Pasqualina Morana ha cinquantanove anni e ha cambiato la sua vita a cinquantuno. Di origini siciliane, non era mai uscita dall’Europa, non parlava inglese con pochi viaggi alle spalle e mai da sola. Oggi si divide tra Italia e Kenya dove è tesoriere della Jua Yetu ODV, associazione che si occupa di dare ai bambini un futuro migliore.

La storia di Pasqualina. A quindici anni conosce il marito, a ventuno si sposa e a ventidue diventa mamma. Dopo aver conseguito studi in teologia, Pasqualina ha fatto la catechista per diciotto anni. Da sempre si occupa di orfani e si dedica al volontariato. La sua è una vita dedita ad aiutare il prossimo. Eppure lei quell’aiuto non lo ha mai ricevuto da nessuno nei momenti di difficoltà. Suo marito è opprimente e geloso, le vieta di truccarsi, di uscire da sola, di andare in palestra, addirittura di guidare la macchina. Lo stesso marito che, dopo averla messa in crisi finanziaria, la tradisce.

«Quando hai animo buono e fiducioso le persone ti ingannano facilmente

Il 2017 inizia così costellato di delusioni e sofferenza. Il tradimento, i problemi economici e poi la perdita del suo amato papà. Pasqualina si sente impotente e scivola nel buio della depressione. Si sente inutile, come se niente avesse più senso. «Mamma non sei più luminosa, sei spenta» le ripete sempre suo figlio.

Pasqualina è credente e ha una grande fede. Se va avanti è perché Dio è vicino a lei. Proprio grazie a questa fede e alla sua immensa forza, non smette di lottare per risollevare finanziariamente la sua famiglia. Con grande coraggio, apre un’attività e, piano piano, ricostruisce una tranquillità economica. Anche nella scelta del lavoro, la sua priorità è quella di aiutare gli altri. Nel piano inferiore di casa sua, dà alla luce una casa di riposo per anziani a gestione familiare che ospita dieci letti. Eppure non le basta. Sente un vuoto dentro, quello che fa non è mai abbastanza.

La svolta.

In questo periodo di frustrazione, la sorella di sua nuora fa un viaggio in Kenya dove conosce Teresa, che la porta fuori dalle mura del resort dove alloggia, mostrandole la cruda realtà. Teresa, infatti, aiuta una piccola scuola di fango nel villaggio di Timboni, vicino alla rinomata meta turistica dalle acque cristalline Watamu. La scuola è composta da una sola classe ed è gestita da maestre kenyote. I bambini sono in condizioni di miseria. Ne rimane sconvolta e al suo ritorno ne parla subito con Pasqualina.

«Vai in Kenya» le ripete. Pasqualina non è mai uscita dall’Europa e i pochi viaggi che ha fatto sono sempre stati in compagnia di qualcuno. Ha paura di spingersi lontano e in solitaria perché non parla inglese, e questo per lei appare come un limite insormontabile. «Vai in Kenya» le rimbomba però nella testa. I racconti di quella scuola le smuovono qualcosa. Ha sacrificato anni per risollevare la sua famiglia, aiutando persone che l’hanno tradita. Ora finalmente vuole risollevare anche sé stessa. Il suo primo atto di ribellione dopo la separazione è mettere la matita celeste intorno ai suoi bellissimi occhi cristallini. Non si trucca per essere più bella, ma per celebrare una nuova voglia di vivere. Il secondo atto di ribellione è prendere coraggio e partire.

Partire per la prima volta da sola.

All’età di cinquantun anni, Pasqualina fa il suo primo passaporto e parte con un bagaglio di sacrifici per il Kenya. Qui fa subito visita alla scuola di fango e ne rimane sconvolta. Tornata in Italia, prende contatti con Teresa che da tempo vorrebbe ampliare e migliorare le condizioni della scuola ma non ha fondi.

Molte sono le persone che Pasqualina incontra che decidono di partecipare al progetto, come Marco, Federico, Roberta, Barbara e Dina. Fiorenzo, ex calciatore del Cesena, dopo tante delusioni nel campo del volontariato, domanda a Pasqualina di poter fare visita alla scuola per vedere con i suoi occhi e decide di aiutare acquistando cibo e vestiti. Tutti insieme, e con grande contributo di Marco e Federico, riescono a comprare il terreno e iniziano i lavori di ampliamento della piccola scuola di fango. Nasce così la Jua Yetu School, che in lingua swahili significa “il nostro Sole” perché i bambini sono il Sole di Pasqualina e di tutte le persone che se ne prendono cura.

