Torniamo a parlare del film di Paola Cortellesi, C’e ancora domani, per affrontare stavolta un altro tema che ci fa riflettere sul passato, sul presente e sul futuro delle donne.

C’è ancora un domani. Ho visto l’ultimo film di Paola Cortellesi, nella doppia veste di attrice e di regista per la prima volta. Ero incuriosita anche dall’intervista rilasciata a Geppi Cucciari al programma Splendida Cornice. Mi sono sorpresa piacevolmente per la bellezza e la delicatezza con cui narra di un argomento così difficile come la violenza sulle donne. Ieri come oggi purtroppo non è cambiato nulla a parte il modo in cui viene attuata. Le donne nonostante abbiano il potere di parlare ed esprimere le loro opinioni non sono ancora riuscite a lasciarsi alle spalle una problematica del genere.

Dagli anni ’40 ad oggi il target culturale femminile si è evoluto

L’età della scuola dell’obbligo è stata portata a 16 anni e al di fuori della scuola ci sono diversi canali per poter accrescere la propria cultura. La cultura è potere come è stato detto da più voci. Oggi la violenza sulle donne è soprattutto psicologica, attuata tramite le parole con cui si sminuisce il loro valore. Le donne hanno il coraggio di denunciare questa forma di abuso che senza prove fisiche non viene ascoltata.

“Tutto cambia per non cambiare” come veniva citato nel libro “Il Gattopardo”: ancora la donna non riesce a fermare la violenza dell’uomo e lo dimostra la percentuale in crescita dalla pandemia a oggi che purtroppo in molti casi porta all’omicidIo della donna.

I colori bianco e nero del film evidenziano la sottomissione della donna che non ha il potere di pensare, di comunicare la propria opinione. Questo perché considerata inferiore anche a livello lavorativo nella retribuzione. L’ironia della Cortellesi alleggerisce la realtà dei fatti fino a far emergere una donna apparentemente debole che pur di non far vivere la sua tragedia alla figlia adolescente riesce a prevenirla attraverso un piano astuto messo in atto con l’aiuto di un militare americano. Non aggiungo altro per evitare di fare spoiler. Il film si conclude con una scena inaspettata. Un altro incitamento per la figlia a vivere un futuro migliore del suo che segna la strada del futuro delle donne.

Le tradizioni perdute.

È andato perduto purtroppo rispetto a quel periodo l’artigianalità delle donne nell’arte di cucire i propri vestiti, creando qualcosa di particolare che ancora oggi si distingue. La figura della sarta è andata persa, a eccezione di quelle che lavorano per i luxury brand. E al loro posto ci sono negozi in serie che effettuano piccole modifiche su abiti confezionati. Si è persa anche la tradizione dell’arte del rammendo tipica delle nostre nonne che con molta pazienza e amore recuperavano anche trame di tessuti preziosi.

L’artigianalità dei mestieri è una tradizione che appartiene alla nostra storia da sempre: siamo famosi nel mondo per la nostra creatività e artigianalità. Moti clienti stranieri chiedono spesso vestiti e accessori fatti a mano. E chiedono anche di visitare le vecchie botteghe per vedere dal vivo tessuti, pellami e soprattuto un esempio dell’arte della lavorazione. Le vecchie botteghe sono diminuite nel tempo perché molte hanno chiuso a seguito della pandemia. Sono fiduciosa però perché c’è una maggiore richiesta di questa tradizione anche a livello locale da parte di clienti di nicchia che vogliono brand emergenti in cui la qualità, la produzione limitata consente di indossare creazioni uniche.

Immagini di @paolacortellesireal