Quando Charlotte lesse al marito questo inizio di romanzo appena accennato, lui le obbiettò: “I critici ti accuseranno di ripeterti”, perché conteneva diversi elementi che avrebbero potuto far pensare a un avvio simile a quello di Jane Eyre: la scuola collegiale, allieve dalle diverse personalità, i favoritismi riservati alla nuova arrivata…
Così non è affatto, perché si avverte subito che il tono è cambiato, che Charlotte è ormai una signora sposata, che è scesa a compromessi e ha scelto la normalità, come sottolinea la traduttrice e curatrice Alessandranna D’Auria nella prefazione. Charlotte decide che sia la signora Chalfont, così si presenta in apertura, a raccontare questa storia dai risvolti inaspettati che Fortuna ha risolto di mettere sul suo cammino.
Virginia Woolf scrisse (anche se si riferiva a Jane Austen) che si può capire molto dalle opere secondarie di uno scrittore perché offrono la migliore critica ai suoi capolavori; leggere Emma di Charlotte Brontë, dimostra quanto fosse lucida e osservatrice, oltre a confermarne il metodo e le tematiche care. Emma riprende poi il discorso iniziato nel racconto precedente, La storia di Willie Ellin: a dimostrazione del fatto che Charlotte tentasse diversi inizi (per citare una delle sue frasi famose) prima di imboccare la strada giusta. In questi due soli capitoli c’è molto materiale interessante: la signorina Wilcox è già un personaggio sufficientemente delineato, che si è fatta subito conoscere con le sue debolezze, e un esemplare di signor Ellin si può riconoscere in tutti i vicinati pettegoli; a loro si aggiungono il curato, il coro di allieve e poi lei, la protagonista, la ragazzina che tutti credono la signorina ricca e viziata e che invece si scopre essere sola al mondo. Quando l’apparentemente serena situazione iniziale subisce un ribaltamento, anche le personalità rivelano un cambiamento insospettato e quindi doppiamente interessante. Ma c’è qualcosa di ancora più importante da tenere conto e cioè che nelle poche righe di presentazione della signora Chalfont viene dichiarato l’intento programmatico dell’autrice che si preannuncia di tutto rispetto: “Tutti noi cerchiamo un ideale nella vita”. Purtroppo però dobbiamo fermarci a queste poche pagine senza sapere come quell’enunciato sarebbe stato sviluppato (anche se c’è chi ha provato a immaginarlo come la Boylan, con il seguito Emma Brown).
Il titolo non può non richiamare alla mente la grande Emma di Jane Austen, che Charlotte conosceva e aveva letto dando ascolto ai consigli di Lewes, ma a parte il nome vero e la posizione di ereditiera che vengono attribuiti alla sua protagonista -presentata inizialmente come Matilda Fitzgibbon-, ancora una volta bisogna concludere che le due scrittrici prendono strade diverse.
Questo bozzetto rivela tutte le potenzialità per diventare un quadro indimenticabile se solo all’artista il destino non avesse inaridito ogni colore, come Thackeray, nell’articolo riportato in apertura, e pubblicato sul Cornhill Magazine nell’aprile 1860, le riconosce.
Flower-ed ha riservato a questo rarissimo fiore ogni cura e attenzione possibile perché, come un tenero bocciolo, crescesse indisturbato e circondato da tutto quanto necessario a farne apprezzare meglio il valore.
Un vero peccato per noi tutti davvero essere stati privati di quanto quella donna appassionata, ancorché moglie, avrebbe potuto ancora darci, perché la scrittura era e rimase il suo unico vero grande amore.
Romina Angelici
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