Un viaggio scritto nel destino.

«Nella vita nulla accade per caso. In prima elementare, la maestra presentò alla classe una bimba kenyota. Nessuno la volle come vicina di banco perché era nera. Io alzai la mano e la invitai a stare con me. Divenne la mia migliore amica e per i cinque anni di elementari e i tre di medie fu la mia vicina di banco. Il colore e la religione non sono un ostacolo perché esiste un linguaggio universale che è quello del cuore. Papà fu orgoglioso quando il padre di lei gli disse quanto la figlia fosse felice di avere un’amica come me. Quando sono arrivata in Kenya ho capito che la mia vita la concluderò con quello che ho iniziato.»

Un ponte tra Italia e Kenya.

Pasqualina diventa tesoriere dell’associazione e inizia a viaggiare regolarmente tra Italia e Kenya. Le classi sono composte da bambini di diverse età, alcuni perché non sono stati registrati alla nascita, altri perché iniziano tardi per mancanza di soldi. Vengono organizzate le prime adozioni a distanza al costo di 10 euro al mese, un aiuto simbolico per le spese dei maestri e del cibo.

«La prova più grande di quello che fai è mostrarlo, non per esibizionismo, ma per permettere agli altri di viverlo in prima persona

I genitori adottivi hanno infatti un reale contatto con i bambini, li vedono in videochiamata e creano un rapporto con loro. Proprio perché vedono la reale condizione in cui vivono, aggiungono sempre degli extra in totale autonomia e in base alle proprie possibilità. Tra noi vi è anche Marco Canova, insegnante di educazione fisica che ha messo parte dei soldi per i lavori e contribuisce sempre all’acquisto cibo e vestiti. È arrivato da noi portando il rugby, una grande gioia per i nostri bimbi. Il suo scopo è infatti quello di migliorare la loro qualità di vita anche attraverso lo sport. Spesso organizza anche videochiamate con le sue classi scolastiche italiane, durante le quali bambini appartenenti a mondi diversi si incontrano e interagiscono tra loro.

Non solo istruire ma salvare.

Grazie a Marco, a breve nascerà anche il Progetto Nuoto, un’idea nata per via del numero di persone che ogni giorno perdono la vita in mare. I suoi prossimi viaggi saranno quindi volti a formare i maestri della piscina sulla strada tra Watamu e Gede e organizzare lezioni di nuoto per i bambini. Il progetto è stato approvato dalla Federazione Italiana Nuoto. 

Contro la prostituzione.

Un altro dei grossi problemi in Kenya riguarda la prostituzione minorile. Le mamme si approfittano spesso della giovinezza delle figlie per guadagnare soldi facili piuttosto che cercare un lavoro. La situazione è complessa. Legato a questo, non bisogna dimenticare anche l’alto tasso di HIV ancora presente in Kenya. Nonostante i preservativi siano distribuiti gratuitamente, le persone non sono educate a usarli. Far studiare questi bambini vuole essere un modo per aprire loro la mente, mostrando che il mondo è pieno di opportunità e che vendere il proprio corpo e i propri sentimenti sulla spiaggia non sarà la loro unica opzione.

Studiare per essere liberi di scegliere.

Non si tratta solo di studio, ma di stimolare la loro curiosità e le loro ambizioni. «Qui siamo pieni di turisti che, per esempio, regalano cellulari. Ci sono adulti che hanno in mano l’ultimo modello di smartphone ma non lo sfruttano. Non sanno usare Internet perché non gli interessa sapere come è fatto il mondo. Addirittura i maestri non conoscono la geografia. Non hanno la curiosità di aprire Google e andare a vedere dov’è l’Italia. Non fanno domande. La loro mente ormai è chiusa. Cosa possono trasmettere a questi bambini? La mia missione è colmare queste lacune.

I bambini sono ancora in fase di crescita e sono aperti. A volte mi chiedono quanta distanza c’è tra Italia e Kenya, o come faccio a volare così tante ore in cielo. Così mostro loro la cartina geografica e le foto. Vedo il loro interesse e la voglia di scoperta. La loro è anche una genuina curiosità del diverso. Una volta, alcune bambine mi hanno controllato i peli delle ascelle per capire se sono bionda naturale o tinta. Quante risate che ci siamo fatti!» continua a raccontare Pasqualina con gli occhi lucidi. «Quando domando ai bimbi se hanno voglia di studiare, ricevo risposte come: “Io voglio fare il dottore”, “Io voglio aiutare i bambini come fai tu”. Già a tredici anni hanno dei sogni ben precisi e sanno cosa vogliono dal futuro.»

