Eccoci di nuovo con la nostra rubrica dedicata ai Nativi Americani per scoprire gli aspetti più importanti ed affascinanti della loro cultura rimasta nell’ombra per troppo tempo. Negli articoli precedenti avevamo parlato del loro calendario e dei loro segni zodiacali, oggi vi porterò alla scoperta della concezione che i Nativi hanno della medicina, concezione molto diversa dalla nostra e sulla quale vale la pena soffermarsi per addentrarsi ancora più a fondo e comprendere la ricchezza di questo popolo.

I Nativi Americani attribuivano alla parola “medicina” un significato molto più ampio e completo del solo studio delle malattie al fine di curare un corpo malato: per loro la medicina veniva riassunta in tre parole chiave, ovvero Potere – quella forza energetica vitale contenuta nella natura –, Completezza ed Integrità. La medicina è energia, è l’espressione dell’energia e dell’organismo vitale di una persona.

Ecco, infatti, cosa possiamo leggere da una loro testimonianza:

Medicina è tutto ciò che può aiutare l’uomo a sentirsi maggiormente collegato e in armonia con la natura e tutte le forme di vita. Tutto ciò che guarisce il corpo, la mente e lo spirito è Medicina. Per trovare le risposte a un particolare problema, i nostri Antenati andavano nelle foreste o nelle mesas per osservare i presagi o i segni che li avrebbero assistiti nel processo di guarigione. In questo modo essi ristabilivano il collegamento con gli Alleati (i Poteri Superiori) e gli Aiutanti di Medicina”.

La medicina degli Indiani d’America“, Associazione Sentiero Rosso.
Gli uomini di Medicina

Gli Uomini di Medicina o Medicine Men sono i guaritori e i leader spirituali di una tribù: questo ci fa comprendere come la spiritualità sia indissolubilmente legata alla cura del corpo. Secondo i Nativi Americani, dunque, siamo un tutt’uno corpo e spirito: se lo spirito si ammala anche il corpo ne risente.

Manitonquat è l’Uomo di Medicina degli Assonet Wampanoag, una tribù stanziata in Massachusetts, secondo il quale le parole e in particolare le storie hanno un potere curativo: egli crede nel potere che i racconti hanno nella guarigione delle persone, una concezione che a noi potrebbe far storcere il naso ma che è anche profondamente vera. Pensiamo a tutti quei libri e a tutte quelle storie che lette in un momento particolare di sconforto o in un periodo triste, difficile e duro della nostra vita sono state capaci di darci quella spinta per andare avanti, di iniettarci una dose di fiducia e di buon umore.

I Medicine Men devono essere in grado di parlare con gli spiriti e di conoscere il linguaggio segreto degli sciamani, l’hambloglaka. Devono anche saper conoscere con esattezza e precisione tutti i canti che accompagnano la somministrazione di quella determinata medicina: se non li conoscono oppure li sbagliano tutto quello che faranno sarà inutile e non avrà alcun effetto sul malato.

Inoltre, è necessario che in ogni cerimonia di guarigione abbiano con sé alcuni oggetti sacri: un’ala d’aquila, una borsa per la pipa e, per quanto riguarda i Lakota, anche una pipa di pietra rossa. Sono necessari anche un sonaglio e un tamburo per invocare l’aiuto degli spiriti e anche salvia, cedro ed erba dolce per le fumigazioni purificatrici.  

L’Uomo di Medicina è anche dotato di una grande empatia e comprensione nei confronti del malato: ne percepisce il dolore mettendosi nei suoi panni, nella sua mente per aiutarlo al meglio.

La Ruota di Medicina

Come abbiamo detto, la medicina secondo i Nativi ingloba tutto l’essere e la sua vitalità: non a caso il famoso cerchio della vita (Cangleska Wakan) viene anche chiamato Ruota di Medicina.

Quest’ultima ricostituisce il Tutto e dà potere alla vita di ogni individuo. Essa raffigura, infatti, la totalità dell’Universo ed esprime la vita nella sua interezza: dalla nascita alla morte passando attraverso la vecchiaia per poi rincominciare una nuova vita.

I quattro raggi che costituiscono la ruota sono allo stesso tempo le direzioni cardinali Nord, Sud, Est ed Ovest e le qualità che ogni individuo dovrebbe possedere ed introiettare al fine di mantenere un buono stato di salute sia fisico che psicologico: Ispirazione (Est), Sviluppo (Sud), Introspezione (Ovest), Maturità (Nord).

Il nostro debito nei confronti dei Nativi

Infine, vorrei concludere portando alla vostra attenzione un episodio storico in cui la saggezza dei Nativi Americani ci ha letteralmente salvato la vita: mi sto riferendo alla scoperta del rimedio contro lo scorbuto.

Verso la metà del ‘500 l’equipaggio dell’esploratore Jacques Cartier, intrappolato tra i ghiacci del Canada, cadde vittima dello scorbuto e nel giro di pochissimo tempo 25 dei 110 uomini a bordo morirono. Tuttavia, Cartier trovò un’ancora di salvezza nella sua amicizia con Donnacoda, il capo della tribù degli Irochesi. Quest’ultimo mostrò a Cartier un albero chiamato “annedda” le cui foglie portate ad ebollizione insieme allo sciroppo d’acero costituivano la pozione contro lo scorbuto e il resto dell’equipaggio fu salvo.

All’epoca non si sapeva che lo scorbuto fosse dovuto a una grave carenza di vitamina C ma nel rimedio preparato dai Nativi essa era contenuta. Da questo momento in poi iniziarono in Occidente degli studi per l’individuazione di un nesso tra l’insorgere dello scorbuto e una carenza nutrizionale che si scoprirà poi essere, appunto, la vitamina C.

Se oggi lo scorbuto è stato debellato e ne conosciamo la cura è proprio grazie all’aiuto dei Nativi e questo non andrebbe mai dimenticato.