
Solo dal 1982 è entrata in commercio un tipo di insulina sintetizzata in laboratorio e molto più simile a quella umana. Da allora, gli sviluppi contemporanei di scienza e tecnologia hanno reso possibile l’invenzione di insuline sempre più sofisticate che consentono un controllo glicemico buono, affiancate a strumenti di misurazione della glicemia sempre più veloci e precisi e a sistemi di microinfusori di insulina “portatili”.
In Italia le persone con diabete tipo 1, che cioè non possono fare a meno dell’insulina per vivere, sono circa trecentomila (con un’elevatissima concentrazione in Sardegna). In generale, costituiscono circa un 5-6%, nel mondo, rispetto a tutti i tipi di diabete esistente (molto più diffuso, soprattutto tra gli anziani d’Occidente, il tipo 2, che generalmente si cura con dieta, movimento e ipoglicemizzanti orali; solo in alcuni casi si ricorre all’insulina).
Il diabete tipo 1 è meno conosciuto, più raro, ma molto più diffuso tra i giovani. Se ne ignorano ancora le cause scatenanti. Si tratta di una malattia cronica e autoimmune: significa che per essa non c’è ancora una cura definitiva e che può creare complicanze ad altri organi nel tempo; il suo esordio deriva da un “impazzimento” delle difese immunitarie che vanno ad attaccare e distruggere completamente le famose isole di Langerhans nel pancreas. I suoi sintomi generalmente sono un dimagrimento eccessivo, spossatezza, moltissima sete e altrettanto bisogno di fare pipì.
Grazie alla scoperta dell’insulina, relativamente recente, tanti giovani possono oggi condurre una vita normale, sebbene sempre, quotidianamente e costantemente, legata a questo farmaco salvavita.
There are 2 comments on this post
Comments are closed.