Con Il Codice da Vinci aveva stregato, con Angeli e Demoni ammaliato, con il Simbolo Perduto conquistato, con Inferno – sì, beh, amaramente deluso; ma con Origin, Dan Brown ha superato tutte le aspettative, riconquistando i lettori che, dopo l’ultima avventura di Robert Langdon, avevano sancito che la stella della narrativa americana era definitivamente caduta, che non si trattasse altro che di una meteora. Ma adesso, invece, quella stella ha ripreso a brillare alta nel firmamento della narrativa contemporanea.

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Con Origin sembra di fare un passo nel passato, di non aver mai abbandonato lo studioso di simbolismo di Harvard. E dopo aver scoperto il Santo Graal e gli eredi di Gesù Cristo, dopo aver corso insieme a lui per tutta Roma alla ricerca dei cardinali rapiti, lo seguiamo al Guggenheim di Bilbao, in Spagna.

Perché “chiunque tu sia, in qualunque cosa tu creda, tutto sta per cambiare”, il mondo, ai tuoi occhi, non sarà più lo stesso: perché la scoperta del secolo verrà rivelata e cambierà per sempre la storia dell’umanità, rimettendo in discussione, in pieno stile Brown, dogmi e principi dati ormai come assodati, come pura e semplice verità, aprendo la strada a un futuro tanto imminente quanto inimmaginabile.

Ritroviamo lo stile di Dan Brown, il suo ritmo incalzante, la sua accuratezza nei dettagli, nelle descrizioni. Ci fa scoprire luoghi famosi e importanti, facendoceli visitare con la fantasia: nel chiuso delle nostre case, veniamo catapultati a Bilbao, Barcellona e Madrid come neanche Google Maps riesce a fare; scopriamo Gaudì e le sue opere, il suo stile contemporaneo e d’avanguardia come nessuna guida in loco riuscirebbe a descrivere. Ed è proprio questo il grande pregio dell’autore: il libro non si limita a essere un thriller, a descrivere un’avventura, ma, con saggia maestria, ci parla di amore, di arte e di storia, di religione e tecnologia come altri scrittori non riescono a fare. Ci fa appassionare a ogni pagina, spingendoci a leggere quella successiva con più voglia della precedente, senza mai essere banale e scontato, provocandoti, in mezzo al petto, quel brivido di aspettativa che solo i grandi riescono a darti.

E alla fine, quando leggi l’ultimo punto, quando chiudi il libro, un senso di abbandono pervade il petto, lasciandoti quel senso di nostalgia per la sua fine che lo cataloga, a pieno diritto, tra la grande narrativa.