La realtà fuori dai resort.

In Kenya, Pasqualina non ha mai alloggiato in resort. Alloggia a casa della sua amica e collega di volontariato Barbara che la ospita gratuitamente. In cambio, Pasqualina le fa dei regali per sdebitarsi e al tempo stesso aiutarla, ultimo la lavatrice acquistata insieme a Dina. «Qui è scontato avere tutto, come la lavatrice per esempio. Là no. Il turista che sta nel resort non vede, non sa. Vede una finta realtà infiocchettata.

Chi sta in un resort difficilmente immagina che, a distanza di pochi chilometri, Pablo sta morendo di broncopolmonite. La zia lo aveva portato in ospedale dove gli hanno dato medicine per adulti a soli cinque anni. Aveva la pancia tanto gonfia da esplodere. L’ho portato da un pediatra e, una volta guarito, andava dicendo a tutti che Mama Pasqua lo aveva curato. Ad Alex, invece, stavano per amputare la gamba per un’infezione causata da un tipo di larva proveniente dalle feci degli animali. Abbiamo trovato un dottore che lo ha operato senza anestesia, estraendo ogni parassita. C’era chi li aveva persino nelle labbra. Io stessa li ho presi. Per eliminare questo problema è stato bonificato il terreno con la calce. Chi arriva qui la prima volta rimane totalmente senza parole.

C’è chi, con le lacrime agli occhi, non fa che ripetere che non avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile.» Alcuni bambini non chiedono giochi ma solo cibo. Chakula, mangiare. L’acqua dei rubinetti nei resort è pulita perché proviene dall’acquedotto. Ma nel villaggio di fango non esistono i rubinetti e le persone vanno a piedi a prendere l’acqua dall’acquedotto, che ha un costo di 10 scellini per 15 litri.

Molte famiglie non possono permettersela e quindi prendono quella del pozzo che è contaminata. «Una donna stava raccogliendo l’acqua da una pozzanghera per cucinare. L’ho accompagnata a comprare acqua buona. Non le ho dato i soldi perché temevo che li avrebbe usati per droghe o vino di cocco. È il paese delle contraddizioni. Molti mi domandano se non ho paura di prendere malattie. Vedo persone che non toccano i bambini per paura della sporcizia o della contaminazione. Io li abbraccio e li bacio. Dio mi protegge.»

Mama Pasqua.

Pasqualina da subito veste coperta e anche questo è molto apprezzato dalle persone del villaggio. Nessuno la vede mai in spiaggia o nei ristoranti, ma tutti la conoscono e apprezzano anche questo di lei, che si impegna realmente a tempo pieno nella sua missione. Nei negozi e nei mercati è accolta con calore e paga prezzo keniota. Da anni ha un grande e lungo rasta di capelli biondi. «Una volta ero in aeroporto a Mombasa, principale punto di arrivo dei turisti, e al momento del controllo passaporti mi è stato detto: “Tu sei una di noi, nessuna Mama italiana si rovinerebbe mai i capelli in questo modo”.» Mama in Africa è l’appellativo dato alle donne più anziane della comunità degne di rispetto. «Capisci che sei nel posto giusto quando ti senti accolto a casa. Qui nessuno mi chiama mzungo (bianco), ma Mama Pasqua.»

Una donna può essere tutto ciò che vuole.

Pasqualina vive divisa non solo tra due paesi totalmente diversi, ma anche tra i due estremi opposti dell’esistenza: vita e morte. In Italia accompagna per mano i suoi adorati anziani verso la fine. In Kenya prende in braccio la vita appena iniziata. Insieme a questa dicotomia, anche la sua alimentazione cambia. «In Italia sono sedentaria. In Kenya emergono tutti i miei contrasti. Nonostante abbia due protesi alle ginocchia, cammino tantissimo, vado in moto. Divento più intraprendente. Anche se non ho fame, cucino sempre per i miei bambini e ogni venerdì preparo un pranzo speciale a base di riso e ragù. Pensa che in Italia sono allergica alle uova, mentre lì riesco a mangiarle senza problemi! Il cibo in Kenya è buono ed è sano, a differenza di quello che pensano molti.

Nonostante il disturbo alimentare, quando rientro dal Kenya mi sento carica di vita e positività da trasmettere ai miei anziani, e di forza per affrontare il lutto di chi di loro se ne va. I bambini compensano il dolore della loro perdita che spesso diventano come dei genitori per me. Mi accolgono sempre dicendo: “Il nostro Sole è tornato!”.» Il suo dolore e la sua solitudine vanno nella creatività. «Ho iniziato a realizzare borse per raccolta fondi per la scuola. Mio figlio dice sempre che le mie borse sono uniche e speciali perché ogni borsa è un dolore e al tempo stesso una possibilità

Anche una mamma può essere tutto ciò che vuole.

Il figlio di Pasqualina non è mai andato in Kenya per motivi lavorativi, ma segue con passione tutto quello che fa la mamma e ha un rapporto con i bambini con cui fa regolari videochiamate. Nonostante la distanza, nulla è cambiato nel loro rapporto, anzi, tutto questo è grande motivo di orgoglio per lui. Quando gli amici gli dicono con ammirazione: “Hai visto cosa ha fatto tua mamma?” lui sorride. Sa che sua madre si mette in pericolo di vita per uno scopo umanitario. Una donna, anche se mamma, non per forza deve rinunciare a qualcosa. Questo la sua famiglia lo sa, infatti è proprio il figlio che, ora insieme anche al papà, manda avanti tutto mentre lei è in viaggio. «La donna è forte e può fare tutto. Siamo mamme non solo dei bambini che partoriamo, ma ogni volta che ci prendiamo cura di qualcuno

La vita mi ha premiata a cinquantun anni.

Già nel 2017, Pasqualina vince un premio Più a sud di Tunisi per l’operato. La sua associazione diventa la prima a organizzare borse di studio per andare alle scuole superiori. La più vicina, infatti, è quella di Malindi, altrimenti Mombasa. Le famiglie non hanno soldi per permettersi i viaggi.

Nel 2023, il premio più grande arriva quando un signore la ferma mentre sta facendo la spesa. Le contee si erano riunite la sera prima e avevano stabilito che l’associazione più attiva in modo onesto che non ha mai imbrogliato nessuno è la sua, e la ringrazia per l’aiuto concreto. «Ciò che faccio è anche perché papà ne sarebbe stato orgoglioso. Il Kenya è il premio per tutte le sofferenze della mia vita. I miei anni avanzano ma il cuore ringiovanisce. Quando scendo dall’aereo ho le lacrime di gioia e penso: “Grazie Dio perché mi hai fatta tornare qui”. Dopo i sessantacinque anni mi trasferirò definitivamente. Voglio morire in Kenya.»

Cosa diresti alle donne che pensano che sia ormai troppo tardi per cambiare vita?

«Consiglio a tutte e tutti un viaggio in Kenya per capire cosa hai e cosa non hai. Capiresti che ciò che hai in Italia, anche se poco, è già di per sé tantissimo e dovrebbe bastarti. Tuo marito non ti aiuta a fare la lavatrice? Chissenefrega! In Kenya capisci davvero cosa significa vivere e non hai tempo per pensare a queste sciocchezze.

Ma non lo puoi capire da un resort. Affitta una casa. E gira. Gira e scopri! Ferma un bajaj (moto taxi) ed esplora! Se stai in un resort non vedi la realtà della cameriera che ti prepara i petali sul letto e poi fa ritorno alla sua casa di fango. Non vedi la realtà del cameriere che, tolta la camicia elegante, cammina per ore per raggiungere il suo villaggio. Il resort ti mostra solo il lusso. Il secondo consiglio è: quando ti alzi e ti guardi allo specchio, devi capire che puoi essere forte e non dipendere da nessuno.

Bisogna essere in grado di andare avanti da sole in questo mondo fatto di contraddizioni. Di’: “Buongiorno, anche oggi sei viva, iniziamo questa giornata!”. Il trucco non valorizza la mera bellezza, ma valorizza il fatto che sei qui. La donna si sottovaluta. Può fare tanto. Quando stai male parla con te stessa. Vuoi farti annientare? No. Quindi coccolati, fatti un regalo, amati. Mangia quello che ti piace. A me piace il Chinotto e quando sono triste vado a berne uno seduta da sola al tavolino di un bar. La ricchezza non è materiale ma sta dentro il nostro cuore. La donna, come è in grado di fare un figlio, può andare in capo al mondo.»

Letture consigliate: La schiava bambina di Diaryatou Bah

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